Rapporto Mediobanca 2014, 18 novembre 2014
Confronto fra le monografie pubblicate da R&S sui maggiori Gruppi editoriali italiani (cui fanno capo i principali quotidiani nazionali d’informazione) nel quinquennio 2009-2013 e nel primo semestre 2014 L’evoluzione recente dei maggiori gruppi editoriali italiani si inquadra in una tendenza di più lungo periodo che ha visto in Italia un diffuso processo di disaffezione verso la carta stampata quotidiana
Confronto fra le monografie pubblicate da R&S sui maggiori Gruppi editoriali italiani (cui fanno capo i principali quotidiani nazionali d’informazione) nel quinquennio 2009-2013 e nel primo semestre 2014 L’evoluzione recente dei maggiori gruppi editoriali italiani si inquadra in una tendenza di più lungo periodo che ha visto in Italia un diffuso processo di disaffezione verso la carta stampata quotidiana. Secondo i dati FIEG- Federazione Italiana Editori Giornali1 a tutto il 2013 le vendite dei quotidiani sono calate del 45% rispetto al 1990, fenomeno fattosi particolarmente intenso dal 2008 (-31%). Nel quinquennio 2009-2013 i ricavi aggregati dei sette maggiori Gruppi editoriali italiani2 hanno segnato una flessione del 27,7%, ovvero dai 5,8 mld. del 2009 ai 4,2 mld. del 2013 (Tab.1)3. In dettaglio le riduzioni hanno riguardato la raccolta pubblicitaria (-31,3%), la diffusione (-29%) e i ricavi accessori (-16,7%). Il regresso più consistente ha colpito RCS (-40,4%), su cui ha pesato anche la cessione del Gruppo francese Flammarion nel settembre 2012 (oltre 200 milioni di euro il suo giro d’affari)4; gli altri Gruppi hanno perduto quote di fatturato che oscillano tra il 29% di Caltagirone ed il 17% della Mondadori che ha segnato il calo più contenuto. Il fatturato del 2013 di Mondadori si è attestato a 1276 milioni, su livelli ormai prossimi a quelli di RCS (1315 milioni) che resta con piccolo margine il maggiore Gruppo editoriale italiano. Si ricorda che Mondadori è l’unico dei sette Gruppi esaminati focalizzato esclusivamente sui periodici (non edita quotidiani), settore ove si colloca al primo posto in Italia con una quota di mercato a copie del 38% nel 2013 (34% nel 2009). La vendita di quotidiani e periodici rappresenta il 48% dei 4,2 mld fatturati nel 2013 dall’aggregato dei maggiori operatori; il resto dei ricavi è per lo più realizzato con la vendita di spazi pubblicitari (32,5%). La composizione dei ricavi è variegata tra i Gruppi editoriali: la raccolta pubblicitaria è più rilevante per L’Espresso e Caltagirone (56%-57% del totale), la diffusione conta di più in RCS, La Stampa e Mondadori (53-55%). Peculiari sono Il Sole 24 ORE, ove un quarto dei ricavi è generato dall’area software (che ha portato ricavi attorno ai 100 milioni prima essere ceduta nel maggio 2014), Mondadori che genera un quarto delle vendite dai libri, e Monrif che comprende attività alberghiere per circa 20 milioni di fatturato. Nel quinquennio Mondadori ha subìto la maggiore caduta di ricavi pubblicitari (-43,2%), ma tutti gli editori hanno segnato flessioni superiori al 30% con l’eccezione de L’Espresso che ha contenuto la riduzione al 18,9%. Quanto ai ricavi diffusionali, RCS e Il Sole 24 ORE hanno segnato i maggiori cali (rispettivamente -40,8% e - 35,5%, il primo influenzato dalla cessione del Gruppo Flammarion) e solo tre Gruppi hanno limitato la riduzione sotto il 10%. La Stampa ha tenuto meglio (solo -4,9%) così come meno accentuate appaiono le cadute di Monrif (-8%, con le testate Il Giorno, La Nazione e Il Resto del Carlino) e Caltagirone (-8,4%, con Il Messaggero e le testate locali). La presenza sui mercati esteri riguarda solo due gruppi: RCS (31% dei ricavi nel 2013, sono le attività spagnole di Unidad Editorial) e Mondadori (30%, realizzato in Francia). 1 ASIG-Associazione stampatori italiana giornali, Rapporto 2014 sull’industria dei quotidiani in Italia. 2 Ai sei gruppi censiti nell’Annuario R&S è stata aggiunta l’Editrice La Stampa, controllata dal Gruppo Fiat, il cui quotidiano è quinto in Italia nel 2013 per copie diffuse (225mila). L’aggregato non comprende la De Agostini in quanto non direttamente comparabile, dato il suo focus sulle edizioni a fascicoli (collezionabili) e sulle vendite per corrispondenza (marketing diretto). Si stima che nel loro insieme i sette Gruppi considerati rappresentino a fine 2013 il 70% circa dei ricavi complessivi del settore editoriale italiano. 3 Per memoria, si ricorda la flessione del 23,1% dell’intero settore della stampa-editoria italiana (Fonte: Ufficio Studi Mediobanca, Dati cumulativi di 2050 società italiane, ed. 2014). 4 Se si esclude la Flammarion, il fatturato RCS sarebbe calato del 30%. Il Gruppo RCS rilevò dall’omonima famiglia la società editrice Flammarion nel novembre 2000 con un esborso di 160 milioni di euro; a distanza di una dozzina di anni, nel settembre 2012, il Gruppo Flammarion è stato ceduto al prezzo di 181,5 milioni di euro con una plusvalenza di 85 milioni.  Le minori vendite hanno trascinato l’occupazione che si è ridimensionata nel quinquennio del 22,3% coinvolgendo circa 4.200 dipendenti (Tab.2). La contrazione degli organici è stata cospicua per RCS, toccando un terzo delle consistenze del 2009 (-32,8%), equivalenti a circa 2.100 unità, di cui oltre 600 fuoriuscite in Francia con la cessione del Gruppo Flammarion5, più contenuta per Mondadori (-7,3%) che distanza altri Gruppi tutti attorno al -20%. La caduta della forza lavoro ha coinvolto in misura più intensa gli operai (-39,9%) che non i white collars (-24,4%) e i giornalisti (-13,1%). Il peso di questi ultimi è aumentato dal 30,9% del totale occupati del 2009 al 34,5% del 2013, la base operaia è caduta dall’8,9% al 6,9%, quella impiegatizia dal 60,2% al 58,6%. I ridimensionamenti di giornalisti sono stati più importanti per Caltagirone (-22,6%), più ridotti per Mondadori (-4%). Quanto alla composizione dei dipendenti, La Stampa e Caltagirone segnano la maggiore incidenza di giornalisti (rispettivamente 58,9% e 49,9%), mentre Il Sole 24 ORE e Mondadori registrano una maggiore quota impiegatizia (rispettivamente 73,1% e 72%), giustificata anche dalla maggiore diversificazione delle attività. La produttività dei Gruppi editoriali ha risentito pesantemente del declino commerciale. Nel 2009 ogni dipendente in media esprimeva una produttività (valore aggiunto netto pro capite) pari a 87mila euro, valore caduto a 74mila euro nel 2013 (-15%). Downsizing, ricambio e provvedimenti contrattuali (cassa integrazione e solidarietà) non hanno inciso in pari misura sul costo del lavoro, passato dagli 82mila euro medi del 2009 agli 81mila del 2013. Ne ha risentito il Clup (costo del lavoro per unità di prodotto), cresciuto dal 94,3% al 109,5%. Tale valore significa che la ricchezza prodotta ripaga solo parzialmente il costo del lavoro e non soddisfa i restanti stakeholders: finanziatori (interessi passivi), Stato (imposta, comunque dovute in presenza di Irap) e imprenditore (dividendo) o impresa (utili non distribuiti). Questi ultimi, avendo una posizione residuale, “assorbono” la perdita finale. L’Espresso si conferma primo per produttività del lavoro con 114 mila per dipendente nel 2013 (segnava il valore migliore anche nel 2009), davanti a Caltagirone con 75 mila euro; tutti gli altri Gruppi sono sotto la media (74 mila) con il valore più basso riportato da Il Sole 24 ORE (54mila euro). Mondadori segnala il costo del lavoro unitario più basso nel 2013, pari a 67 mila euro per dipendente, quasi 30mila euro in meno de L’Espresso che registra il valore più elevato a 96mila euro. Rapportando costo del lavoro e produttività si ottiene il Clup il cui dato peggiore è segnato da Il Sole 24 ORE che si attesta al 142,6%, davanti a La Stampa (131,3%). Cinque Gruppi su sette riportano valori superiori al 100% e solo L’Espresso e Mondadori si collocano sotto tale soglia, ma il costo del lavoro assorbe anche per essi quote rilevanti del valore aggiunto (84% e 94%). La perdita di competitività dei maggiori editori tra 2009 e 2013 è pari a 13,7 punti (differenziale tra la caduta di produttività del 14,9% e la modesta contrazione del costo del lavoro unitario dell’1,2%). Mondadori e RCS segnano il maggiore deterioramento di competitività (-23 punti circa), Monrif e La Stampa i minori (8 e 9 punti rispettivamente) (Tab.3). Circa la redditività operativa e netta (Tab.4), nel 2013 il quadro d’insieme è insoddisfacente e in peggioramento nel quinquennio per tutti i Gruppi, sia in termini di MON che di risultato corrente. Fa eccezione L’Espresso che mantiene la redditività industriale positiva del 2009 anche se in calo (4,2% il MON sul fatturato nel 2013, dal 7,2% del 2009); valori negativi sono segnati da tutti i restanti Gruppi, con picchi per La Stampa (- 14%) e Il Sole 24 ORE (-14,7%). Si segnala che nel 2009 anche Mondadori aveva redditività positiva, ma in cinque anni ha perso terreno in modo rilevante (7,9 p.p. in termini di MON e 8,8 p.p. in termini di risultato corrente). Tendenze confermate da ROE e ROI, anch’essi tutti negativi nel 2013, sempre con l’eccezione de L’Espresso (ROI al 4,1%, ROE allo 0,7%). La dinamica reddituale è condizionata anche dal costo della carta che pesa maggiormente sul bilancio di Monrif (12,9% del fatturato nel 2013) e ha l’incidenza minima nei conti de Il Sole 24 ORE (1,3% nel 2013). Complessivamente nei Gruppi esaminati il costo per l’acquisto di carta è diminuito del 41% nell’ultimo quinquennio e il suo peso sul fatturato aggregato è sceso dal 7,4% al 6,1%. La struttura finanziaria è complessivamente solida, ma in deterioramento e molto differenziata tra società. Il capitale netto aggregato si è ridotto nell’ultimo quinquennio del 40% a causa delle perdite accumulate, pari a 1.821 milioni6. Due Gruppi fanno eccezione: La Stampa, grazie ai versamenti in conto capitale dell’azionista Fiat per 105 milioni (35 mil. nel 2012 e 70 mil. nel 2013), e L’Espresso che ha emesso azioni riservate ai 5 Se si esclude la Flammarion, la forza lavoro RCS sarebbe calata del 23%. 6 Così suddivise (in milioni di euro e in % del fatturato 2013): -1.173 e -89,2% per RCS, -227 e -17,8% per Mondadori, -223 e -57,9% per Il Sole 24 ORE, -200 e -114,5% per Caltagirone, -107 e -99,3% per La Stampa, -33 e -16,5% per Monrif e +142 e +20% per L’Espresso. L’Espresso è l’unico Gruppo a registrare nel quinquennio profitti cumulati e non perdite.  dipendenti per 1,6 milioni nel periodo 2009-13. Nel giugno-luglio 2013 anche RCS ha completato un aumento di capitale in opzione di 410 milioni (401 al netto dei costi sostenuti), ma nel quinquennio il suo capitale netto è comunque diminuito (-68%, pari a -733 milioni). Anche i debiti aggregati hanno subito una flessione nel periodo, ma più contenuta di quella del capitale netto (-36,2%). Tra il 2009 e 2013 tutti i Gruppi hanno ridotto la propria esposizione finanziaria, ad eccezione de Il Sole 24 ORE, la cui massa debitoria è passata da 15 a 57 milioni. Nell’insieme il peso del debito finanziario aggregato sul capitale proprio è cresciuto dal 78,6% del 2009 al 98,3% del 2013. Monrif segna la maggiore fragilità con i debiti finanziari pari a quasi cinque volte il capitale netto (erano 2,4 volte nel 2009), Caltagirone riporta il rapporto più contenuto (8% circa). Alcuni Gruppi mostrano discrete scorte di liquidità che arrivano al 40,8% dei mezzi propri nella Monrif e a poco meno del 30% ne L’Espresso e Caltagirone (quest’ultimo ha liquidità pari a oltre tre volte il debito finanziario). Le società editoriali si caratterizzano per una rilevante presenza di attivi immateriali, costituiti per lo più dal valore delle testate editoriali e, talora, da avviamenti. Tali poste arrivano in Mondadori al 238,7% del capitale netto, al 165,9% ne La Stampa, al 147,3% in RCS. Di conseguenza, cinque dei sette Gruppi registrano nel 2013 un capitale netto tangibile negativo (nel 2009 erano tre) e solo Caltagirone e Monrif mostrano un patrimonio tangibile positivo. Circa la valutazione delle testate, se si escludono le svalutazioni operate nell’ultimo biennio da Mondadori sulle attività francesi (140 e 100 milioni di euro) e da Caltagirone Editore su Quotidiano di Puglia, Gazzettino e Corriere Adriatico (per complessivi 32,9 milioni di euro), le società hanno confermato, pur in un contesto difficile, la congruità dei valori a bilancio rispetto alla capacità reddituale prospettica e quindi l’inopportunità di operare svalutazioni (impairment). Sulla base di un indice normalizzato che sintetizza tre indicatori di efficienza, redditività operativa e struttura finanziaria (CLUP, MON/Fatt e DF/CN), si può ricavare una classifica delle grandi società per performance complessiva (Tab.5). Nel 2013 L’Espresso risulta il best performer, mentre il Sole 24 ORE ha il profilo meno virtuoso. Nel 2009 L’Espresso occupava la medesima posizione, all’ultimo vi era La Stampa, l’unica società ad avere migliorato nell’ultimo quinquennio la propria posizione, recuperando due posti in classifica. Mondadori si conferma seconda in classifica, seguita da Caltagirone e RCS (stabili al terzo e quarto posto); Il Sole 24 ORE perde due posizioni scendendo in ultima posizione. Lo sforzo prodotto dagli editori in termini di pubblicità e promozione non appare necessariamente correlato con gli andamenti economico-patrimoniali. RCS e Mondadori hanno investito maggiormente in spese di pubblicità (rispettivamente 5,2% e 4,9% del fatturato nel 2013), mentre le incidenze più basse sono segnate da L’Espresso (2,4%) e Caltagirone (1,5%). Per l’aggregato la quota è scesa marginalmente nel quinquennio, dal 3,7% al 3,5% (Tab. 6). Sei dei sette Gruppi sono quotati in Borsa (unico non quotato è La Stampa). Il maggiore per capitalizzazione è RCS, seguito da L’Espresso. La capitalizzazione aggregata ha segnato una flessione del 43,8% nell’ultimo quinquennio (la capitalizzazione in Borsa delle società industriali è aumentata del 3,2%). Il Sole ha subìto la maggiore caduta con il -68,4% (ma quota solo azioni di categoria speciale), Monrif ha limitato la caduta al -3% (Tab.7). Come evidente dai dati bilancio, la dinamica diffusionale dei quotidiani editi dai Gruppi editoriali esaminati è stata negativa. Il numero delle copie è diminuito complessivamente del 24,8% nell’ultimo quinquennio (Tab.8), con picchi del 28,4% per il Corriere, 27,4% per La Repubblica e 26,8% per Il Sole 24 ORE. Hanno tenuto di più La Nazione -17,6% e Il Gazzettino -17,9%. Nel 2013 resta saldamente al primo posto per diffusione media il Corriere (386mila copie), davanti a La Repubblica (352mila, cifra che però raddoppia a 717mila copie con le testate locali); seguono il Quotidiano Nazionale (Monrif, 278mila copie), La Stampa (225mila) e Il Sole 24 ORE (213mila). Il Gruppo Caltagirone somma a 303mila copie, di cui 148mila de Il Messaggero. A titolo di confronto, in Europa il calo della diffusione dei quotidiani è stato nel medesimo periodo del 23%, in Nord America del 10%, in Oceania del 20%.1 La classifica in base alle copie digitali nel dicembre 2013 (Tab.9)7 vede primeggiare Il Sole 24 ORE, primo quotidiano nazionale con 149mila copie vendute, 50 mila di più de Il Corriere, secondo; seguono La Repubblica e Il Fatto Quotidiano. Il Sole 24 ORE, più degli altri Gruppi editoriali, ha razionalizzato i prodotti cartacei, tanto da segnare, come visto, l’incidenza minima del costo della carta sul fatturato. Che le edizioni digitali rappresentino il futuro dell’editoria è confermato dal fatto che tra il 2009 e il 2013 le “copie digitali” consumate nel mondo sono salite da 80 a 1.753 milioni, con un aumento di oltre 20 volte.1 I grafici in calce riportano due indici calcolati in base alle copie cartacee diffuse: RCS ottiene ricavi giornalieri per copia diffusa superiori agli altri Gruppi (1,14 euro), segue L’Espresso (1,08 euro); in coda Caltagirone (0,69 euro). I giornalisti de La Stampa “diffondono” mediamente al giorno più copie cartacee dei loro colleghi di altre testate (2,73 copie), seguono L’Espresso e RCS (rispettivamente 1,80 e 1,79, che salgono a 1,88 e 1,98 se si considerano anche le copie digitali); in coda i giornalisti de Il Sole 24 ORE (1,50 copie, che salgono a 2,42 se si considerano anche le copie digitali). Primo semestre 2014 (Tab.10) E’ proseguita nel primo semestre 2014 la flessione delle vendite, con fatturato aggregato in calo complessivamente del 7,4%. Mondadori ha segnato la contrazione maggiore (-10,3%), più contenuta quella de Il Sole 24 ORE (-2,4%). La redditività permane negativa per tutte le società ad eccezione ancora de L’Espresso, cui si aggiunge Mondadori che torna ad un MON positivo nella prima metà del 2014. Positivo anche il risultato netto de Il Sole 24 ORE nel 2014, ma grazie essenzialmente dalla plusvalenza di 22 milioni di euro sulla cessione dell’area software.