Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  novembre 15 Sabato calendario

COSÌ I BINARI CINESI RIDISEGNANO IL MONDO


PECHINO. È stato storicamente difficile costruire strade ferrate in Cina. Ma la Repubblica popolare oggi è all’avanguardia dell’alta velocità. E quello delle ferrovie è diventato un business internazionale e un punto di forza della diplomazia dell’ex Impero di mezzo. Tanto che il premier Li Keqiang è stato soprannominato «il venditore di ferrovie». Il presidente non è da meno. Nel suo viaggio in Sud America, Xi Jinping ha addirittura suggerito una cooperazione con Brasile e Perù per una ferrovia in grado di congiungere i due oceani.
La Cina ha già firmato per costruire l’alta velocità in Turchia, India, Sri Lanka e Gran Bretagna. Un nuovo treno collega Chongqing, metropoli della Cina centrale, a Duisburg in Germania. Riduce i tempi di trasporto delle merci da 36 a 13 giorni ed è parte della cosiddetta nuova via della seta, un progetto su cui sabato scorso la Cina ha annunciato di voler investire altri 40 miliardi di dollari. Il nuovo “fondo via della seta” è stato annunciato in apertura dell’importante vertice di cooperazione economica Asia-Pacifico (Apec). Sarà aperto a tutte le economie asiatiche interessate a incrementare le infrastrutture dei loro Paesi. Nuove strade, ferrovie, porti e aeroporti che permetteranno a merci e a persone di spostarsi più rapidamente in tutta l’Asia centrale e meridionale.
Oggi però la Cina ha un sogno ancora più ambizioso. Collegare Gran Bretagna, Stati Uniti, Singapore e Sud Est asiatico con l’alta velocità. Al centro di questa moderna ragnatela ferroviaria, ovviamente, la Repubblica popolare. Non sarà facile, serviranno incredibili sforzi diplomatici, tecnologici ed economici. Ma secondo diversi analisti ci si riuscirà. Sembra incredibile, anche perché la Cina è stata uno degli ultimi Paesi a capire e a sfruttare questo mezzo di trasporto.
La prima ferrovia fu costrutta in Cina da un mercante inglese a metà del XIX secolo. Seicento metri nel cuore di Pechino per mostrare alla dinastia dei Qing questa nuova tecnologia. Era il 1864. L’imperatore la trovò ingegnosa ma inutile. Il fischio della locomotiva a vapore mise in allarme le guardie della città proibita e la breve strada ferrata fa subito smantellata. Due decenni dopo, nel 1888, ci riprovò il diplomatico Li Hongzhang. Importò una locomotiva dalla Germania e collegò la residenza dell’imperatrice alla sala per i ricevimenti, un tragitto di appena due chilometri. Ma l’imperatrice ebbe paura che il rumore rovinasse il feng shui dell’area: chiese che il treno fosse trainato dai suoi eunuchi. Un altro tentativo abortito.
Qualche anno prima a Shanghai era stata costruita la prima ferrovia commerciale funzionante. Era il 1876 e lo scopo era quello di collegare le concessioni straniere al porto. Ebbe vita breve. Un funzionario troppo zelante la fece chiudere dopo solo un anno.
Così all’inizio del XX secolo la Cina poteva contare su appena 600 chilometri di strada ferrata. Niente se confrontati ai 340 mila della Gran Bretagna e ai 293 mila degli Stati Uniti. Quando l’ultima dinastia si convinse dell’importanza del trasporto su ferro, non aveva più il denaro necessario a costruirla. Nel 1911, a seguito di alcuni scandali, la corte ordinò che tutti cantieri fossero messi sotto il controllo statale. Ma per lo sviluppo della rete ferroviaria fece ricorso al capitale straniero. L’opinione pubblica si indignò e lo scandalo delle ferrovie divenne un altro dei vari motivi che portarono al crollo dell’Impero.
Certo quello del trasporto su ferro non era un problema che poteva essere archiviato con la nascita della Repubblica. Sun Yat-sen , il suo primo leader, era stato negli Stati Uniti e aveva viaggiato in treno. Si rese conto fin da subito che le ferrovie potevano rappresentare un modo per unificare il popolo della sua sconfinata nazione. Si racconta che passasse il tempo a disegnare ipotetici collegamenti ferroviari sulle cartine dell’epoca. È trascorso un secolo e oggi la maggior parte di quei collegamenti è attivo e – spesso – solcato da una delle più efficienti linee ad alta velocità del globo.
Nel 1949, alla nascita della Repubblica popolare, l’ex Impero di mezzo poteva contare su appena 27 mila chilometri di ferrovie. Oggi ne ha 110 mila. Si calcola che solo nel 2013 la Cina abbia investito 100 miliardi di dollari nel trasporto su ferro. Il suo fiore all’occhiello sono i 13 mila chilometri di alta velocità, costruiti in appena quattro anni. E questo è il know how che vuole esportare. Si prevede che nei prossimi dieci anni i chilometri percorsi dall’alta velocità raddoppieranno e la Cina ha deciso di cavalcare l’onda. La cosiddetta diplomazia delle ferrovie è diventata l’asso nella manica della leadership cinese da sfoderare durante gli incontri internazionali.
Il premier assicura che l’alta velocità costruita dai cinesi ha grossi vantaggi competitivi e un’esperienza in grado di adattarsi alle problematiche e alle necessità di ogni Paese. Ed evidentemente risulta convincente. Csr, una delle due grandi aziende di Stato cinesi che si occupano di ferrovie, ha dichiarato di essere stata contattata da oltre 50 Paesi e di essere sul punto di firmare accordi con almeno 20 di essi. Tra questi ultimi Stati Uniti, Malesia, Singapore e Romania. Un mese fa si è convinto persino il grande competitor asiatico. Così anche l’India ha firmato un accordo per la cooperazione sulla linea ad alta velocità Chennai-Bangalore-Mysore.
Più ecologico, più economico e versatile dell’aereo, sembra proprio che nel XXI secolo il treno debba entrare in una nuova età dell’oro. Per i leader della nuova Cina è un mezzo per stringere nuove alleanze e accordi commerciali, ma soprattutto per ridisegnare le mappe della geopolitica. E, a differenza di quanto pensassero gli ultimi imperatori, pare proprio che giovi al feng shui della nazione.