Sebastiano Vernazza, SportWeek 15/11/2014, 15 novembre 2014
L’ASCENSORISTA SI GUARDA LA PARTITA
Frequentiamo lo stadio di Genova da una vita e l’ascensore della tribuna stampa, installato quando rimpianto venne rifatto per il Mondiale del ’90, non l’abbiamo mai visto in funzione. Chi racconta di averlo preso qualche volta, tantissimi anni fa, viene guardato come uno che sia andato a cena col Dalai Lama. Ogni tanto qualche ignaro inviato straniero si ferma sulla soglia e attende che le porte, usurate dal tempo, si aprano: bisogna spiegare, spezzare l’incantesimo. Il problema in sé non è drammatico – si sale su strette rampe di scale ed è tutta salute – se non fosse che al mondo i disabili o persone con problemi motori dovrebbero avere pari opportunità: in questo senso Marassi li discrimina. Di recente, nelle chiacchiere che si fanno prima di una gara, a un certo punto un giornalista genovese, serio e attendibile, ha osservato: «È arrivato l’ascensorista». Come? Ma se l’ascensore è inutilizzabile? «Eh, ma per légge o non so per che cosa ci deve essere lo stesso un addetto». E che cosa fa questa persona? «Niente, si guarda la partita». Giusto, le vie del soprannaturale sono infinite e non sia mai che all’improvviso l’ascensore, stufo di tanta inattività, si accenda da solo: nel caso bisogna che ci sia qualcuno in grado di fronteggiare la situazione. Non vogliamo togliere a nessuno il suo posto allo stadio, e di sicuro ha ragione il nostro collega: questo tecnico sta lì, in tribuna, perché così vuole qualche regolamento. La storiella dell’ascensorista senza ascensore ci sembra però una bella metafora dell’Italia contemporanea.