Paola Santoro, D, la Repubblica 15/11/2014, 15 novembre 2014
MISS ROSSELLA E LA SPADA
Se suona in pubblico a Rossella tremano le mani. Se impugna la spada ai Mondiali di scherma, mai. Neppure se alla fine stringe tra le mani la medaglia d’oro. Perché in pedana indossa la maschera. La isola, la protegge dagli sguardi degli altri, la racchiude nel suo mondo di ventenne fragile in apparenza, granitica nella sostanza. «Prima della finale di Kazan siamo stati costretti a sfilare davanti alla giuria. Mi sono rivista nella registrazione, è chiarissimo, dico: ’Oddio che vergogna’... È che mi sento sempre addosso lo sguardo degli altri. Da quando ero piccola mi muovo e mi comporto come se tutti mi stessero osservando...».
Certo, quella sfilata davanti alla giuria non è stato nulla al confronto di quando, qualche anno fa, ha dato l’esame per il diploma in pianoforte: «Nessuno mi ha mai ascoltata suonare se non i miei familiari. Al piano non mi sento mai sicura. Ma all’esame ero costretta. Ho invitato solo le mie due amiche più care, ma mia madre, che insegna al Conservatorio, aveva voluto tutto il corpo docente: un incubo». Poi, però, se si mette la maschera e stringe la spada per salire in pedana, be’, lì «tiro fuori tutta la cattiveria, lo so». Quando tira di scherma la chiamano «la iena». Agile, scattante, arrabbiatissima, ogni stoccata come se fosse l’ultima dell’ultimo duello.
Rossella Fiamingo è l’ultima stella della scherma italiana, ultimo trionfo la medaglia d’oro nella spada ai Mondiali di Kazan la scorsa estate. Nonostante abbia già vinto quattro ori individuali (ai Campionati Mondiali 2014, ai Giochi del Mediterraneo nel 2013, ai Campionati Italiani Assoluti nel 2013 e ai Mondiali Cadetti 2008), abbia conquistato altre tre medaglie di bronzo a squadre e sia arrivata finalista alle Olimpiadi di Londra del 2012 appena ventenne, non ha perso la concretezza. Curve generose su un corpo muscolosissimo ma longilineo, profondi occhi neri, modi gentili, è siciliana fino al midollo. Catania, la sua città, non l’ha mai voluta lasciare, nemmeno quando è stato chiaro che era una promessa dello sport: «Sì, succede sempre così, più si migliora più ci si sposta. Ma io ho iniziato a 7 anni con il mio maestro, Gianni Sperlinga, e sono molto legata alla mia palestra, ai rumori, ai compagni. Per me sarebbe stato più un danno che altro andare fuori, non ho mai avuto bisogno di nuovi stimoli. La scherma catanese è forte, ci sono sei società e tutte di ottimo livello. Poi però succede che appena qualcuno va forte si vuole trasferire, e allora risulta che la scuola di Milano o di Roma ha prodotto campioni. Ma come nel fioretto c’è Jesi e nella sciabola c’è Roma e nella spada c’è Milano, molti nascono anche dalla Sicilia».
Perché la scherma italiana fa grandi risultati tra le donne? «Per una questione di numeri. Gli uomini sono molti di più, è più difficile emergere». Rossella ha grande stima delle campionesse che l’hanno proceduta, come la fiorettista quarantenne Valentina Vezzali, 10 volte vincitrice della Coppa del Mondo e pluripremiata alle Olimpiadi: «Non avrei mai creduto che dopo tutte quelle vittorie si potesse avere ancora tanta fame». O Elisa di Francisca, anche lei fiorettista, 2 ori individuali a Londra 2012. Ma non vorrebbe diventare come loro, piuttosto «un’icona con un nome tutto mio. I miti dello sport sono i calciatori, ma mi sembra che spesso trasmettano valori sbagliati: troppi capricci. Uno sportivo deve esprimere una morale sana, il rispetto per gli avversari, e deve saper perdere. Durante la finale del mondiale con Britta Heidemann, all’ultima stoccata ho visto che sorrideva. Io vincevo e lei sorrideva. Una lezione di vita».
Eppure trionfare con la spada non sovverte tutto come succede a un goleador di serie A. Tanto per cominciare, è uno sport più povero: «Alle gare ci sono premi in denaro messi in palio dalla Federazione Italiana e da quella Internazionale, ma mai grandi importi. A svoltare economicamente qualcuno c’è anche riuscito, Aldo Montano o Margherita Granbassi, ma grazie agli sponsor, non certo solo in pedana». Giovane com’è, Rossella ha ancora tempo per tutto: «La carriera dura in media fino ai 35 anni, io sono una delle più giovani della squadra olimpica, ma è interessante viaggiare con gli altri: li studi, impari di più». Com’è l’atmosfera in squadra? «Altalenante. Per me è stato difficile passare dal livello giovanile a quello assoluto, a maggior ragione perché sono entrata in squadra mentre il clima generale era quello delle qualificazioni olimpiche, e ho avuto difficoltà a legare con le altre, tutte trentenni e con le quali sentivo di non avere molto in comune. Poi, conoscendosi e gareggiando insieme, pian piano è andata sempre meglio e adesso abbiamo un gran bel rapporto. Anche grazie alle gare a squadre: è un bene che nella scherma ci siano, altrimenti volerebbero i coltelli...».
Rossella non ha mai visto un film di cappa e spada ed è l’emblema della femminilità: «Vivo in tuta, mi alleno 4 o 5 ore al giorno, ma appena me la tolgo mi piace vestirmi bene». Ha scoperto giovanissima di poter arrivare in alto. Ha iniziato con la scherma perché ha un fratello maggiore, e per i genitori era più pratico iscriverli allo stesso corso. Ma a emergere è stata lei: «Perché sono disciplinatissima. In quest’arte», mentre tiro mi piace pensare di dipingere, «la dote maggiore è la concentrazione. Nel fioretto e nella sciabola ci sono delle convenzioni, per cui se prendi una stoccata ma tocchi anche tu hai ragione se hai fatto l’azione corretta, da noi invece chi tocca per primo ha il punto, quindi non ci si può mai abbandonare alla distrazione».
A 17 anni ha capito che poteva guardare alle Olimpiadi: «Le guardavo in tv e ho iniziato a fare un po’ di conti. Io faccio sempre i conti, e mi scrivo sempre tutto. Se in squadra qualcuno vuol sapere di un’avversaria sono io a passare gli appunti. Ho preso il mio quadernino e mi sono messa a scrivere gli obiettivi che potevo raggiungere e quelli che avevo già raggiunto. L’ho riaperto da poco e ci ho messo qualche bandierina, ma ne restano altri, di traguardi: sono campionessa mondiale ma non ho mai vinto gli europei, mi mancano le Olimpiadi, e poi.. voglio riconfermarmi ai mondiali». In realtà Rossella vuole molte cose: «A 40 anni mi vedo con una famiglia e due figli. Niente più scherma e un buon lavoro. Faccio parte del Corpo Forestale ma non sono certa che avrò voglia di stare all’aperto otto ore al giorno. Potrei insegnare pianoforte ma è una possibilità che ho scartato. Ho cominciato per mia madre, che aveva provato con scarsissimi risultati a ’iniziare’ mio fratello, ma non è il mio futuro. Invece mi riconosco nel percorso universitario: sto studiando da dietista, e vorrei riuscire a dedicarmi alla nutrizione degli atleti. Il cibo, da buona catanese, su di me esercita un grandissimo fascino».
Rossella in effetti sembra una e trina. E tutte le attività che fanno parte della sua vita sono estremamente impegnative: le ore di allenamento in palestra, quelle sul pianoforte, quelle sui libri. Chissà come ha trovato il tempo per un corso di danza del ventre: «Adoro ballare, in viaggio in Thailandia con gli amici, quest’estate, uscivamo tutte le sere. Non bevo, ma ballo qualsiasi cosa. La danza del ventre l’ho scelta perché mi piaceva l’idea di imparare a essere più sensuale». La seduttività è uno dei suoi tratti distintivi. La usa nell’incedere con il corpo, nel muovere le mani, nel posare con disinvoltura disinibita per il servizio di queste pagine. «Ho amato lo sport di più quando ho capito che poteva insegnare a essere aggraziati». E per questo non esita a spendere: «Sono malata di shopping. Comprerei tutto, ma soprattutto ’investo’ in costumi da bagno e gioielli. Quest’estate, dopo l’oro, mi sono regalata un paio di orecchini e un anello con un’acquamarina e diamanti. Mia madre mi incoraggia, dice ’Verrà il tempo in cui dovrai pensare agli altri, ora pensa a goderti quello che hai...’».
Storie d’amore non se ne vedono. Sono passati due anni da quando si è conclusa malamente la relazione con il nuotatore Luca Dotto, con il quale era arrivata a Londra 2012, ma adesso non c’è un altro. Senza un amore che distragga si vince di più? «No, è piuttosto una rivincita personale. Ho cercato un altro ma poi ho capito che voglio camminare da sola e lasciarmi quell’amore alle spalle». Flirt? «Quelli sì... sempre con sportivi. Sono abituata a un uomo con una struttura fisica definita», ride. «Il problema è la testa. Gli atleti sono sbarazzini, traffichini, partono e non si sa come finisce. Ora mi dico ok, può andare bene anche qualcuno che faccia un altro mestiere: purché mi rispetti. E sia in forma». Rossella, campionessa simile alle ragazze della sua generazione, non si vergogna a dire che vorrebbe un uomo prestante, di essere «malata« di shopping e disposta a sgobbare ma senza rinunciare a divertirsi. Finita l’intervista se ne va, con un top cortissimo che le mette in risalto il seno pieno e perfetto. Nessuno può sospettare che in valigia si porti dietro una spada.