Paola Porciello, il Fatto Quotidiano 17/11/2014, 17 novembre 2014
METTI UN CUOCO, UN INGEGNERE E UN ASTRONAUTA
Durante l’addestramento degli astronauti che si accingono ad affrontare un’avventura nello spazio arriva sempre il momento in cui si affronta il tema dell’alimentazione. Nell’immaginario collettivo tutto si riduce a mandare giù qualche strana pillola colorata. Niente sapore, nessuna complicazione pratica per nutrirsi in circostanze così particolari. Ma non è così. L’attività di Argotec, azienda italiana unica fornitrice del ‘bonus food’ per gli astronauti europei, offre un menù personalizzato che tenga conto delle esigenze nutrizionali e di gusto di chi deve affrontare lunghe settimane lontano dalla Terra.
I cibi che devono volare in orbita subiscono due tipi di processi principali: termostabilizzazione e liofilizzazione. Queste due soluzioni sono state ottimizzate negli ultimi anni per preservare al massimo i valori nutrizionali degli ingredienti di partenza.
La Nasa impone degli standard: “Tra questi – racconta Polato - l’ostacolo più grande è la conservazione. Gli alimenti vanno trattati termicamente per allungarne la shelf-life (la durata di conservazione a temperatura ambiente, ndr).” Ovviamente non esistono frigoriferi a bordo perché tutta l’energia è dedicata alle strumentazioni.
Poi ci sono i cibi vietati, come quelli che producono briciole: “Si chiama rischio volatilità - spiega lo chef - non vogliamo che particelle anche minuscole svolazzino sulle strumentazioni o che vengano inalate con il rischio di provocare infezioni alle vie respiratorie.” La termostabilizzazione, la tecnica più utilizzata, è anche la più aggressiva: “Per superare i requisiti di sicurezza alimentare, la procedura standard prevede di portare i cibi a 121° C per almeno 15 minuti. Ma il prodotto così trattato rischia di perdere i suoi valori nutrizionali. Rimangono solo i macronutrienti, come gli zuccheri e i carboidrati.” Per evitare che ciò accada l’azienda italiana ha messo a punto una tecnologia innovativa , lavorando su altri parametri: pressione, acidità e grado zuccherino degli alimenti: “L’idea di partenza è quella di una cottura sottovuoto a basse temperature per preservare le caratterisiche organolettiche”, quindi più sapore e meno perdita di potere nutritivo. “Quando una mela è al punto giusto di maturazione, ne misuriamo il ph per vedere se è idonea alla termostabilizzazione a temperature più basse. Cerchiamo di rendere il pasto pronto all’uso un prodotto vivo, funzionale all’alimentazione e al sostentamento.”
Se si considera che l’invecchiamento cellulare di un astronauta in sei mesi (durata del viaggio di Samantha) è pari più o meno a 10 anni di vita sulla terra, si capisce quanto diventi cruciale ciò che si mangia: “Gli apparati muscolare e scheletrico in assenza di gravità vanno in rapido deperimento. Questi processi si possono contrastare con l’alimentazione, purché siano presenti antiossidanti, proteine facilmente assimilabili e tanto calcio.”
La cosmonauta italiana che il 23 novembre raggiungerà la Stazione spaziale internazionale, ha avuto il desiderio di impegnarsi anche per il benessere dei ‘terrestri’: “Appena approdato in questo mondo non capivo il fatto che tutto ciò che si fa e che si studia nello spazio ha sempre un ritorno sulla terra. Ad esempio c’è molto da fare con i prodotti a lunga conservazione, sia sul fronte dei valori nutrizionali che del packaging" . Samantha potrà sfruttare la visibilità di cui godrà durante il suo viaggio per mandare un messaggio forte sull’importanza di una alimentazione sana. “Abbiamo già testato queste nostre idee incontrando i bambini -aggiunge Polato - parlando della vita a bordo delle stazioni spaziali con un focus sulla nutrizione e abbiamo scoperto che attraverso l’immagine del supereroe si riesce a trasmettere informazioni utili ai bambini in modo molto efficace.”
La preparazione del bonus food della Cristoforetti ha richiesto due anni e mezzo di lavoro: “Abbiamo ripercorso la storia di Samantha in quanto ad abitudini alimentari. I cibi cui è più affezionata sono il pesce azzurro, i cereali integrali e la carne bianca. Ci siamo soffermati su quello che mangiava quando viveva in Val di Sole, in Trentino, inserendo prodotti tipici e spezie che ricordano quella zona. Il tutto, tenendo a mente tre concetti principali: eliminare lo zucchero e il sale raffinato, le farine bianche e i grassi insaturi.” Bonus food che sta già aspettando Samantha sulla Stazione spaziale. Portando con sè i concetti di ‘chilometro zero’ e slowfood, tanto in voga sulla Terra: “La stagionalità è in sintonia con la nostra attività non solo dal punto di vista nutrizionale ma anche della conservazione. Il prodotto di stagione è qualità maggiore rispetto a quello raccolto da una settimana che ha già perso il 50% delle sue proprietà."
Ma sei mesi sono lunghi, e si scopre che il pasto così pensato può riportare a terra l’astronauta per qualche minuto, almeno con l’immaginazione, facendo leva sul profondo rapporto tra gusto olfatto e memoria: “Cerchiamo di far sentire a casa gli astronauti. C’è chi è particolarmente attaccato al caffè, chi la domenica è abituato a mangiare la lasagna. Conferire un po’ di quotidianità può aiutare nell’avventura.”
A seguire l’astronauta c’è una squadra futuristica di tecnologi alimentari messa in piedi dallo Space Food Lab, che include ingegneri e medici nutrizionisti. Grazie a questa intuizione tutta italiana, adesso anche Esa e Nasa hanno deciso di impegnarsi affinché agli astronauti arrivino cibi salutari e non più gelatine piene di conservanti, pensate decenni fa e utili solo alla mera sopravvivenza.