Mario Sconcerti, Corriere della Sera 17/11/2014, 17 novembre 2014
CACCIAMO I VIOLENTI DAGLI STADI E DALLAN NOSTRA VITA
Nel 1848 fu la guarnigione croata a Milano a far scattare la rivolta che portò alle Cinque giornate. Si trattò di fuoco anche allora: partì infatti il divieto di fumare per tutto il popolo milanese. I soldati croati giravano così per le strade fumandosi un sigaro dietro l’altro, provocavano la gente. Avevano voglia di dare una lezione che poi arrivò. Ma almeno allora c’era un motivo serio. Oggi è quasi impossibile trovare spiegazioni al comportamento degli ultrà croati. È stato teppismo puro, di quelli che vogliono solo affermare se stessi. Motivazioni da anni Ottanta, inizio delle rivolte da stadio, quando c’era la rabbia ma non si capiva ancora per cosa e soprattutto il tifo organizzato non era ancora un’azienda. Ritrovarlo oggi che abbiamo ufficialmente problemi più seri di una partita di calcio e i primi ultrà hanno i capelli bianchi, non è solo incomprensibile, è intollerabile. Non è più quel tempo, non c’è più quella pazienza. Non si può più vedere. Basta prevaricare gli altri, occupare il loro divertimento, il tempo libero; basta essere condannati alla vecchia incertezza barbara dove comandano solo i più prepotenti. Dopo decenni di spettacoli del genere questa è la vera conquista, che non è più sopportabile una storia così. Se gli imbecilli si sono inventati un nuovo tempo e sono diventati criminali, bisogna trattarli per quello che sono. Cacciarli non solo dagli stadi, ma dalla vita degli altri. Per far questo serve che ognuno faccia bene il suo dovere. Si possono seriamente controllare settantamila persone in meno di due ore? Certamente no. Non c’è tempo e non c’è motivo. La soluzione più civile sarebbe ogni tanto smettere davvero, lasciare soli i violenti con l’inutilità dei gesti. Ma chi pagherebbe realmente tutto se non quelli che erano andati solo a vedere un po’ di calcio? Siamo in un cul de sac, ci siamo da tanto tempo. La soluzione non è redimere i cattivi, è condannarli a rimanere fuori. E avere un ordine pubblico che sia in grado di farlo.