Andrea Elefante, La Gazzetta dello Sport 16/11/2014, 16 novembre 2014
STANKOVIC: «MANCINI È L’UOMNO GIUSTO PER 5 RAGIONI PIU’ UNA»
Dicevano fosse il cocco del Mancio: non sapevano quanti pochi sconti, negli anni, avesse fatto e facesse Roberto Mancini a Dejan Stankovic. Quei due si sono voluti bene — si vogliono bene — e hanno litigato, si sono confrontati e non sempre si sono trovati d’accordo, hanno fatto un bel pezzo di carriera entrando nello stesso spogliatoio, a Roma e a Milano, e poi ognuno ha preso la sua strada. Oggi si sentono ogni tanto («L’ultima volta a fine agosto: la prossima settimana lo chiamo», dice Deki), ma si conoscono come pochi. E se non ci si mette qualche strano scherzo del destino, visto che a Belgrado danno anche Stankovic tra i candidati alla successione di Advocaat sulla panchina della Serbia, si incroceranno a San Siro la sera del 7 dicembre. Uno seduto sulla panchina dell’Inter e l’altro da vice su quella dell’Udinese. Non prima di essersi abbracciati.
Mancini alla Pinetina che parla di progetto Inter sorridendo: Stankovic, le ricorda qualcosa?
«Situazione diversa rispetto a dieci anni fa: allora gli si chiedeva di aprire un ciclo, oggi invece di raddrizzare una barca il più velocemente possibile. E poi di farla andare veloce subito. E lui lo farà».
Perché è così sicuro?
«Per cinque motivi: bastano? Primo: perché è bravo e non l’ha dimostrato solo all’Inter. Secondo: perché conosce l’ambiente, e quando non hai tempo da perdere, è una cosa che fa enormemente la differenza. Terzo: perché aveva voglia di tornare ad allenare. Quella è una “scimmia” che si ha addosso, non va via facilmente. Quarto: perché aveva voglia di tornare ad allenare in Italia. E’ il suo Paese, per certe cose gli mancava, e magari ha anche qualche discorso in sospeso con la sua carriera. Quinto: nel frattempo ha fatto esperienza, anche internazionale, ed è una cosa che non si compra al mercato».
Ok, bastano. E dunque?
«Dunque credo che l’Inter da questa scelta avrà solo da guadagnare».
Obiezione dei maligni: Mancini grande allenatore di grandi squadre.
«E perché, chi l’ha detto che questa Inter non è una grande squadra?».
Lo sa che è come se a Milano si fosse riaccesa una scintilla?
«Di Roberto a Milano resta in mente molto più quello che ha vinto del momento in cui disse addio. E l’Inter, i tifosi dell’Inter, avevano bisogno di questo: di ritrovare un feeling con il loro allenatore».
Mancini e
Thohir sono fatti
per avere un buon
feeling?
«Dubito che Roberto avrebbe accettato un progetto così se non gli fosse piaciuto chi glielo ha proposto. E poi adesso il Mancio parla bene inglese e gli sarà facile spiegare al capo quello che ha in mente, quello che gli serve, quello che si può fare meglio».
Una previsione: scommette che Mancini punterà su?
«Kovacic, perché gli piacciono i giocatori così: giovane, con qualità e non ha paura di prendersi responsabilità. Magari gli ricorda un ragazzino che al Bologna, più di trent’anni fa... Però occhio: Mancini non fonderà mai l’Inter su Kovacic, perché una delle sue leggi è il talento al servizio della squadra. La costruirà intorno a lui, quello sì: e potrà essere un vantaggio per Mateo e per l’Inter».
Un’altra previsione: cosa dirà alla squadra prima del derby?
«Questa è più difficile, ma provo a immaginare: “E’ una partita di calcio come le altre, ma è più importante e soprattutto più bella delle altre: dunque, godetevela il più possibile”».
E voi cosa vi direte il giorno di Inter-Udinese?
«Lo abbraccerò e magari gli dirò ancora grazie: perché mi ha fatto crescere come calciatore, ma senza saperlo già allora insegnava qualcosa all’allenatore che sarei diventato. Lo guardavo spiegare calcio, lo studiavo, cercavo di capire le sue idee. Non tutte, però molte erano simili alle mie: quelle che avevo allora e ho oggi. E’ strana la nostra vita, ma proprio perché è fatta così ci piace tanto».