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 2014  novembre 18 Martedì calendario

“MISSIONE QUASI IMPOSSIBILE, SERVIVANO ALTRE RIFORME”

[Intervista a Michael Spence] –
ROMA.
«Non mi sembra appropriato addossare tutta la colpa al governo Abe né alle misure di incremento fiscale per l’entrata in recessione del Giappone per la quarta volta in sei anni. La verità è che, quando guidi un Paese che è da vent’anni in deflazione, cammini su un crinale talmente stretto che la caduta è lì, imprevedibile, ad ogni momento». Michael Spence, economista della New York University, è un maestro nel valutare le informazioni disomogenee sui mercati, e con gli studi su questo fenomeno ha vinto il Nobel nel 2001. Non vede una simmetria fra l’aumento dell’Iva e il collasso del Giappone. «Sarebbe ingiusto definirlo, in modo secco, un errore. È stato un tentativo, un esperimento, è purtroppo andato male».
A proposito di disomogeneità, non è contraddittorio alzare le tasse e intanto inondare i mercati di liquidità con un quantitative easing di proporzioni più che americane?
«In una situazione come quella giapponese i margini di flessibilità sono esigui. Le misure di espansione monetaria da sole non si reggono e c’è il pericolo che portino a una situazione di insostenibilità. Servivano probabilmente altre riforme, liberalizzazioni, ricapitalizzazioni bancarie, che sono mancate».
Possiamo trarre qualche lezione noi europei?
«Bisogna stare attenti con i confronti schematici perché l’Europa è diversa e malgrado tutto più solida. Ha un bilancio molto più robusto e potrebbe permettersi misure coraggiose di stimolo fiscale e monetario. Il problema è nelle divisioni interne che bloccano queste iniziative che sarebbero necessarie, e poi nella ripartizione territoriale degli investimenti. Per l’Europa sarebbe un beneficio immenso usare questa forza complessiva per dare una scossa alla crescita. Non farlo è un nonsenso».
In Giappone chi sostiene l’aumento dell’Iva con argomenti tipo quelli della Merkel, dice che serviva per finanziare il debito pubblico al confronto del quale quello italiano è irrisorio. Ha ragione?
«E’ vero, il Giappone ha il 220% di debito, il più alto del mondo. Ma la situazione non è comparabile con nessun’altra perché il debito è detenuto quasi tutto da giapponesi. Certo, c’è sempre il pericolo che questi cambino idea e se ne vadano a investire, che so, in Cina, ma mi sembra remoto. E il quantitative easing essendo un acquisto di bond fornisce un cuscinetto ulteriore».
Ora Abe farebbe bene a dimettersi?
«Se ha una ragionevole certezza che acquisterebbe più forza dopo la prova elettorale, può essere di sì. Probabilmente solo così potrebbe invertire il corso degli eventi per l’Iva: dopo l’aumento dal 5 all’8% di aprile (a seguito del quale i consumi sono crollati del 6% nel secondo trimestre, ndr ) ne è previsto un altro fino al 10% l’anno prossimo. Visti i risultati, è nell’interesse nel Paese bloccare questa spirale ».
Eugenio Occorsio, la Repubblica 18/11/2014