Andrea Montanari, MilanoFinanza 18/11/2014, 18 novembre 2014
ZUNINO FA SOLDI CON RISANAMENTO
Visto che il processo di dismissioni è fermo al palo, anche a causa del tracollo dei valori sul mercato immobiliare, l’unico modo che avevano i liquidatori del cosiddetto Sistema-Holding di Luigi Zunino per risollevare, almeno per un anno, le sorti delle finanziarie dell’ex patron di Risanamento era movimentare la partecipazione nel gruppo. E così, approfittando del rialzo registrato nel corso del 2013 (+29,52%) del titolo della società presieduta da Daniele Discepolo e guidata dall’ad Claudio Calabi, in vista delle operazioni poi concretizzatesi nella prima parte di quest’anno (in particolare, la cessione miliardaria degli asset francesi alla cordata Chelsfield-The Olayan Group), il collegio di liquidatori composto da Matteo Tamburini (presidente), Maurizio Dallocchio e Marco Davide Castejon, rivalutava per 15,7 milioni la partecipazione in Risanamento (24%, scesa all’11,12% dopo la conversione anticipata del prestito convertibile 2011-2014), detenuta dalle finanziarie dell’immobiliarista piemontese e raggruppate nella capogruppo Zunino Investimenti Italia. Un operazione che, sommata alla rivalutazione (2 milioni) della piccola quota detenuta in Mediobanca, ha portato a livello contabile a un utile di 3,76 milioni a fine 2013 a fronte di una perdita di 67,4 milioni dell’anno precedente e più in generale a un rosso monstre di 400 milioni dal 2009. Detto ciò, però, la Zunino Investimenti Italia ha ancora debiti con le banche per 470 milioni e un patrimonio netto negativo di 419,8 milioni. Una mossa fatta, come si legge nella relazione contabile, anche in vista delle operazioni di valorizzazione del patrimonio del gruppo quotato che poi si sono concretizzate a inizio 2014. Una scelta in parte in contrasto con quelle che poi sono state le reali mosse di Zunino, il quale ha provato più volte, passando pure dal tribunale, a mettere i bastoni tra le ruote ai vertici di Risanamento nel processo di vendita degli asset. Insomma, se da un lato l’immobiliarista provava a sbarrare la strada alla sua ex società, dall’altro scommetteva su un suo apprezzamento a Piazza Affari. Una vittoria di Pirro, comunque, quella del 2013, perché ora le azioni della società sono scese a 0,089 euro, con una perdita di valore del 58,9%.
Andrea Montanari, MilanoFinanza 18/11/2014