Fabio Cavalera, Corriere della Sera 17/11/2014, 17 novembre 2014
CAMBIA L’INSEGNA CHE RACCONTA LA STORIA DEI NOSTRI CONSUMI
La platea di consumatori che passa da Piccadilly Circus è immensa: 100 milioni di persone all’anno, 71 milioni a piedi, il resto in autobus o in taxi. Ma chissà quanti conoscono la storia e il valore di quel «tesoro» di pubblicità che incombe sopra la loro testa, all’angolo fra Shaftesbury Avenue e la stretta Glasshouse street?
Sei rettangoli d’oro. E sono d’oro perché tutti assieme regalano 40 milioni di sterline all’anno (50 milioni di euro) al loro proprietario che è la Land Securities, un gigante del business immobiliare commerciale con un patrimonio di 9,7 miliardi di sterline (12 milioni di euro). Settecentosessantasette metri quadrati divisi per sei, sei spot di luci e bagliori che accompagnano da un secolo la tradizione e il costume di Londra. E l’addio di uno dei brand che occupa uno dei sei rettangoli d’oro diventa per forza evento. Evento pubblicitario. Evento metropolitano. Evento mondiale visto che Piccadilly Circus, con Times Square a New York , con l’area di Ginza 4-chrome a Tokio, è il tempio dell’advertising luminoso, l’incrocio di una moltitudine di consumatori. Da Piccadilly Circus si apre il West End dove nel 2013 si sono spesi 7,6 miliardi di sterline (9,5 miliardi di euro) in regali, souvenir, teatri, cinema, ristoranti.
Cambia la mappa dei brand che dominano nel cuore di Londra. La Tdk giapponese (dvd, cd, nastri magnetici) abbandona nelle prossime settimane i suoi 101 metri quadrati dopo 24 anni di ininterrotto bombardamento sulla testa del povero Eros, la statua della fontana in mezzo alla piazza, che fu lavorata a fine Ottocento dallo scultore Alfred Gilbert prendendo come modello un garzone di bottega italiano, Angelo Colarossi di Frosinone. Aveva conquistato il suo rettangolo d’oro (21,1 metri per 4,8) per 4 milioni di sterline all’anno (5 milioni di euro), subentrando a marchi storici, la Schweppes, la Cinzano, la Bp, la Kodak. Affiancando la Coca Cola (che è lì dal 1955 coi suoi 204 metri quadrati), la Hyundai arrivata nel 2011, la Samsung, McDonald’s e «Piccadilly One», l’ultimo degli schermi installati, nell’inverno del 2013, gestito direttamente da Piccadilly Lights, la società che lo affitta per conto di Land Securities.
Il bando è aperto per coprire il «buco» della Tdk nei 767 metri quadrati di Piccadilly Circus. La Wildstone, specializzata in intermediazioni, è a caccia del brand globale. Non può essere altrimenti, per spesa richiesta e per ciò che significa essere a Piccadilly Circus. Le luci della pubblicità che domina la fontana con Eros hanno segnato momenti importanti e simbolici per Londra, per il Regno Unito, per il mondo. Ad accendersi per prime, nel 1908, furono le lampadine della Perrier. E si sono spente solo quattro volte: durante la guerra mondiale, poi nel 1965 per il funerale di Winston Churchill, nel 1997 per il funerale di Lady Diana e nel 2013 un’ora per la campagna del Wwf «Earth Hour». Nel 2002 Yoko Ono pagò l’equivalente di 200 mila euro per farvi scorrere (tre mesi) la scritta «Imagine all the people living life in peace», il testo di John Lennon.
I 767 metri quadrati di Piccadilly, con le sei finestre d’oro, sono l’icona del capitalismo consumistico. Ci sono passati 50 brand dall’inizio del Novecento. Ne arriverà uno nuovo. Ma forse, come si sussurra, in un futuro non molto lontano i rettangoli d’oro da sei si ridurranno a due. Meno marchi ma più spazio per i due fortunati. Il «bombardamento» su Piccadilly cambierà ancora.