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 2014  novembre 17 Lunedì calendario

RAI SPRECONA PER SEGUIRE MATTEO

Roma Rai, di tutto, di più. Lo slogan del vecchio spot ritorna sempre utile quando si tratta di sottolineare alcune vecchie abitudini di Viale Mazzini. In tempi di spending review e di promesse di cure dimagranti per tutte le società finanziate dai contribuenti - Rai compresa visto che fu proprio il premier a chiedere immediati sacrifici all’azienda - la copertura giornalistica della trasferta di Matteo Renzi al G20 di Brisbane finisce sotto i riflettori critici dei social network.
È un fermo immagine dei microfoni spianati davanti al presidente del Consiglio - con relativa fascetta attraverso cui identificare la testata - a rimbalzare su Twitter e accendere la pubblica protesta contro gli «sprechi» della Rai, ovvero l’eccesso di presenze al seguito di Renzi. «Un esempio di audio 5.1, 5 microfoni Rai per intervistare Renzi a Brisbane». «La Rai manda 5 inviati (1, 2, 3, Rai News 24, Radio) multi pluralità di informazione? Spreco!!!! Tanto paghiamo noi!!!» si legge. «La Rai manda in Australia inviati Tg1, Tg2, Tg3, Rainews e chissà cos’altro. Non basterebbe Rainews?». E ancora: «5 microfoni Rai per intervistare Renzi a Brisbane in Australia. E io pago». Anche Franco Bassanini rilancia l’interrogativo sull’opportunità della mega-spedizione di inviati Rai nella lontana Australia, una trasferta sicuramente non a basso costo vista la distanza, sia pure per un evento giornalisticamente rilevante come il G20. «5 microfoni Rai per intervistare Renzi a Brisbane in Australia. Spending review?» twitta il presidente della Cassa depositi e prestiti. L’onda lunga della protesta on-line non si ferma. «Sprechi Rai. Sotto la bocca di Matteo Renzi in Australia vedo microfono di RaiNews, Radio1Rai Tg2, Tg1. Ne basta uno». «1-2-3-4-5 sono i microfoni del pluralismo Rai». «Renzi a Brisbane, la Rai manda 5 inviati (1, 2, 3, 24, Radio) multi pluralità di informazione? Spreco!!!! Tanto paghiamo noi!!!». «Rai compiacente, l’uomo si nutre di microfoni e telecamere». «E altrimenti come giustifichi 4 Tg? Io lo dico da una vita... per gli interni, pensa un po’ in Australia».
Non è la prima volta che si pone la questione delle affollate spedizioni di giornalisti Rai - e naturalmente degli operatori di ripresa - verso terre lontane. L’azienda ha provato a stringere il cerchio (e i cordoni della borsa) imponendo una procedura delle trasferte più elaborata, attraverso una autorizzazione firmata dagli uffici del direttore del personale e del direttore generale. Il problema è che è difficile mettere d’accordo le varie testate e convincerle a utilizzare un inviato di un altro Tg oppure il corrispondente Rai (nelle sedi in cui è presente), dopo che da moltissimi anni è invalsa la prassi dell’inviato «personalizzato». E la trasferta del settembre scorso di Renzi negli Stati Uniti - in cui Tg1 e Tg3 riuscirono a mandare i loro inviati, al contrario di Tg2 e Rai News - ha fatto capire quanto sia faticoso modificare questo schema.
Il timore dei direttori è di avallare e stabilire una gerarchia interna, con tg di serie A e di serie B. Inoltre c’è chi sostiene che confezionare servizi identici su Tg 1, Tg2 e Tg3 possa appiattire il prodotto e penalizzare gli ascolti dell’azienda. In verità, però, ai tempi della Rai dei professori si procedette alla fusione dei vari Gr Radio in un unico radiogiornale. E di recente il dg Luigi Gubitosi ha presentato un piano che prevede la costituzione di due «newsroom»: nella prima confluirebbero Tg1, Tg2 e Rai Parlamento; nella seconda Tg3, TgR e Rai News. Resistenze, dubbi e sospetti di dirigenti, sindacati e forze politiche sono, però, fortissimi.