Flavio Pompetti, Il Messaggero 16/11/2014, 16 novembre 2014
LA CIOCCOLATA AGLI SGOCCIOLI
2020: fine della cioccolata. Questo non è purtroppo il titolo di un film postumo di Kubrick, ma la previsione che viene dalla direzione della Mars: come dire dalla cima di una montagna di 4.400 tonnellate di cioccolata, per un valore di 50 miliardi, che i golosi di tutto il mondo consumeranno quest’anno.
Stiamo divorando polvere di cacao compresso e riformulato con l’aggiunta di zucchero a un ritmo insostenibile, dichiara l’azienda svizzera Barry Callebaut, campione mondiale della produzione di barre di cioccolata. Colpa come sempre dei cinesi e degli indiani, che dopo aver comperato case, automobili e cucine componibili, sono ora entrati nel reame dei consumi superflui, e hanno raddoppiato negli ultimi due anni le importazioni di cacao e derivati. Ogni volta che apriamo la carta argentata di un cioccolatino o di una tavoletta, contiamo i passi che ci separano dal baratro della carestia in arrivo. Quest’anno finiremo per mangiare 70.000 tonnellate di cioccolato in più di quanto ne verrà prodotto; a questo ritmo nel 2020 il disavanzo salirà a un milione di tonnellate fino ad esaurire le scorte; nel decennio successivo il fabbisogno sembra destinato a raddoppiare.
LA DIAVOLERIA
Nel 1516 il re Azteco Montezuma offrì al conquistador Hernan Cortez per la prima volta in una coppa d’oro la “bevanda degli dei”, una miscela amara di chicchi di cacao macinati, che nel racconto del condottiero-esploratore «Forniva ad un viaggiatore energia per un giorno intero di cammino». Al ritorno in patria il seme esotico fu criticato come gran parte delle diavolerie che venivano dal nuovo mondo, come il mais, la patata e il pomodoro. Cento anni dopo era già alla corte di Francia, offerto come stimolante in occasione del matrimonio di Luigi XIII con l’adolescente Anna d’Austria. Ci vollero altri due secoli prima che l’olandese van Houten riuscisse a pressare la polvere di cacao per ridurla a una pasta burrosa, e pochi anni ancora prima che la ditta inglese Fry la perfezionasse con l’aggiunta dello zucchero, per creare il prodotto che oggi è divenuto onnipresente sui mercati mondiali.
ANNI DI CURE
La popolarità non ha coinciso finora con la lievitazione dei prezzi, perché il prodotto base viene dai paesi più poveri della terra. Il 73% del cacao è coltivato in Africa e il 15,3% nei paesi sudamericani. Le piante sono molto delicate: richiedono anni di cura prima di iniziare a produrre chicchi di cacao pronti per la raccolta, e una volta stabilite sul terreno subiscono la costante minaccia delle forze della natura. Sono bastati pochi anni di siccità in Ghana e in Costa D’Avorio per insidiare le scorte mondiali, così come in Brasile e Costarica la poderosa domanda americana di mais ha convinto molti contadini a sradicare le piante di cacao, con l’effetto di impoverire ulteriormente un mercato già devastato dall’infezione del fungo Scopa della Strega. Quest’anno poi la crisi sanitaria dell’Ebola ha aggravato la situazione nell’Africa Occidentale, con il ritardo della raccolta e del trasporto dei chicchi di cacao.
Negli ultimi sei anni però, mentre il fungo azzerava l’intera produzione dello stato brasiliano di Bahia, e il prezzo all’ingrosso del cacao cresceva dell’87% fino a sfiorare i 2.800 dollari per una tonnellata di cacao, gli agronomi hanno iniziato a manipolare geneticamente le piante, per crearne di nuove e resistenti ai batteri. La ricerca ha avuto successo, ma i nuovi ibridi prodotti in laboratorio lasciano a desiderare nella qualità più importante per il prodotto finale: il gusto. Siamo quindi arrivati a una situazione di compromesso, nella quale gran parte dei produttori di cioccolato aggiungono quantità sempre più rilevanti di additivi, per sopperire alla mancanza di cacao, come vaniglia, grassi vegetali, profumi alimentari sintetici; mentre cresce anche la presenza di noci e di frutta candita per aumentare il volume delle tavolette confezionate.
All’estremo opposto sta prendendo forma una percentuale crescente di produzione di alta qualità, esattamente come è accaduto negli ultimi decenni nel campo dei vini. Cioccolata ottenuta con miscele sapienti di semi di cacao provenienti da diverse parti del mondo. Una mistura accurata di piante resistenti alle malattie, ed altre che arricchiscono il sapore con sfumature aristocratiche, e quindi sempre più costose. Il risultato di queste dinamiche è che per sopravvivere nel tempo, la “bevanda degli dei” è destinata a trasformarsi in un prodotto adulto: sempre più sofisticato e più caro, e forse meno accessibile ai bambini.