Rosario Dimito, Il Messaggero 16/11/2014, 16 novembre 2014
BANCHE, IL RISIKO RICOMINCIA DA DUE
RIASSETTI –
MILANO Il ruggito del vecchio leone ha mandato a monte il progetto. I bene informati narrano che il patriarca della Popolare di Sondrio, Piero Melazzini, oggi semplice consigliere dopo essere stato al vertice per 45 anni, avrebbe detto no alla proposta della Bper di un matrimonio a tre comprendente la Bpm: sarebbe nata una Superpopolare da 2.400 filiali, circa 250 miliardi di mezzi amministrati che, scavalcando molte posizioni della classifica nazionale, si sarebbe collocata subito dopo Unicredit e Intesa Sanpaolo. Pur essendo usciti indenni dagli stress test della Bce, i vertici della banca modenese avevano ipotizzato di giocare d’anticipo sul risiko che inevitabilmente dovrà mettersi in moto a valle delle pagelle di Francoforte. L’epicentro delle grandi manovre potrebbero essere Mps e Carige, bocciate al test europeo e, soprattutto, la prima nella necessità di trovarsi un partner che farebbe felice Bankitalia.
Ma le onde sismiche del terremoto potrebbero propagarsi altrove. Come rivelato dal Messaggero di domenica 19 ottobre, gli scenari indicavano possibili nozze tra Mps e Ubi e tra Carige e Bpm. «Di questa ondata di aggregazioni che si immaginava per il sistema non vediamo traccia», ha detto qualche giorno fa Giuseppe Castagna, consigliere delegato della Bpm. Obiettivo, ha aggiunto, è «realizzare il nostro piano stand alone, che prevede crescite di volumi molto significative». E comunque, ha concluso Castagna, «ci interessa assistere a eventuali aggregazioni qualora dovessero avvenire».
PAR CONDICIO A SIENA
A Siena per colmare i 2,1 miliardi di deficit di capitale si è fatto ricorso a un piano basato su un aumento da 2,5 miliardi e su 220 milioni di cessioni di asset, oltre alla richiesta di mitigare di 390 milioni il gap negativo calcolato da Bce ed Eba sulle simulazioni di utili presunti delle prove da sforzo. Il piano è stato inviato alla Bce lunedì scorso e potrebbe essere esaminato dal Supervisory board mercoledì 26. «L’indipendenza della banca va riconsiderata mio malgrado», ha detto Alessandro Profumo tre giorni dopo i risultati, quando ancora gli advisor Ubs e Citi stavano considerando un piano basato sulle cessioni e su un bond ibrido. Poi la Bce, assieme a Bankitalia, avrebbe spinto per un’operazione di mercato che Profumo, d’intesa soprattutto con Via Nazionale, ha confezionato su una somma più alta. E c’è una motivazione. Si sarebbe preferito mettere in sicurezza la banca, dopo la restituzione del Monti bond (1,1 miliardi) per evitare che fosse facile preda senza poter negoziare nulla. Infatti, la candidata Ubi ha dettato le condizioni: sì a considerare matrimoni in Italia e in Europa, ma «noi decidiamo per noi stessi e siamo disposti solo a iniziative indipendenti, che creino valore per i nostri azionisti e non per gli azionisti degli altri. Non ci facciamo influenzare da nessuno», ha spiegato Victor Massiah. Parole dalle quali emerge chiaramente un messaggio: il matrimonio si può fare ma alle nostre condizioni, quindi eventualmente con uno spezzatino, preservando la forma cooperativa, e non perché le autorità stanno spingendo.
Oltre a Ubi, tra gli istituti interessati a Mps viene indicato Bnp Paribas che possiede Bnl. Di là delle smentite, a Francoforte l’idea di una unione tra Mps e un grande gruppo europeo non dispiace.
In Italia, invece, si vuole in qualche modo tutelarne l’identità: ed è questa la ragione per cui si farà un aumento più consistente del necessario. L’idea è mettere i vertici della banca nella condizione di scegliere senza pressioni dall’esterno. «Se ci fossero delle opportunità interessanti ci daremo da fare per prenderle in considerazione», ha detto l’ad del Banco Popolare Pierfrancesco Saviotti che potrebbe essere interessato a un pacchetto di sportelli di Siena, quelli ex Antonveneta.
STOP ALLA FONDAZIONE
Anche Carige potrebbe unirsi in matrimonio. Per il momento la banca punta su un aumento di 500-650 milioni attraverso il quale far entrare un cavaliere bianco come Andrea Bonomi ,e in un secondo tempo, progettare un’integrazione con qualche altro partner, per esempio Bpm. La Fondazione, invece, voleva capovolgere la tabella di marcia e andare dritta a una fusione. Anche a Genova, comunque, il risiko potrebbe avvenire nella seconda metà del 2015, dopo il rafforzamento patrimoniale: la pista Bpm è una delle principali, i vertici genovesi di recente ne avrebbero parlato con alcuni stakeholders di Piazza Meda.
Nel risiko potrebbero entrare altre banche. C’è l’Etruria, a prescindere dagli stress test che non ha fatto: sembra che Bankitalia abbia inviato nuovamente gli ispettori non con un intento punitivo, al contrario per aiutarli nella scelta di un pretendente che ancora non c’è. Infine, c’è la Cassa di Ferrara, commissariata e anch’essa a caccia di un partner robusto. Il giro di valzer comprenderà molti dei soggetti reduci dagli esami europei: Bper, Popolare Sondrio, Popolare Vicenza, Creval. E persino Veneto Banca, che ha superato i test, sia pure in ruoli diversi. E molte operazioni sarà il mercato a deciderle visto che è venuto meno il ruolo dirigista della Banca d’Italia.