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 2014  novembre 15 Sabato calendario

E L’ANNUNCIO SUI SOLDI CHE MANCANO PER PAGARE IL CT DELLA NAZIONALE SEMBRA SOLO UN ESCAMOTAGE PER RITOCCARE IL CONTRATTO DI CAPELLO

Mosca Avranno anche alle spalle carriere decorose nei palazzi del potere russo, ma è difficile affermare che gli uomini della Federcalcio usino il codice della diplomazia quando parlano in pubblico. Così, giorni fa, alcuni funzionari hanno fatto sapere senza giri di parole che mancano i soldi per pagare il ct della loro nazionale, Fabio Capello, e il suo costoso entourage. Forse l’uscita è buona per trattare un ritocco al contratto di Capello, l’allenatore più pagato al mondo con un ingaggio che accarezza i trenta milioni di euro di qui al 2018. Ma quelle parole sono un pessimo segno per chi guarda alla Russia e cerca di capire quant’è caro il conto della crisi, soprattutto adesso che le sanzioni avanzano.
Sinora il colpo più duro lo ha ricevuto il rublo, che perde valore da un anno e sembra destinato a seguire la stessa tendenza nei mesi a venire. Sulla strada Arbat, nel centro di Mosca, le insegne dei cambiavalute sono accese giorno e notte e non portano buone notizie al Cremlino. A marzo bastavano 40 rubli per acquistare un euro, oggi ne servono 58. Un grosso affare per quelli che hanno investito una parte dei risparmi sull’euro o sul dollaro quando le quotazioni erano più basse - e sono parecchi ad averlo fatto in Russia, perché la grossa crisi che ha colpito le banche alla fine degli anni Novanta è un ricordo piuttosto vicino per molti. È normale, questo trend può avere effetti gravi sull’industria, soprattutto sul lungo periodo. Ma per il momento Bank Rossii, la Banca centrale guidata da una donna, Elvira Nabiullina, ha evitato gli interventi estremi, puntando una minima parte delle riserve di stato sulle operazioni per ridurre la distanza con le valute straniere. Segno che il rublo debole non spaventa troppo gli economisti vicini a Putin.
E la cerchia attorno al presidente non pare impensierita neppure dal prezzo del petrolio, che è calato negli ultimi mesi sino alla soglia degli 80 dollari a barile. Le materie prime sono la vera industria russa, il commercio di greggio e gas naturale rappresenta la voce più importante nel bilancio pubblico. Lo sviluppo impresso al settore negli ultimi anni permette di estrarre e di vendere a prezzi bassi, molto bassi rispetto ad altri mercati, conservando margini di guadagno elevati. Il barile a 80 dollari può mandare fuori mercato le società di medie dimensioni che si sono arricchite con la rivoluzione dello shale gas e del tight oil negli Stati Uniti, non certo i giganti russi o sauditi, che possono anche conquistare nuovi mercati in una fase come questa. La Russia non è certo in bancarotta, sostiene Masha Lipman, analista fuori dal giro del Cremlino (fra le sue pubblicazioni ce n’è una firmata assieme all’ex ambasciatore americano a Mosca, Michael McFaul). Il governo può contare su riserve che valgono 455 miliardi di dollari, e quel che più conta il Paese è unito attorno al suo leader, attorno a Putin e ai suoi consiglieri. A fine settembre la Duma ha dato il via libera definitivo al bilancio senza grosse modifiche rispetto agli anni passati. Il budget a disposizione della Difesa cresce come stabilito e salgono anche le risorse per le politiche di welfare. Secondo il ministero dell’Economia, il prodotto interno lordo crescerà quest’anno dello 0,5 per cento, meno delle stime calcolate all’inizio del 2014, ma più di molti paesi europei. Oggi le sanzioni degli Stati Uniti e dell’Ue per la crisi in Ucraina fanno più colpo sui quotidiani europei che sulle strade russe, dove i prezzi aumentano seguendo tassi d’inflazione regolari ormai da anni, e la maggioranza dei cittadini resiste senza drammi alla carenza di formaggi francesi o salumi italiani nei supermercati - altro effetto delle sanzioni, questa volta sanzioni russe nei confronti dell’Europa.
Dopo la guerra economica con l’Occidente, il governo ha modificato con rapidità la politica estera, allacciando rapporti sempre più stretti con la Cina - oggi primo partner commerciale di Mosca - ha tassi di crescita favorevoli e posizioni simili a quelle del Cremlino su molti dossier internazionali. In Russia i soldi ci sono ancora, ma si spendono diversamente rispetto al passato. E questo è un cattivo segno soprattutto per Capello e per i suoi aiutanti.