Alessandro Marzo Magno, Corriere della Sera - La Lettura 16/11/2014, 16 novembre 2014
GHIOTTI DI CACAO, DAGLI AZTECHI AGLI YANKEE
Gli Aztechi consideravano i semi di cacao tanto preziosi da usarli come moneta. E, come ogni moneta che si rispetti, veniva falsificata. Gli archeologi ritrovano qua e là in Messico tesoretti che non sono quel che sembrano: antichi contraffattori avevano prodotto in ceramica imitazioni perfette dei semi di cacao.
La bevanda ottenuta da quei semi, la cioccolata, era riservata all’imperatore Montezuma, alla corte e ai sommi sacerdoti. Questi ultimi si facevano un po’ di cacao prima di strappare i cuori ancora pulsanti ai prigionieri destinati al sacrificio. Il capo dei conquistadores , Hernán Cortés, nota il cacao e riferisce che «ridotto in polvere lo usano in luogo di vino». Ma non è che lo strano intruglio, rigorosamente con la schiumetta, scrupolosamente rigirato con cucchiaini d’oro o d’argento prima di essere bevuto, susciti grandi entusiasmi al di qua dell’Atlantico. L’esploratore milanese Girolamo Benzoni nel 1565 lo liquida così: «Più pare beveraggio da porci che da uomini». Gli spagnoli però se ne innamorano e diventano ghiotti di cioccolata. Tengono segreta la ricetta per tutto il Cinquecento tanto che quando gli olandesi catturano e saccheggiano le navi iberiche, gettano in mare i pani di cacao, ignorando cosa siano. Ciò non impedirà loro di diventare poi i maggiori importatori del disprezzato cacao.
Intanto papa Pio V, siamo nel XVI secolo, deve rispondere a una domanda posta dai domenicani: la cioccolata infrange il digiuno quaresimale? La risposta è negativa e il seme americano si diffonde liberamente. Ma non senza contrasti: nella Francia del Settecento si riteneva che i «figli della cioccolata» nascessero scuri come il cacao.
La cioccolata diventa bevanda dell’aristocrazia, in contrasto con il più economico caffè, apprezzato dalla borghesia. In Italia si diffonde attraverso le città commerciali: Genova, Firenze, Venezia. Ma saranno gli inglesi, a inizio Ottocento, a produrre cioccolato solido, in forma di tavolette, mentre a Torino ci si dedicherà all’arte cioccolatiera. La scarsità di cacao in età napoleonica porta i piemontesi a produrre un cioccolato economico, usando nocciole macinate. In tal modo il consumo di cioccolata non sarà più tipico di una classe sociale, ma si legherà all’infanzia e ai suoi piaceri.