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 2014  novembre 15 Sabato calendario

«VIVO BRACCATO PER I DEBITI, SONO SFINITO NON POTEVO METTERE IN PERICOLO FIORELLO»

Baldini, perché ha lasciato «Fuoriprogramma», su Radiouno con Fiorello?
«Non avevo scelta».
Sicuro, non aveva scelta?
«Sicuro. Non devo e non posso andare a fare il programma. Non sono in grado di sostenere un ruolo impegnativo, ma soprattutto metterei a rischio le persone».
Qualcuno di pericoloso la cerca? Potrebbe fare del male a lei e a chi le sta vicino?
«Non sono banditi, sono persone esasperate che rivogliono i loro soldi. Ricevo 150 telefonate al giorno, mi citofonano, mi stanno addosso. Non posso più lavorare».
Ma perché non può continuare a lavorare con Fiorello?
«Perché potrebbero arrivare lì e fare una piazzata tremenda. “Fuoriprogramma” non si registra in uno studio, ma in un bar in mezzo alla strada. Troppo pericoloso».
Fiorello che le ha detto?
«Che gli dispiace, che non dovevo mollare perché finché non ho continuità sul lavoro non ne esco. Ed è vero».
Quindi?
«Quindi non ne esco».
Marco Baldini risponde al telefono con voce bassa. È lucido, non si fa sconti. Sta vivendo una situazione drammatica. Ha molti vecchi debiti di gioco e non ha i soldi per pagarli. Davanti a sé ha il baratro, ma è rassegnato. Dorme nella stanza di un amico. Lavora due ore al giorno. Poi, vive braccato.
Non c’è via d’uscita?
«No, non c’è. È un cane che si morde la coda. Dovrei lavorare tantissimo per poter pagare i debiti, ma non sono in condizioni di poter lavorare».
Lei ha giurato che non gioca più dalla fine del 2008.
«È vero, lo confermo, anche se persone cattive sostengono il contrario».
Perché allora ha ancora tutti questi debiti?
«Nel 2011 ho perso il lavoro. Per due anni sono stato fermo perché Fiorello era fermo. E lì i debiti sono aumentati perché non avevo entrate. Ora non riesco più a far fronte a tutto».
Ci sarà un modo per risolvere la situazione
«Se qualcuno me lo indica... Ci vorrebbe solo che qualcuno si fidasse di me, pagasse i miei debiti e investisse su di me per progetti lavorativi futuri»
E non c’è nessuno?
«Nessuno ha nè voglia, nè coraggio. E non lo biasimo. Chi vorrebbe darmi una mano non ha i soldi, chi ha i soldi non mi dà una mano».
Ma quant’è il suo debito?
«Non posso dirlo per rispetto verso chi guadagna 1000 euro al mese».
Questo le fa onore.
«Beh, nella mia disgrazia mi considero più fortunato di chi è stato licenziato e ha tre figli da mantenere».
Lei fa anche un programma su RadioRadio, una emittente romana, vero?
«Sì, lì sono solo, in un ambiente protetto, ma non guadagno moltissimo. E comunque prima o poi verranno a cercarmi anche lì. Finora hanno minacciato di venire da Fiorello, ma verranno ovunque».
Queste persone proprio non molleranno?
«No, alcuni sono ex amici, impazziti di rabbia, hanno bisogno di quei soldi. Sono disperati, piangono, urlano, non si rassegnano. I creditori non mi danno tregua. La mia vita è un inferno».
Che vita è?
«Quella di un uomo sfinito»
Ha paura?
«Con la paura ci si abitua a vivere. Io sono solo sfinito. Quando mi sveglio alle sei cominciano le telefonate, le urla. E so che sarà così fino alla notte. Prima o poi dovrò smettere di lavorare completamente anche perché non ce la faccio più con la testa. Ho 55 anni, il mio fisico non regge. Mi verrà un infarto».
Chi c’è vicino a lei ?
«Qualche amico e la mia ex moglie: mi sono separato per non rovinarle la vita».
Si aspettava aiuto da qualcuno che non gliel’ha dato?
«Tanti amici mi hanno voltato le spalle. Tanti che in tempi belli, mangiavano e bevevano con me».
Neppure un progetto?
«Artisticamente ne ho tanti, ma li troveranno tutti nella scatola nera quando smonteranno il mio corpo. Per il resto non faccio progetti oltre l’ora».
Quante bugie ha detto?
«Quando son disperato dico: “Prossima settimana ti ridò i soldi” anche se so che non è vero. Lo faccio per respirare».
Ha bussato proprio a tutte le porte possibili? Ha proposto programmi in radio e tv?
«Altroché, ma tutti mi dicono “Non è il momento”».
Ha un rimpianto?
«Sì. Era l’aprile del 1991. Avevo 40 milioni (di lire) di debito. Valerio, un amico di Cecchetto, me li ha prestati. Metà li ho usati per i debiti, metà li ho giocati. Da lì è nata tutta la tragedia. Quella è la pallina di neve che è diventata valanga. L’errore più grande della mia vita».