Fausto Nicastro, il Fatto Quotidiano 16/11/2014, 16 novembre 2014
VIVERE DA BOSS NELLA VILLA DEI CORLEONE
Si deve presentare un’offerta che non si può rifiutare per acquistare la villa di Don Vito Corleone. Più precisamente servono 2,9 milioni di dollari. Questo è il prezzo fissato dall’agenzia immobiliare che gestisce la vendita del 110 di Longfellow Avenue a Staten Island, New York, entrato nella storia del cinema per la lunga sequenza dedicata al matrimonio della figlia del Padrino. Le suggestioni cinemafiose, però, non finiscono qui. A curare la transazione sarà, infatti, Joseph R. Profaci, pronipote del boss Joe Profaci, emigrato da Villabate, a New York negli anni venti e conosciuto come il “re dell’olio d’oliva” che importava dalla Sicilia. La figura di Joe, mafioso in carne e ossa, è stata fondamentale tra quelle che hanno ispirato Mario Puzo per delineare il personaggio poi interpretato da Robert De Niro e Marlon Brando nel film di Francis Ford Coppola, vincitore di tre Oscar. Non a caso, l’autore ha scelto come attività di copertura per i loschi affari del Padrino la “Genco olive oil import Company”, dal nome di Genco Abbandando, braccio destro di Don Vito. Oggi Joseph Profaci junior tiene in mano gli affari della famiglia divisi tra importazione di olio e immobili di lusso ma, a differenza del nonno, senza mitra di mezzo. L’agiatezza in famiglia certamente rimane ma i tempi degli sfarzi del matrimonio della zia Rosalia con Salvatore Bonanno sono lontani. Quell’unione, davanti a tremila facoltosi invitati, sigillava l’alleanza tra i Profaci e la potente famiglia mafiosa di Joseph Bonanno e ispirò Coppola per i dieci minuti di pellicola dedicati alla festa per il matrimonio di Connie Corleone. Ma oggi è un’altra storia. A differenza dell’altro ramo della famiglia, gli eredi del re dell’olio non hanno problemi con la giustizia e si dicono “lontani da quel passato”. La casa del Padrino, costruita nel 1930 nel quartiere Todt Hill, fu scelta dopo un sopralluogo dell’attore italo americano Gianni Russo, nato a Palermo ma sempre vissuto a Staten Island, che nel film interpretava Carlo Rizzi, il genero di Don Vito.
La facciata, i giardini e le piscine sono quelle ritratte nel 1972. Per le scene degli interni, invece, il regista Francis Ford Coppola utilizzò un altro stabile. Per questo l’attuale proprietario, dopo aver comprato la villa nel 2012 per 1,7 milioni di dollari, ha messo in atto una grande ristrutturazione per rendere gli interni quanto più somiglianti possibile a quelli del film. Cinque camere da letto, sette bagni, una palestra, quattro garage, due uffici e una piscina, ma “la chicca è una porta di legno al primo piano, che sembra l’ingresso di uno speakeasy (i bar clandestini durante il proibizionismo) e conduce a una cantina con un pub, camino in pietra e sala giochi”, dice Profaci rimarcando lo spazio ricreativo tutto maschile che gli americani chiamano “man cave” e non fanno mai mancare anche nelle abitazioni più comuni. Vivere come boss, o almeno in una villa da boss, è una moda che non passa mai in un Paese che nell’architettura non fa della sobrietà la sua bandiera. E la California è lo Stato giusto. Qui è stata messa in vendita per 115 milioni di dollari la Legendary Beverly House famosa, nello stesso film, per la scena della testa mozzata di un cavallo fatta trovare nel letto del produttore Jack Woltz. A Montecito, invece, vendesi la reggia di Tony Montana, protagonista di Scarface, prezzo 35 milioni di dollari, non trattabili, proiettili esclusi.
Fausto Nicastro, il Fatto Quotidiano 16/11/2014