f. ramp., la Repubblica 16/11/2014, 16 novembre 2014
IN POSA PER RITROVARE IL SORRISO ECCO LA DIPLOMAZIA DEL KOALA
BRISBANE.
«Chiamatemi Tony». Il premier australiano Abbott ci prova, a distendere il clima. Nel barbecue di sabato, all’aperto, invita gli altri leader del G20 a usare i nomi di battesimo. In inglese, visto che non esiste il “lei”, è l’equivalente di darsi del tu. Un vecchio rituale, già collaudato, con risultati alterni. Abbott ci aggiunge la diplomazia del koala. Tutti i leader vengono sottoposti a una foto con il simpatico animale, simbolo dell’Australia. Ci sarebbe anche il canguro, ma ha un carattere più ruvido e soprattutto dimensioni ingombranti: sarebbe lui a prendere in braccio la Merkel, non viceversa. E insomma tutti fanno buon viso al gioco mediatico che viene imposto, da Putin a Obama a Renzi nessuno si sottrae alla foto col koala.
La memoria è ricca di precedenti famosi, trovate d’immagine per sdrammatizzare le tensioni geopolitiche o preparare disgeli diplomatici. Il più illustre fu la diplomazia del ping pong tra Usa e Cina, che preannunciò la visita di Richard Nixon nella Pechino di Mao Zedong. Più di recente la stessa Repubblica Popolare ha usato a ripetizione la diplomazia del panda. L’animale raro e minacciato dall’estinzione, è un simbolo della Cina. Amatissimo nel mondo intero, attira le folle ogni volta che viene prestato a uno zoo. Il governo cinese ha dosato con abilità i prestiti o i doni, perfino allo zoo di Taipei (Taiwan), per ammorbidire le relazioni con altri paesi.
Meno fortuna hanno avuto diversi tentativi verso la Corea del Nord, dove gli Stati Uniti hanno saggiato di volta in volta la diplomazia della pallacanestro e quella dei violini (la Filarmonica di New York), senza sortire effetti positivi. Il koala ieri ha fatto sorridere tutti, quando i leader si sono alternati nel prenderlo in braccio per la foto ricordo. Ma quei sorrisi sono durati poco, quando gli umani hanno ricominciato a guardarsi fra loro.
f. ramp., la Repubblica 16/11/2014