Gabriele Beccaria, La Stampa 16/11/2014, 16 novembre 2014
“COSÌ GROTHENDIECK CI HA INSEGNATO UNA NUOVA MATEMATICA”
Alexander Grothendieck. Si chiama così il più grande matematico del XX secolo, morto a 86 anni, anche se pochissimi non matematici ne hanno mai sentito parlare. «In effetti ha fatto per i numeri più di quanto Einstein abbia fatto per la fisica», spiega fulmineamente Claudio Bartocci, professore all’Università di Genova. Detto in modo elementare, è il genio (il termine non è abusato) che ha aiutato gli specialisti a «giocare» con i numeri, dando loro strumenti che non avevano.
Come? «Rivoluzionando il concetto di spazio: ha offerto una nuova visione della geometria, in cui gli aspetti geometrici, topologici e aritmetici sono combinati in un insieme unico». E la rivoluzione, Stefano Marmi, professore alla Normale di Pisa, la racconta così: «Da elemento passivo, palcoscenico su cui si svolge l’azione, lo spazio si è trasformato in protagonista dell’azione. E curve e superfici diventano altrettanti punti di spazi da studiare».
Si parla di numeri e sembra di assistere a un gioco di specchi: per raccontare Grothendieck senza formule e teoremi «si ricorre alle metafore, visto il livello di astrazione del suo lavoro», aggiunge Marmi. Altissimo. Ma le migliaia di pagine delle sue ricerche sono state allo stesso tempo uno strumento operativo, più che fertile: «Un’eredità che non sta solo nel linguaggio che ci ha fornito - dice Bartocci -. Consiste in un’opera fecondamente aperta». Accanto ai problemi risolti, infatti, ce ne sono altri che aspettano soluzioni, come quello dei «motivi»: «E’ la forma più raffinata della teoria degli invarianti, uno dei grandi temi della geometria».
Grothendieck, quindi, ha dato vita a «un grandioso programma di riorganizzazione della matematica, di cui ha tracciato una serie di passi - sottolinea Marmi -. E che oggi permette congetture e scoperte prima inimmaginabili, come è bene che sia: è uno dei tratti eccitanti del genio supremo, con tempi di digestione intellettuali pluridecennali».
E non basta. Visionario e creativo, Grothendieck resta «importante per gli aspetti etici - dice Bartocci -. Autoreclusosi sui Pirenei negli Anni 80, ha enfatizzato l’importanza di una scienza condivisa, in vista di un interesse comune. È anche così che ci fa riflettere». Un idealismo che si intreccia con le applicazioni dei suoi teoremi, dalla genetica alla crittografia. «Quando mi avvicino a lui - confessa Bartocci - mi sento intimidito».
Gabriele Beccaria, La Stampa 16/11/2014