Ester Corvi, MilanoFinanza 15/11/2014, 15 novembre 2014
AFFARI A 80 DOLLARI
In discesa senza freni. Da giugno il prezzo del petrolio ha perso oltre il 30%, con il Wti (il benchmark americano) intorno a 75 dollari e il Brent (il riferimento europeo, ma non solo) caduto sotto 80 dollari al barile. Una soglia strategica che, secondo alcuni osservatori, indurrà l’Opec durante la prossima riunione prevista a Vienna il 27 novembre a tagliare la produzione, ma che secondo altri potrebbe essere nuovamente violata al ribasso, come ha spiegato venerdì 14 l’Aie (l’Agenzia internazionale dell’energia) sottolineando che, a causa della debolezza della domanda, «il calo dei prezzi deve ancora terminare la sua corsa».
All’origine del trend negativo, in uno scenario di rallentamento globale, c’è l’eccesso di offerta sul mercato dovuto alla rivoluzione shale oil nel Nord America e alla decisione di Riad all’inizio di novembre di tagliare il prezzo destinato agli Usa per destabilizzarne la produzione e l’esportazione. Negli Stati Uniti la produzione di greggio (in maggioranza derivante dai giacimenti shale) ha superato la scorsa settimana la soglia dei 9 milioni di barili al giorno (9,06 milioni, solo 500 mila barili in meno dell’Arabia Saudita), ma il Brent sotto gli 80 dollari mette in difficoltà i bilanci statali dei Paesi che fanno parte dell’Opec, portandoli ad agire a fine mese.
Un esito per adesso non scontato, ma di cui tengono conto nelle loro previsioni le maggiori banche d’affari. Gli analisti di Jp Morgan stimano Wti e Brent intorno a un valore medio di 77 e 82 dollari al barile nel 2015, dopo avere toccato minimi di 72 e 75 dollari nel primo trimestre. Più ottimisti gli esperti di Société Générale indicano nel prossimo anno il Wti a 83 dollari il barile e il Brent a 91, anche se ammettono «un rischio significativo, con una probabilità del 30-40%», di uno scenario più ribassista se l’Arabia Saudita e l’Opec decidessero di mantenere invariata la produzione nei prossimi trimestri».
Adam Longsom, specialista di Morgan Stanley, ritiene invece che i cali recenti della quotazione del greggio sovrastimino i deboli fondamentali. A suo parere l’Opec deciderà probabilmente di tagliare la produzione di circa 500 mila barili al giorno per riequilibrare il mercato nel prossimo biennio. Per la stabilità dell’organizzazione sono infatti funzionali livelli di prezzo inferiori a quelli prevalenti negli ultimi quattro anni. Con il risultato di una proiezione del Brent a 95,9 dollari nel 2015, in aumento a 98,3 nel 2016 e 100,7 nel 2017, mentre il Wti alle stesse date è atteso a quota 90,9, 93,3 e 95,7 dollari.
Il crollo dei prezzi dell’energia, sulla scia della flessione del petrolio, è una buona notizia per le vendite al dettaglio e potrebbe dare una spinta alla spesa dei consumatori durante le vacanze natalizie. Il dato più recente sulle vendite negli Usa, che sono il Paese che trae maggiore vantaggio dal trend al ribasso del greggio, dimostra che la ripresa sta guadagnando forza, ma nello stesso tempo il debole andamento dell’inflazione suggerisce alla Fed di essere cauta sul rialzo dei tassi.
Oltre ai titoli legati ai consumi, come la distribuzione, le bevande, i viaggi e i servizi per il tempo libero, a beneficiare del mini-barile sono anche le infrastrutture e l’aerospaziale-difesa, oltre ai trasporti, le linee aeree e l’auto. A questo proposito, gli esperti di Jp Morgan hanno individuato sulle borse europee i titoli che sono favoriti, in maniera diretta o indiretta, dalla discesa del Brent, come Air France, Lufthansa e Iag fra le linee aeree, Kuehne+Nagel, FirstGroup, Deutsche Post, Dhl e Tnt Express nei trasporti, Bmw e Daimler nell’automotive, Thomas Cook nel tempo libero, Atlantia e Vinci nelle infrastutture, Rolls-Royce, Safran, Mtu, Zodiac e Meggitt nell’aerospaziale-difesa. Nel retail la scelta cade su Inditex, Asos ed H&M, nelle bevande su Abi, Heineken, Sabmiller e Cch, mentre fra i beni di investimento i nomi selezionati sono Electrolux, Philips. Skf, Osram, Gkn, Nexans ad Prysmian. Al contrario, i titoli sconsigliati sono A.P. Moeller-Maersk nei trasporti, Renault nell’auto, e Carlsberg nelle bevande.
Per fare qualche esempio, nel caso di Philips, il target price di 27 euro implica un potenziale di rialzo del 20%. A parere degli specialisti dell’investment bank, il management si sta muovendo nella giusta direzione per creare valore per gli azionisti di minoranza (break up, ristrutturazione dei costi, focus sull’innovazione e buyback di azioni). Target price di 105 euro per Bmw, che entrerà in un ciclo di prodotto molto forte, con il rinnovo della serie 7 nell’esercizio 2015. La società continua a tenere sotto controllo le esportazioni in Cina, dando così maggiore enfasi al pricing rispetto ai volumi venduti, ma fra i gruppi di alta gamma resta quello meglio posizionato per beneficiare della crescita del Paese della Grande Muraglia. Nel caso di Atlantia, l’indebitamento netto e il free cash flow continuano a migliorare, mentre gli investimenti sul capitale sono in calo del 20% rispetto a un anno fa. A Piazza Affari il titolo ha garantito un ritorno totale del 21,3% negli ultimi 12 mesi.
La caduta del prezzo del greggio ha invece trainato al ribasso di oltre il 20% le quotazioni dei gruppi petroliferi mondiali. Le prospettive del Brent continuano a essere molto incerte ma, secondo gli analisti di Morgan Stanley, la debolezza dei titoli può essere una buona occasione per fare acquisti mirati, selezionando le compagnie che oltre a un profilo di crescita nel business upstream (esplorazione e produzione) hanno valutazioni borsistiche attraenti, come Galp Energia, Tullow Oil. EOG Resources, Noble Energy, Anadarko. Devon Energy e Hess, che hanno un potenziale di rialzo superiore al 35%. Infine sotto forte pressione anche le società che si occupano di servizi petroliferi, dove si aspettano nuovi accordi, dopo la notizia che Halliburton è in trattativa per comprare la rivale Baker Hughes, dando vita a un gigante da 70 miliardi di dollari.
Ester Corvi, MilanoFinanza 15/11/2014