Paolo Siepi, ItaliaOggi 15/11/2014, 15 novembre 2014
PERISCOPIO
Boffo, Luxuria... Ma che è, il Cei pride? Maurizio Crippa. Il Foglio.
Napolitano potrebbe dimettersi a fine anno. Vuole fare l’esperienza dell’Erasmus. Spinoza. it.
La giustizia è: 1) secondo i profeti: a ognuno secondo i suoi meriti morali, e la attua Iddio; 2) secondo il liberale, la giustizia è: a ognuno secondo i suoi meriti economici, e si attua automaticamente attraverso il libero gioco delle forze economiche (in teoria, si intende); 3) secondo il socialista, la giustizia è: a ognuno secondo i suoi meriti di lavoro; 4) secondo il comunista, la giustizia è: a ognuno secondo i suoi bisogni (sempre, si intende, in teoria), e la attua lo Stato. Augusto Guerriero, Tempo perduto. Mondadori, 1959.
Soffriamo di discontinuità, non di un eccesso di continuità. La nostra malattia sta nell’incostanza, in un umore volubile e nevrotico che si riflette sulle stesse regole del gioco e, in conclusione, ci impedisce di giocare. Un solo esempio: la legislazione elettorale. In Germania si mantiene inalterata dal 1953; in Francia il doppio turno risale addirittura alla monarchia orleanista; nel Regno Unito la formula è ancora quella del 1832; gli Usa hanno scelto l’uninominale nel 1842, e da lì non si sono mai schiodati. In Italia, viceversa, abbiamo fin qui sperimentato 12 sistemi elettorali e, con l’Italicum stiamo ancora pasticciando. La legge elettorale reclama stabilità, come i matrimoni: non puoi divorziare a settimane alterne. Sabino Cassese, Governare gli italiani. Il Mulino.
Gli italiani sono stati a lungo, e incomprensibilmente continuiamo ad essere, orgogliosi di un tessuto industriale parcellizzato, quello delle piccole e medie imprese, pmi. Siamo stati così bravi a venderlo («il capitalismo dal volto umano» e altre scemenze) che anche Clinton veniva a Modena per studiarlo. Salvo poi continuare, loro, a puntare sulla grande industria. Come si può competere nella globalizzazione con unità produttive da una dozzina di persone? Finché potevamo svalutare la lira, funzionava. Poi, non più. Marcello De Cecco, Ma cos’è questa crisi. Donzelli.
La Biblioteca nazionale di Roma si mette in chiusura ridotta a metà luglio: la chiusura diventa totale nelle due settimane centrali di agosto. Se l’identità di un paese si vede anche dai dettagli, questo piccolo fatto ci dice molto di ciò che siamo, sulle nostre peculiarità rispetto alle altre nazioni europee (la British Library di Londra e la Biblioteca National de España, di Madrid ad esempio, chiudono solo un giorno in agosto). Questo fatto conferma, come in tanti altri campi della pubblica amministrazione (dalle biblioteche alle scuole) chi vi lavora antepone spesso le sue esigenze a quelle degli utenti, incurante di ogni critica. Giovanni Belardelli. Corsera.
Così s’è fatto il 1911, e quando siamo stati a settembre, l’Italia ha dichiarato guerra alla Turchia per andarsi a prendere la Libia. Cinquant’anni prima eravamo ancora tutti divisi (cento staterelli in cui, dall’uno all’altro, ci voleva il passaporto) e tutti gli stranieri che venivano in Italia la facevano da padroni. Lo zimbello d’Europa eravamo. E neanche cinquant’anni dopo diventavamo una potenza che andava a sfidare la Turchia e a colonizzare l’Africa. «La Libia!». Lasci stare quindici anni prima (quando avevamo provato a prenderci l’Etiopia la prima volta) gli abissini ci avevano fatto scappare. Ad Adua nel 1896 (loro con le frecce e le lance, noi con i fucili e le mitragliatrici) ci hanno sterminato. Seimila i morti. E adesso ci andavamo a rifare in Libia. Antonio Pennacchi, Canale Mussolini. Mondadori. 2010.
Marzo 1944. Giancarlo Dosi Delfini, il capo incontrastato della mia cricca fin dall’adolescenza è venuto da Como per incontrarmi in casa di Scipione. È stato, nella prima Apocalisse, famoso come alpino e come granatiere, quattro volte gravemente ferito. Proposto per la medaglia d’oro. Nella vita civile non si è smentito: direttore generale amministrativo della Snia Viscosa, si è dimesso burrascosamente per non collaborare con i tedeschi, ed è, più o meno, alla macchia. Ci siamo trovati perfettamente d’accordo sull’atteggiamento politico da assumere: non con i tedeschi né coi repubblichini, ma neppure, in definitiva, con gli alleati e i badogliani! E cercare di superare questa fase mortale per poi cercare gente meno infida con cui mettersi al lavoro di ricostruzione. Ci siamo felicitati reciprocamente per l’identità di vedute. Probabilmente, in cuor nostro, ne eravamo sicuri. Paolo Caccia Dominioni, Alpino alla macchia. Gallotti Editori in Milano, 1977.
Certo, la ragion di Stato che impone di negare una guerra già in atto, quella in Ucraina, e non tollera di farsi contraddire. «Sciocchezze, provocazioni», replicano i vertici militari russi. Ma le parole di quelle madri sul web si fanno sentire, con la incoercibile forza della verità. Cercano Alexander e Maksimov e Leonid, le cui date di nascita sono le stesse dei nostri figli ventenni. Non restavano mai, dicono, una settimana senza chiamare casa. Sono feriti forse? O, se sono morti, possiamo venire a portare via il loro corpo? Come ha chiesto, in un appello alla tv ucraina, una di queste donne. Contro a quel loro dolore, il nulla. Marina Corradi. Avvenire.
Sulla tomba di Jorge Luis Borges a Ginevra ci sono due scritte. La prima: «And ne ferhtedon na» è in antico anglosassone e significa: «E che non temessero». La seconda è: «Ann Tkr sverthit Gramok leggr i methal theira bert» che vuol dire: «Egli prese la spada, Gram, e la collocò tra di loro sguainata». Jeorge Luis Borges e Maria Ester Vàzquez, Letterature germaniche medioevali. Adelphi.
Indro Montanelli era fragile, spaventato, insicuro, a quarant’anni come a vent’anni, quando confessava al suo vecchio professore di liceo: «I fischi mi fanno paura». Paolo Di Paolo. Il Foglio.
Due fidanzati vanno insieme a confessarsi. S’inginocchia lei. Per dieci minuti buoni. «Bla-bla-bla-bla-bla..» Poi è la volta di lui. S’inginocchia. Si fa il segno della croce, e chiede subito la penitenza. «Ehi», esclama il prete, «e i peccati?». E il giovanotto: «Ma come. Non glieli ha già detti tutti la mia fidanzata?». Gino Bramieri, Barzellette. Euroclub. 1989.
Più che una filosofia, il comunismo è stato una ideologia. Più che una ideologia, una grande bugia. Roberto Gervaso. Il Messaggero.
Paolo Siepi, ItaliaOggi 15/11/2014