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 2014  novembre 15 Sabato calendario

BOLDRINI: “LA POLITICA LATITA E PAGANO I PIÙ DEBOLI, GLI IMMIGRATI E LE PERIFERIE”

[Intervista] –
Presidente Boldrini, in questo disastro di Tor Sapienza colpisce la totale assenza della politica. Due giorni di mutismo assoluto. Poi, il terzo giorno, arriva Borghezio. E dopo di lui, con comodo, il sindaco Marino.
«In effetti quanto accaduto a Tor Sapienza non credo che ci possa sorprendere. È capitato anche in passato. Ho lavorato per quindici anni con i rifugiati e so come funziona. Quando ero all’Alto Commissariato venivamo coinvolti dalle amministrazioni locali perché era necessario il nostro “ruolo terzo” per arrivare a una mediazione più semplice. E una cosa l’ho imparata: certi conflitti tanto più si verificano quanto più i territori sono fragili e non consentono alle persone di vivere in condizioni dignitose».
Perfetto. Ma se è il governo a teorizzare l’inutilità dei corpi intermedi (dai sindacati ai partiti) non è più facile che le tensioni si moltiplichino?
«Di sicuro questo di Tor Sapienza è una caso in cui l’intermediazione è necessaria. Anzi, se fosse costante non ci sarebbe alcuno sfogo violento. Mi viene in mente, per esperienza personale, il caso di Castel Volturno, dove i casalesi uccisero sette migranti davanti a una sartoria. Allora il ruolo dei sindacati e della Caritas fu importante. L’intermediazione fa parte della democrazia. Ci deve essere sempre una forza cuscinetto. Altrimenti si va allo scontro diretto».
Provo a chiederglielo in un altro modo: se la politica valorizza i corpi intermedi anziché svalutarli, non ne guadagna la pace sociale?
«Guardi, la politica è un concetto astratto. Ognuno ne vive una dimensione. Per me è la capacità di farsi carico delle questioni e di trovare una soluzione. Io non la vivo in termini di vittoria e di sconfitta. Avere trasferito 45 ragazzi da Tor Sapienza non ha fatto vincere nessuno».
Portare i ragazzi ad Acilia, dove la gente è già scesa in piazza per protestare, non ha peggiorato le cose?
«Io osservo solo che i territori fragili non possono essere portati all’esasperazione. Ogni peso aggiuntivo può essere la goccia che fa traboccare il vaso. I ragazzi spostati da Tor Sapienza non hanno avuto alcun ruolo nell’episodio di tentata violenza che ha scatenato la rivolta. Li hanno fatti diventare i capri espiatori di una situazione difficile. Ma il sindaco Marino ha detto di avere avviato una piano di riqualificazione del quartiere dal punto di vista sociale, ambientale e della sicurezza».
Il sindaco Marino è stato travolto dai fischi.
«In questi casi non ti stendono mai tappeti rossi».
Magari se ti presenti un paio di giorni prima ne prendi meno.
«Certe situazioni rischiamo sempre di degenerare. Nella mia precedente attività ci chiamavano appunto per “detonare”. Eravamo il corpo intermedio di cui si parlava prima. Il problema vero è il degrado della zona. Il presidente del Municipio mi ha detto che i problemi, a cominciare dallo spaccio, sono antichi. E che alcune reazioni non gli sono sembrate spontanee».
Nella zona ci sono infiltrazioni camorristiche. Via i rifugiati uguale meno polizia, cioè meno guai per chi vende droga.
«Non mi ha detto questo. Ma qualche dubbio su come sono andate le cose ce l’ha».
Il segretario della Lega, Salvini, è stato al centro del caso- Bologna dove è arrivato sostenendo che il Comune non deve usare soldi pubblici per i rom.
«Ciascuno ha la propria agenda politica. Io mi limito a constatare che dei centoquarantamila rom presenti da noi la metà sono italiani. Ma se anche fossero rumeni che cosa si dovrebbe fare? Chiudere le frontiere? A me sembra invece che si debbano trovare soluzioni sostenibili per tutti. Lei conosce il caso dell’Andalusia?».
No.
«Centinaia di migliaia di gitani. Che rappresentano la musica, la danza e gli antichi mestieri andalusi. Li hanno valorizzati».
Le rispondo come - vado a spanne - potrebbe risponderle Salvini: bellissima l’Andalusia, ma da noi i rom rubano sugli autobus e negli appartamenti.
«E’ come dire che tutti gli italiani sono mafiosi. Sono letture a dir poco parziali . Tornando ai rifugiati, è un fenomeno con cui il nostro Paese dovrà fare i conti molto a lungo, visti i tanti conflitti che ci circondano. Solo in Libano, un Paese di quattro milioni di persone, ci sono un milione e duecentomila rifugiati. Come se da noi ce ne fossero quattordici milioni. E invece sono settantamila. Chi ha una responsabilità pubblica deve fare ragionamenti di sostenibilità sociale».
Il problema sicurezza rimane.
«La sicurezza deve essere garantita a tutti. A loro e ai rifugiati. E’ un diritto universale. Non possiamo dare solo messaggi che creano paura».
Serve la politica, appunto, che però è sparita.
«La cosa che mi rammarica di più è che in realtà sono state fatte tante cose. Ma molto poco è rimasto. Ed è come se ogni volta dovessimo ripartire dalle fondamenta».
Ultima cosa. I ragazzi egiziani sono tornati al centro dicendo: vogliamo stare qui, tutti assieme disposti a morire.
«Mi hanno fatto venire in mente tanti giovani che ho conosciuto. Partiti a otto anni dal loro Paese e arrivati magari a Brindisi dopo dieci anni. Invecchiati, induriti. Ma noi perdiamo la nostra umanità se non la vediamo più nei loro occhi».
La paura fa diventare ciechi.
«Lo ripeto. Serve sicurezza per tutti. E serve onorare l’articolo dieci della Costituzione e i nostri padri costituenti. Diversamente restiamo succubi di un populismo che finisce per divorare il nostro dna».
Andrea Malaguti, La Stampa 15/11/2014