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 2014  novembre 15 Sabato calendario

UN PRESIDENTE BIANCO IN CAMPO BIANCO

Che Giorgio Napolitano, nonostante le pressioni di Renzi, abbia l’urgenza di lasciare al più presto è cosa ovvia. Il Tempo, il padrone inesorabile delle nostre vite, non fa sconti a nessuno e benché Napolitano non abbia fatto una sola ora di lavoro nella sua lunga vita e non abbia quindi svolto alcuna attività usurante se non per il suo didietro che si è strusciato su ogni possibile cadrega, 90 anni son pur sempre 90 anni.
Se il Financial Times ha potuto scrivere che Napolitano è “una personalità che svetta nello scenario italiano” ciò dice di per sé della mediocrità della nostra attuale classe dirigente. Per 80 dei suoi 90 anni di vita Napolitano è stato un personaggio inesistente, una suppellettile del comunismo italiano, notato solo per la sua irrilevanza. “Coniglio bianco in campo bianco” lo aveva definito impietosamente qualcuno. È nato vecchio, “nu guaglione fatt’a vecchio” aveva detto di lui lo scrittore Luigi Compagnone. Non è mai stato giovane e anche questo spiega la sua longevità non solo politica. Mentre i suoi compagni di liceo giocavano al pallone, lui partecipava ma stava a guardare. Per tutta la vita è stato a guardare. Anche, se non ci si fa suggestionare dalle apparenze, negli otto anni e mezzo del suo doppio mandato.
La cosiddetta destra lo ha dapprima avversato perché lo riteneva comunista (ma andiamo) e artefice del “golpe” che avrebbe fatto fuori Berlusconi, poi lo ha rivalutato quando, sia pur con gran circospezione, ha ricevuto al Quirinale il Detenuto. La cosiddetta sinistra l’ha sostenuto perché lo sapeva innocuo. Il Fatto Quotidiano ne ha fatto un bersaglio “da tre palle un soldo” soprattutto per quel suo monitar urbi et orbi, contemporaneamente a destra e a manca, riuscendo così a non dir nulla.
Ma questo è in perfetto “stile Napolitano” di sempre. Secondo me è stato un buon presidente della Repubblica perché chi ricopre quel ruolo deve essere come l’arbitro delle partite di calcio: meno lo si nota e meglio è. Il “coniglio bianco in campo bianco” ci ha provato a rimanere tale, sono stati i partiti e soprattutto i media a creare un personaggio inesistente e che senza il loro apporto non sarebbe mai esistito: Re Giorgio.
Adesso si tratta di scegliere un nuovo presidente della Repubblica che rappresentando l’unità della Nazione dovrebbe essere super partes, cioè di nessuna parte. Ma un soggetto del genere è introvabile in Italia.
Anche nel mondo della cosiddetta “intellighenzia” dove tutti, per opportunità di carriera, si sono messi al traino di qualche partito. Forse bisognerebbe pescare in quel che resta del nostro mondo artistico. Un Riccardo Muti che “ha bene meritato della Patria” in Italia e all’estero sarebbe l’ideale. Ma a parte che difficilmente il Maestro lascerebbe il suo affascinante mestiere per i polverosi stucchi del Quirinale, il Parlamento dei partiti non ha nessun interesse né la creatività e l’audacia per una soluzione del genere. Staremo quindi a vedere. Spero che Grillo non si incaponisca su Stefano Rodotà, che oltre ad avere 81 anni, ha attraversato l’ultimo trentennio ben imbozzolato nel Pci-Pds-Ds, un radical chic che nulla a che vedere, per quel che li conosco io, col mondo dei grillini. La sola cosa certa è che per l’elezione del nuovo capo dello Stato sarà indispensabile l’apporto del Detenuto. Una cosa che può accadere solo in Italia. Un Paese irredimibile. Per rifondarlo ci sarebbero così tante cose da fare che ormai non c’è più nulla da fare.
Massimo Fini, il Fatto Quotidiano 15/11/2014