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 2014  novembre 15 Sabato calendario

JIHAD, È OMAR IL VERO INCUBO DI MOSCA

Mosca
Giovane, viso rotondo, pelle molto chiara e una lunga, lunghissima barba rossa. È così che appare nelle foto pubblicate dai media di tutto il mondo il leader jihadista Omar al-Shishani, ovvero Omar il Ceceno, uno dei leader delle sanguinarie milizie dell’Isis di cui, secondo alcune fonti, sarebbe persino la vera mente militare. Al-Shishani, al secolo Tarkhan Batirashvili, è tornato alla ribalta delle cronache ieri quando il presidente ceceno filo-Cremlino Ramzan Kadyrov ne ha annunciato l’uccisione proprio in Cecenia postando su Instagram una foto del presunto cadavere con un commento a lettere di fuoco: “Tarkhan Batirashvili, il nemico dell’Islam chiamato Omar al-Shishani, è stato ucciso. La stessa sorte spetta a chiunque pensi di minacciare la Russia e il popolo ceceno”. L’alleato di Putin si è insomma vantato di aver annientato uno dei più temibili nemici della Russia (e non solo), ma secondo alcuni esperti la foto pubblicata da Kadyrov non prova proprio un bel niente perché era già stata diffusa più di un anno fa dall’agenzia libanese Almanar News. E Al-Shishani nonostante tutto aveva continuato a far capolino su foto e video dell’Isis dimostrando di essere tutt’altro che morto. Alcuni media arabi a maggio ne hanno annunciato di nuovo l’uccisione in un combattimento in Siria, ma si sbagliavano perchè quattro mesi dopo lui era in un video indirizzato al leader del Cremlino Vladimir Putin, in cui prometteva “la liberazione della Cecenia e di tutto il Caucaso” da parte dell’Isis. Mosca per Al-Shishani è un nemico giurato, al punto che subito dopo aver conquistato Mosul con i suoi miliziani jihadisti telefonò in Georgia al padre, Temur, di fede cristiana, per assicurargli che la Russia era uno dei prossimi obiettivi dell’Isis: “Non preoccuparti, papà - avrebbe detto il terrorista secondo Bloomberg - diverse migliaia di persone mi seguono ora, e saranno ancora di più. Avremo la nostra vendetta sulla Russia”.
Al-Shishani è nato meno di trent’anni fa nella valle di Pankisi, in Georgia, e come ricorda il suo nome di battaglia è di etnia cecena: secondo una fonte anonima citata dall’Ap, ha fatto il servizio di leva nell’esercito georgiano, ma ha dovuto lasciare le forze armate di Tbilisi per una non meglio specificata patologia. Pochi anni dopo è stato arrestato per possesso di armi, e non appena uscito di prigione nel 2010 per un’amnistia, si è rifugiato in Turchia. Tre anni dopo è in Siria, dove - accantonato il suo nome anagrafico per diventare Omar il Ceceno - guida un gruppo armato di jihadisti che si ispira ad al Qaeda: l’Esercito dei migranti e dei partigiani, che ha tra le sue file numerosi estremisti provenienti dalle repubbliche ex sovietiche: diventa il comandante militare del ramo siriano dell’Isis, di cui adesso è considerato una sorta di “ministro della guerra”. I jihadisti intanto hanno annunciato la reintroduzione del dinaro d’oro, la moneta degli albori dell’Islam. E il gruppo del nord del Sinai ha deciso di cambiare il proprio nome in “Stato del Sinai appartenente allo Stato islamico”.
Giuseppe Agliastro, il Fatto Quotidiano 15/11/2014