Riccardo Sorrentino, Il Sole 24 Ore 15/11/2014, 15 novembre 2014
CRESCITA AL MINIMO NELL’EUROZONA
La ripresa di Eurolandia è molto lenta, e anche poco convincente: continuano a mancare gli investimenti. In estate, il terzo trimestre luglio-settembre, il Pil dell’Unione monetaria è salito dello 0,2% rimbalzando dopo la crescita zero del secondo trimestre.
Non è molto, e non si può neanche essere sicuri che sia un punto di svolta. Non tutto convince, infatti, nei primissimi dati oggi a disposizione. L’istituto di statistica Eurostat, nel suo dato flash, non fornisce indicazioni su quali siano stati i contributi delle differenti componenti del Pil. Sono noti però alcuni dettagli dei Paesi membri e da essi emerge un quadro molto diversificato. Il dato più interessante è quello relativo alla Germania, che ha registrato un +0,1% dopo il -0,1% della primavera. Il paese ha quindi evitato la recessione tecnica e ha mostrato una debolissima ripresa guidata, secondo l’istituto di statistica Destatis, dalla domanda interna, e in particolare dai consumi, ma anche dal commercio internazionale: le esportazioni - che sembravano colpite dalla crisi ucraina e dalle sanzioni alla Russia - sono cresciute più rapidamente delle importazioni. In assenza di dati numerici, si può ipotizzare una forte domanda estera, oppure qualcosa di più inquietante per Eurolandia: la domanda interna, contrariamente alle attese, potrebbe non tradursi in un aumento delle importazioni. Dietro il positivo dato spagnolo (+0,5%), per esempio, si potrebbe nascondere come nel secondo trimestre un debole contributo delle esportazioni. Il riequilibrio strutturale di Eurolandia - nella quale i cambi sono fissi - passa però anche attraverso una riduzione del deficit commerciale (interno all’area) spagnolo e del surplus (interno) tedesco.
Ha molto sorpreso l’andamento della Francia, finora considerata la grande ammalata dell’Unione (dopo l’Italia...). Il suo Pil è salito dello 0,3%, anche se il dato del secondo trimestre è stato abbassato al -0,1% (da zero). In realtà quella crescita è legata a un aumento delle scorte e dei consumi pubblici (+0,8%), mentre i consumi privati, anche se più rapidi rispetto al passato si sono fermati al +0,1 per cento. Le prospettive, per Parigi, restano dunque deboli. Tra i grandi paesi, l’Italia è caduta in recessione tecnica, con il suo secondo trimestre di crescita negativa, e solo la domanda estera ha dato un contributo positivo.
Sono andati bene alcuni paesi più piccoli: l’Olanda ha registrato un +0,2% inferiore alle attese (+0,3%) e allo 0,6% della primavera ma sostenuto - caso quasi unico nella zona euro - dagli investimenti. In Grecia la crescita continua: +0,7% dopo il +0,3% della primavera e il +0,8% dell’inverno 2014. In Portogallo l’incremento del pil si è fermato allo 0,2% contro un atteso 0,4 per cento: anche qui come in Spagna il commercio con l’estero ha un po’ deluso.
Ovunque, in ogni caso, c’è qualcosa che manca, come tipicamente avviene nelle situazioni più o meno conclamate di crisi: gli investimenti. A parte l’eccezione olandese, sono risultati deboli in Germania, ancora in calo in Francia (-0,6%), sicuramente in flessione in Italia. Pesano molte cose: le prospettive piuttosto grigie sull’economia e la domanda, le difficoltà del settore bancario che ha ancora criteri troppo stretti di concessione del credito, i tassi di mercato ancora alti in alcuni paesi, una politica fiscale che ovunque dà poco spazio agli investimenti pubblici, e molto spesso un clima e una regolamentazione non favorevole alla nascita e allo sviluppo delle imprese, come ha più volte sottolineato - non a caso - il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi.
Riccardo Sorrentino, Il Sole 24 Ore 15/11/2014