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 2014  novembre 15 Sabato calendario

IN PIAZZA IL VERO AVVERSARIO È L’EUROPA

Il 23 marzo del 2002, giorno della manifestazione della Cgil al Circo Massimo sull’articolo 18, l’euro era entrato in circolazione da pochi mesi. Negli scioperi e nei cortei di ieri, 12 anni dopo, si protesta contro il Jobs act e il Governo Renzi ma l’obiettivo vero è un altro, è l’euro e l’Europa.
Quel 23 marzo di 12 anni fa, l’articolo 18 aveva in sé una forza simbolica talmente forte da creare un nuovo leader a sinistra, Sergio Cofferati, che con quella manifestazione assorbì tutta un’opposizione non solo sociale ma politica. A guidare il Governo c’era Silvio Berlusconi e il ministro del Lavoro era Roberto Maroni. Oggi il premier è Matteo Renzi – che ha vinto le primarie contro la sinistra di Gianni Cuperlo – e il ministro del Welfare è Giuliano Poletti che viene dalle cooperative rosse. Un quadro totalmente cambiato che ha spinto a una mediazione sull’articolo 18 con gran parte della minoranza Pd. Cade così un elemento identitario della sinistra con un effetto di disorientamento politico e culturale anche nel campo della destra.
Il mercato del lavoro era ciò che distingueva i due avversari ma ora Renzi assorbe temi che erano nel Dna del centrodestra. Tant’è che Angelino Alfano sottoscrive l’accordo in breve tempo e a Forza Italia non resta che negare passi avanti sulla modifica dell’articolo 18. Un gioco di rimessa ma senza che venga opposto un simbolo altrettanto chiaro tale da segnare un confine politico.
Un altro simbolo però già si intravede anche se non è ancora compiutamente declinato da tutti. È l’Europa. La battaglia di Matteo Salvini è chiaramente anti-euro e con questa vuole scalare il centrodestra berlusconiano. Ed è anche la bandiera del Movimento 5 Stelle che ieri ha presentato in Cassazione una legge di iniziativa popolare costituzionale per indire un referendum consultivo sull’euro. Ed è spuntato qualcosa anche a sinistra con le tesi di Stefano Fassina che propone un’uscita cooperativa dall’euro dai contorni ancora sfumati. È chiaro che si va a parare lì. E che gli schieramenti più che dividersi sull’articolo 18 o sulle pensioni si dovranno dividere sulla "fonte" di tutte queste misure economiche: l’Europa.
Nel 2002 l’articolo 18 aveva la forza di uno spartiacque perché stava dentro un contesto tutto nazionale. Eravamo entrati solo da qualche mese nell’euro. Oggi è chiaro a tutti che la riforma del lavoro è tra le riforme che ci chiedono la Commissione Ue e la Bce. Protestare oggi contro il Jobs act senza tenere conto del contesto europeo è un nonsenso. Esattamente come la battaglia contro la legge Fornero e il ripristino delle pensioni di anzianità, che ieri chiedeva Maurizio Landini dalla piazza di Milano. Pensioni e lavoro sono riforme che discendono direttamente dallo stare nell’Ue e dentro le regole dei Trattati che impongono vincoli di finanza pubblica.
È difficile che Maurizio Landini possa ancora attaccare la minoranza del Pd come ha fatto ieri – la mediazione sull’articolo 18 «serve ai parlamentari per conservare il posto» – senza trarre le logiche conseguenze sul quadro europeo. Su questo punto lo spazio è già occupato: sia Salvini che Grillo si sono portati avanti. Il centrosinistra andrà a rimorchio? Matteo Renzi – per il momento – ingaggia duelli a distanza con la Commissione Juncker ma non si vede ancora verso dove. Verso la violazione del 3%? E non è chiaro cosa farà la sinistra politica e sindacale che sull’anti-euro andrebbe sulle posizioni di Salvini e Grillo. Può permetterselo senza altre lacerazioni? Molto dipenderà dalle partite che si giocano nella Bce (sul QE) e a Bruxelles. Quell’esito determinerà un nuovo spartiacque.
Lina Palmerini, Il Sole 24 Ore 15/11/2014