VARIE 14/11/2014, 14 novembre 2014
APPUNTI PER GAZZETTA - GLI SCIOPERI CONTRO IL JOBS ACT
REPUBBLICA.IT
ROMA - Il giorno dopo l’accordo raggiunto all’interno del Pd sul Jobs act, mentre continua il dibattito politico, nelle piazze di tutta Italia sono andati in scena oltre venti cortei organizzati per lo ’Strike Sociale’, una mobilitazione promossa da Fiom, Cobas e sindacati autonomi, studenti e precari, attivisti per i diritti civili, esponenti dei centri sociali e delle "occupazioni culturali". A Milano la manifestazione più ampia organizzata da Fiom-Cgil, che per oggi ha indetto uno sciopero dei metalmeccanici in tutto il Centro-Nord. Dietro lo striscione ’Lavoro legalità uguaglianza democrazia, sciopero generale’, hanno sfilato uno di fianco all’altro il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, e quello della Fiom, Maurizio Landini. Scontri con feriti, lanci di petardi e uova si sono verificati durante alcuni cortei: a Padova alcuni agenti sono rimasti feriti mentre a Milano la polizia ha caricato i manifestanti.
Segnali d’apertura. E mentre la piazza protestava, sul fronte della maggioranza sono arrivati i primi segnali di apertura da Ncd che ieri aveva fortemente criticato il nuovo testo. Proprio il capogruppo Ncd al Senato, Maurizio Sacconi, che aveva definito inaccettabile la nuova versione, chiedendo un’urgente riunione di maggioranza, pena la rottura, oggi si dice ottimista: "L’accordo? Ci stiamo lavorando, non è ancora fatto, ma mi pare che ci siano tutte le condizioni per raggiungerlo. Il governo mi ha dato rassicurazioni che non vuole attenuare la portata innovativa della riforma proprio perché risulti efficace a fare lavoro e impresa". Non è preoccupato per la posizione di Ncd il vicesegretario del Pd, Lorenzo Guerini: "Il confronto è giusto. Quanto ai licenziamenti nella delega noi introduciamo un titolo, un principio, che è la modifica dell’articolo 18 per estendere i diritti anziché ridurli, poi ci saranno i decreti attuativi". Sulle proteste di oggi, Guerini ha sottolineato l’importanza di rispettare la piazza, ma anche chi non ha partecipato alle manifestazioni: "In piazza c’è una sigla sindacale, la Cgil, che ascoltiamo, ma ascoltiamo pure le sigle che non sono in piazza", ha detto. "La piazza - ha spiegato - si rispetta, le manifestazioni si ascoltano, ma noi stiamo mettendo in campo con la legge di stabilità misure che vanno a sostegno del reddito, gli 80 euro, misure che diminuiscono la tassazione così come con il Jobs act estendiamo la platea dei diritti". Susanna Camusso dice che non basta? "Ne prendiamo atto, ma il governo Renzi sta facendo uno sforzo titanico che nessuno ha mai fatto".
LA MAPPA DELLE MANIFESTAZIONI
Camusso: "La partita non è chiusa". "La partita non è chiusa, non è un voto di fiducia che cambierà il nostro orientamento, la nostra iniziativa". Il segretario della Cgil, Susanna Camusso, non arretra e risponde al premier Matteo Renzi che sul Jobs act si è detto pronto a chiedere il voto di fiducia. Applausi, ma anche qualche fischio, hanno accolto la leader Cgil sul palco in Piazza Duomo. Il segretario Cgil ’boccia’ poi la mediazione raggiunta all’interno del Pd: "Non ci pare che quella mediazione sia una risposta per mantenere la difesa dei diritti che noi facciamo. Siamo in tantissimi - ha sottolineato Camusso - e questa è la conferma di quello che diciamo da sempre: c’è bisogno di un grande investimento pubblico che crei lavoro e rimetta in sicurezza il Paese. Il governo Renzi dovrebbe decidere di investire per creare lavoro, invece che continuare in una ricetta di riduzione dei diritti". Alla leader Cgil ha risposto il presidente del Pd, Matteo Orfini: "Questa volta ha ragione @SusannaCamusso: la mediazione del Pd sul jobs act non difende i diritti. Li estende", ha scritto su Twitter.
Landini: "Renzi contro lavoratori, così va a sbattere". Quello che arriva dalla piazza, secondo il segretario generale Fiom, è un messaggio che la gente che lavora lancia al governo: "Dice che non è questa la strada e siamo pronti ad andare avanti fino in fondo. Chi è in piazza non parla solo al sindacato, ma al Paese, al governo perché devono capire che per risolvere i problemi bisogna farlo con chi lavora", ha aggiunto Landini, che ha sottolineato che le posizioni del governo sono quelle di Confindustria: "L’attacco assurdo allo statuto dei lavoratori, la riduzione delle tasse senza garanzie sugli investimenti: queste sono le richieste di Confindustria. Ma così si va a sbattere. Abbiamo offerto il dialogo a Renzi, ma lui lo rifiuta. Lui ha scelto un’altra strada, noi gli diciamo- ha concluso Landini- che c’è bisogno di unire il Paese, non di dividerlo". Anche il segretario Fiom è duro sulla mediazione del Partito democratico: "La possibile mediazione che il Pd ha trovato è una presa in giro dei lavoratori perché serve solo a quei parlamentari di conservare il proprio posto. Non serve ai lavoratori e alla difesa dei loro diritti".
L’accordo non convince. Il dibattito sul Jobs act prosegue anche all’interno del Pd: "Neanche io sono molto contenta di questo accordo. Adesso lo guarderò, ma non so se in quelle modifiche sono previste le risorse e voglio capire come viene cambiato l’articolo 18. Io credo che non andasse toccato", ha detto la presidente della commissione antimafia, Rosy Bindi. "Mi riprometto di leggere il testo - ha aggiunto - io non avevo approvato le conclusioni della direzione, se si tratta del mero recepimento e per di più senza risorse del deliberato della direzione faccio fatica a ritrovarmi in quel testo".
Un vero e proprio ultimatum arriva a Renzi da Renato Brunetta: "Caro Matteo Renzi ti sfido! Se il primo gennaio i decreti legislativi del Jobs act non saranno in vigore, ti dimetti? Gradita risposta", ha scritto su Twitter il capogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati.
Molto critico nei confronti del Jobs act il leader di Sel Nichi Vendola, che ha partecipato al corteo della Fiom: "Il Jobs act è davvero un terreno
recessivo: permangono le decine di forme di lavoro precario, c’è la possibilità del demansionamento. E sopratutto non è la risposta necessaria per combattere la crisi, servono una politica per creare lavoro nel Paese e una politica industriale che non ci sono. Per noi - ha aggiunto - non ci sono pannicelli caldi che possano migliorare quel provvedimento, e la battaglia parlamentare che condurremo nei prossimi giorni sarà in questa direzione. Anche il governo ha un’occasione di cambiare verso. Per far cambiare l’Italia. Davvero".
È sicuro, invece, che la riforma del lavoro andrà avanti il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Maurizio Lupi: "Siamo convinti che il Pd non farà alcun passo indietro. La sinistra del Pd faccia la sinistra del Pd - ha aggiunto Lupi - e si ricordi che la sfida che abbiamo davanti è quella del cambiamento. Di conservazione si muore. Altro che scioperi generali il 5 dicembre. Per cortesia: in un momento come questo noi dobbiamo tornare ad essere la locomotiva dell’Italia e dell’Europa".
Rete della Conoscenza: "In piazza 100 mila studenti e precari". Un mare di studenti e precari è sceso in piazza per lo sciopero sociale. Stando alle cifre fornite dalla Rete della Conoscenza, sono stati più di 100 mila gli studenti e i precari che hanno manifestato in oltre 60 piazze di tutta Italia: oltre 15.000 studenti che a Roma in due differenti cortei che hanno paralizzato la città, 10.000 a Milano, 5.000 a Torino e 20.000 a Napoli.
Mobilitazione in tutta Italia. A Roma in programma cinque manifestazioni. Si prevedono disagi per il traffico. Stamani tanti Super Mario, il celebre idraulico della saga di videogames, hanno occupato l’atrio dell’Acea, l’azienda comunale che si occupa di acqua e energia elettrica, per protestare contro "privatizzazioni e i distacchi". Vestiti come tanti Super Mario, caschetto rosso e chiavi inglesi, alcuni manifestanti sono entrati nell’atrio nella sede della municipalizzata al grido di "l’acqua è vita non si stacca" e "acqua bene comune".
Sciopero sociale, blitz degli attivisti-Super Mario agli uffici Acea di Roma
A Genova cinque i cortei che creano disagi alla circolazione, dalle periferie, al centro, dove, in piazza Caricamento, al Porto antico, si terrà il comizio finale. A Firenze tre cortei si sono ricongiunti nei pressi di Porta al Prato verso mezzogiorno: in tutto personale della questura stima tra 1.500 e 2.000 partecipanti.
PRESENTAZIONE DELLA GIORNATA DI LOTTA (PEZZO PUBBLICATO DA REPUBBLICA.IT IL 13/11)
ROMA - L’intenzione? Uno strike per azzerare tutto: far cadere in un colpo solo tutti i birilli che frenano la ripresa, che sviliscono il welfare state. In pratica? Oltre venti cortei in tutti Italia, azioni già da questa notte, presidi e sit-in. Il 14 novembre è il giorno dello Strike Sociale. Una mobilitazione in cantiere da alcuni mesi. Cobas e sindacati autonomi, studenti e precari, attivisti per i diritti civili, esponenti dei centri sociali e delle "occupazioni culturali". Contro il Jobs Act, contro la Buona Scuola, contro austerità e privatizzazione dei Beni Comuni. Proponendo un modello di sviluppo che è semplicemente in rotta di collisione rispetto a quello del governo Renzi. Una nuova tappa delle proteste di quest’autunno. Una tappa che le forze dell’ordine registrano come "calda".
Questione "sicurezza". Il Viminale ha giocato d’anticipo. E nella riunione, lunedì, del Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica è stato delineato uno scenario che si muove tra la "l’assoluta garanzia del diritto a manifestare e la massima fermezza nell’assicurare il rispetto della legalità". Il rischio, per le forze di sicurezza, è quello consueto: c’è il timore che piccoli gruppi di manifestanti possano far salire il livello di guardia, cercando di realizzare "azioni" in prossimità di quelli che vengono definiti obiettivi sensibili: sedi di ministeri, di enti pubblici e di banche. E gli occhi sono puntati soprattutto su Roma, dove dovrebbe concentrarsi il maggior numero di persone.
Chi manifesta? Tra gli organizzatori della giornata ci sono i Cobas, in corteo contro "le distruttive politiche di austerità della Ue e del governo Renzi", contro il Jobs Act, l’abolizione dell’art.18, la precarietà e le privatizzazioni, la legge di Stabilità e il Fiscal Compact, il blocco dei contratti nel Pubblico Iimpiego. E con richieste che vanno dall’abolizione della Legge Fornero a pensioni adeguate per tutti, dal reddito minimo garantito a consistenti aumenti di salari. Poi investimenti per scuola, sanità e trasporti e difesa a oltranza dei Beni comuni e del diritto alla casa. A Roma i Cobas partiranno da piazza della Repubblica alle 10 per arrivare, intorno alle 15, all’esterno del Miur.
Gli studenti. Mettono al centro la critica alla "Buona Scuola" di Renzi. E soprattutto mettono a disposizione la loro capacità di elaborazione e di mobilitazione. Per loro il 14 novembre significa soprattutto il giorno che precede la chiusura della consultazione online lanciata dall’esecutivo. Taglio ai fondi per l’Università, questioni relative all’erogazione delle borse di studio, l’equazione tra "edilizia scolastica e dramma". E le loro piazze non si sovrappongono del tutto a quelle dello sciopero sociale: i cortei previsti sono oltre sessanta. Molti dei quali ispirati dalla campagna "Io Volgio", una serie di cartoline in cui si misurano le differenze tra le aspettative dei ragazzi italiani e le concrete possibilità che li aspettano nel mondo del lavoro. E saranno soprattutto loro ad animare la giornata: si prevedono anche azini in notturna.
Benecomunisti. Si rispolvera lo slogan della campagna referendaria del 2011, "si scrive acqua, si legge democrazia". Ai cortei anche il Forum dei Movimenti per l’Acqua Pubblica. Commentano: "Abbiamo la consapevolezza che il Governo Renzi sta conducendo un duro attacco all’architettura sociale del nostro paese". Un attacco che passa "attraverso un processo di privatizzazione dei servizi pubblici e dei beni comuni, trasformando i diritti da garantire a tutti in un bisogno da vendere a milioni di clienti". In definitiva: la nuova Italia "che ha in mente Renzi, sono le vecchie privatizzazioni imposte con una buona dose di autoritarismo".
Cultura occupata. Dalla Fondazione Valle in giù. Le manifestazioni saranno animate dai lavoratori della cultura e dello spettacolo ormai in mobilitazione permanente da oltre tre anni. "Lavoriamo per costruire un’alternativa reale, concreta" fatta di una nuova politica per "gli spazi pubblici". Il loro è uno strike per la cultura, mosso dal rigetto verso le soluzioni immaginate dal Jobs Act di governo e dalla richiesta di "maggiore impegno per la de-fiscalizzazione della cultura". Da L’Asilo di Napoli al Macao di Milano fino ai Sale Docks di Venezia e all’Angelo Mai di Roma: in prima fila nei cortei del 14 novembre.
No Grandi Opere e movimenti per l’Abitare. L’Expo come simbolo di un modello di sviluppo che punta tutto sull’immagine e che non pensa neanche per un attimo al futuro dei lavoratori italiani. E le Grandi Opere come simbolo di un modello fallimentare. Sopratutto a Torino, Milano, Venezia, Catania e Palermo, i cortei vedranno la partecipazione di tutti quei comitati che si battono sui territori per proporre alternative concrete alla "distruzione ragionata e scientifica delle nostre risorse".
Sciopero di genere. In piazza anche le associazioni Lgbt. Che partono dai dati: "Omosessuali, lesbiche e bisessuali continuino a subire discriminazioni sul lavoro più degli eterosessuali (22,1% contro il 12,7%) e siamo costretti e costrette a dover gestire anche la crisi del maschio tradizionale, la cui perdita di centralità sociale e produttiva spesso si traduce in un aumento della violenza di genere e dell’aggressività omo-lesbo-transfobica".
I centri sociali e gli antagonisti. Notevole la mobilitazione dei centri sociali. Dai quali è partita buona parte dell’organizzazione dello sciopero. Nelle ultime ore i "Centri Sociali del Nord-Est" hanno diffuso in rete motivazioni e obiettivi della loro partecipazione. Si legge: "Scioperare il 14 novembre vuole dire questo: immaginare una città libera dalla rendita parassitaria della speculazione e dell’accumulazione finanziaria per iniziare a praticare un divenire comune della ricchezza. Il tema del diritto alla città, senza esclusioni e discriminazioni, è un’alternativa al degrado delle esistenze che ci rende precari". E dai settori antagonisti arrivano domande sulla capacità delle piazze recenti - come quella della Cgil - di rappresentare tutto il dissenso. L’intento è partire dal 14 novembre per ideare un movimento in grado di porsi come nuovo ammortizzatore sociale.
Act. In piazza anche Agire, Costruire, Trasformare la rete di comitati nata durante le recenti elezioni europee per radicare sul territorio le istanze di una nuova sinistra europea, da Tsipras in giù. E arriva da loro il versante mediattivistico della manifestazione. Dalla "Guida Intergalattica al Jobs Act" fino ai "18 punti per la riforma del lavoro". Punti che verranno diffusi nelle piazze di domani e sui quali, sperano i promotori di Act, potrebbe aprirsi un fronte comune ai movimenti di sinistra sul tema delle politiche del lavoro.
La Fiom a Milano. Anche il sindacato di Maurizio Landini sarà in piazza a Milano. "Piazze diverse, stessi temi" la posizione del sindacato. Ed è solo il primo atto: la Fiom sarà a Napoli il 21 novembre, a Cagliari il 25 e a Palermo il 27.
I cortei principali si terranno a Torino, Genova, Milano, Brescia, Padova, Venezia, Trieste, Bologna, Firenze, Pisa, Lucca, Massa Carrara, Siena, Roma, Cagliari, Terni, Pescara, Campobasso, Napoli, Salerno, Bari, Taranto, Cosenza, Catania e Palermo.
LE MANIFESTAZIONI A MILANO
Tre cortei a sfilare in contemporanea in diverse zone di Milano, fra blitz e fuori programma per le vie del centro annunciati da studenti e centri sociali. A questo, che metterebbe già così a dura prova il traffico, si aggiunge lo sciopero dei sindacati di base. E dunque trasporti e servizi comunali a rischio. Il sindaco Giuliano Pisapia lancia un appello ai milanesi per provare a scongiurare un venerdì che si preannuncia nerissimo, soprattutto per chi deve muoversi in città. "Sono certo che il senso di responsabilità di tutti, lavoratori e sigle sindacali, troverà il modo di minimizzare i possibili disagi - ha detto - senza che sia penalizzato il legittimo diritto di sciopero".
Il primo blocco della giornata di protesta su più fronti per Milano si muove da Porta Venezia, punto di ritrovo alle 9.30 della manifestazione indetta dalla Fiom nella giornata dello sciopero generale dei metalmeccanici. Cinquanta pullman dal Veneto portano oltre 2.800 lavoratori. Sfileranno insieme con gli altri fino in Duomo, dove parleranno i segretari generali della Fiom e della Cgil, Maurizio Landini e Susanna Camusso. Sul palco potrebbero salire anche i lavoratori della Scala. Allo stesso orario da Cairoli partono altri due cortei con tragitti diversi: quello della Cub e quello dello ’sciopero sociale’: gli studenti scenderanno in piazza accanto a precari e disoccupati per protestare contro il Jobs act, i tagli previsti dalla legge di stabilità e contro la riforma della ’Buona scuola’ annunciata dal governo.
Il primo da Cadorna si muoverà verso piazza San Babila. Il secondo, invece, prosegue lungo via De Amicis e via Olona, sulla circonvallazione verso piazza XXIV Maggio e poi lungo corso di Porta Ticinese e via Santa Sofia. Fino a raggiungere piazza Fontana. Non mancheranno sorprese, assicurano i ragazzi, lungo il tragitto ma non solo. E questo rischia di rendere ancora più difficile la vita a chi si muove in auto. Un primo blitz, in vista del corteo, c’è stato ieri: studenti e dei ragazzi del Cantiere hanno fatto irruzione nella sede del
comitato scientifico delle Università per Expo di via San Tommaso. Ma per oggi anche le altre organizzazioni studentesche (Retestudenti Milano, l’Unione degli studenti, Casc e studenti universitari) preannunciano una giornata di tensione. Tutto questo nelle ore in cui i mezzi pubblici non garantiscono regolare servizio: per quelli di superficie l’agitazione della Cub trasporti è prevista dalle 8.45 alle 15 e dalle 18 al termine del servizio, per la metropolitana dalle 18 in poi.
CRONACHE DAGLI SCIOPERI
ROMA - A Padova lo scontro tra manifestanti e polizia, con quattro agenti più il capo della Mobile rimasti feriti. A Pisa gli studenti provano a sfondare il cordone delle forze dell’ordine davanti al palazzo della Provincia. A Roma il blitz dei lavoratori sul Colosseo. A Napoli il blocco della tangenziale. A Milano, invece, petardi e fumogeni sono stati lanciati davanti alla sede della Borsa, a piazza Affari. Sono oltre venti i cortei organizzati in tutti Italia per lo ’Strike Sociale’, una mobilitazione promossa da Fiom, Cobas e sindacati autonomi, studenti e precari, attivisti per i diritti civili, esponenti dei centri sociali e delle "occupazioni culturali".
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A fornire le cifre della mobilitazione è la ’Rete della Conoscenza’ che parla, complessivamente, di oltre 100mila tra studenti e precari nelle piazze. Nel dettaglio, più di 15mila a Roma, 10mila a Milano, 5mila a Torino e 20mila a Napoli.
Milano. Nel capoluogo lombardo la manifestazione degli studenti e degli antagonisti si è scontrata con le forze dell’ordine che impedivano l’accesso verso il Duomo in piazza Santo Stefano. Gli studenti, schierati dietro uno striscione e con indosso dei caschetti rossi da cantiere, hanno cercato di forzare il cordone composto da agenti e carabinieri che li hanno respinti a colpi di manganello e sparando lacrimogeni. Non c’è stata una vera e propria carica: le forze dell’ordine hanno rimandato i manifestanti all’interno della piazza il corteo, ricorrendo ai manganelli. Gli agenti sono stati anche bersagliati dal lancio di oggetti e fumogeni. Gli studenti hanno riferito che 10 di loro sono rimasti feriti e portati nella vicina sede della Statale in attesa dell’arrivo dei soccorsi. Sono tre finanzieri, invece, gli agenti rimasti leggermente feriti: due sono stati colpiti a una mano e uno a una gamba per lo scoppio di un grosso petardo e sono stati portati all’ospedale di Niguarda. Qualche minuto più avanti, ancora scontri vicino all’Arcivescovado in piazza Fontana con gli studenti che hanno tentato di forzare il blocco delle forze dell’ordine e sono stati respinti.
Milano, gli incidenti al corteo di studenti e antagonisti
Roma. A Roma un gruppo di circa trenta lavoratori, con il sostegno dell’Usb, è salito in cima al Colosseo e ha srotolato gli striscioni "Io sto con Ilario e Valentino" e "No alla privatizzazione del trasporto pubblico" (video). "L’iniziativa - fa sapere il sindacato di base - è in solidarietà con i due autisti di bus sospesi dalla società di trasporti Roma Tpl dopo la loro partecipazione alla trasmissione Presa Diretta, e di protesta contro le azioni disciplinari effettuate dalla stessa società nei confronti di numerosi altri dipendenti. Si protesta inoltre contro la privatizzazione dei servizi pubblici e la prosecuzione dell’affido ad aziende che hanno dimostrato una manifesta inadeguatezza sia nella gestione dei servizi sia nel rapporto con i lavoratori". In mattinata, l’apertura del corteo, partito da piazza della Repubblica, era stato caratterizzato dal lancio delle uova contro il ministero dell’Economia. Come conseguenza dello sciopero, finora anche all’aeroporto di Fiumicino sono stati cancellati 22 voli tra arrivi e partenze. In particolare nella fascia oraria compresa tra le 10 e le 17 risultano soppressi soprattutto i collegamenti nazionali per Milano, Bologna, Venezia e Palermo.
Sciopero sociale, il corteo di Roma: uova contro il ministero dell’Economia e l’ambasciata tedesca
Bologna. Dopo il blitz notturno degli universitari agli ingressi della facoltà (foto), studenti e precari in corteo a Bologna, per lo sciopero contro il Jobs Act. Il corteo del collettivo bolognese Cas è partito da piazza XX Settembre alle 9.30. Dai viali ha tagliato via Irnerio raggiungendo via Mascarella e via delle Belle Arti. Passando da piazza Scaravilli, il corteo si è poi diretto in via Zamboni e piazza Verdi. Tornando su via Indipendenza, ha raggiunto nuovamente piazza XX settembre, dove ha protestato davanti all’Autostazione. I Cobas, invece, si sono riuniti alle 10 in piazza Re Enzo, raggiunti circa mezz’ora dopo da un altro corteo studentesco che si è diretto verso la zona universitaria. Con Cobas e studenti, anche Usb e i collettivi Labas, Tpo e Xm. Il collettivo Tpo ha attaccato, durante il corteo, manifesti con hashtag #oggiiosciopero all’ufficio tirocini di via Zamboni e alla sede di Conservice in via Alessandrini, considerati "posti simbolo dello sfruttamento e della precarietà", come hanno urlato ai megafoni i rappresentanti dei movimenti dello sciopero sociale. I cortei hanno messo in seria difficoltà, per tutta la mattina, la viabilità della città, provata anche dallo sciopero dei mezzi pubblici e da una manifestazione fieristica.
Studenti e precari in piazza: "Renzi #iononcisto"
Napoli. In migliaia a Napoli stanno partecipando al corteo che, partito da Piazza Garibaldi, ha raggiunto la rampa d’accesso della tangenziale a corso Malta, bloccando il traffico veicolare e dirigendosi verso i caselli autostradali. Tante le sigle dei sindacati di base, centri sociali, disoccupati e studenti che stanno partecipando alla manifestazione contro il Josb Act, lo Sblocca Italia e la riforma della scuola.
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Padova. Sciopero sociale con scontri a Padova. I manifestanti, circa 500, si sono scontrati con le forze dell’ordine dopo che hanno tentato di raggiungere la sede del Pd. Fra i feriti ci sono quattro agenti e il capo della squadra mobile della città veneta. A lui è arrivata la solidarietà del sindaco, Massimo Bitonci, fra i più bersagliati dalle critiche dei manifestanti. Lo scontro si è verificato vicino a piazza Mazzini quando i manifestanti hanno tentato di sfondare un blocco delle forze dell’ordine per passare davanti alla sede cittadina del Partito democratico. Il capo della squadra mobile di Padova, ha detto di essere stato colpito anche con un calcio allo zigomo mentre era caduto a terra. Il dirigente della polizia è stato trasportato al pronto soccorso di Padova per le medicazioni necessarie. Il corteo si è sciolto dopo essere ritornato di fronte alla prefettura. Grande apprensione, alla luce di quanto accaduto, per le 19 di stasera quando i manifestanti torneranno in piazza per protestare contro le ordinanze del primo cittadino.
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Pisa. Momenti di tensione tra i manifestanti del corteo studentesco e le forze dell’ordine stamani davanti alla sede della Provincia di Pisa. I giovani hanno tentato di forzare il blocco degli agenti per accedere al palazzo e la polizia ha reagito respingendoli. Nel parapiglia che si è generato alcuni manifestanti appartenenti ai centri sociali sono rimasti contusi. Subito dopo è tornata la calma. All’aeroporto, invece, circa 50 persone hanno stazionato all’interno dell’aerostazione controllate da un massiccio servizio d’ordine scandendo slogan contro la Sat, la società di gestione dello scalo, ai vertici della quale è stato chiesto un incontro per discutere delle condizioni di lavoro dei facchini e degli altri dipendenti delle cooperative di servizio.
Genova. Tolto il blocco dal casello dell’autostrada, i lavoratori dell’azienda trasporti di Genova (Amt) si sono spostati nella sede dell’azienda in via Montaldo dove hanno occupato simbolicamente gli uffici della presidenza. Una parte dei manifestanti presidia gli ingressi e blocca il traffico creando disagi alla circolazione. Alcune uova sono state lanciate contro la sezione del Pd di Sampierdarena in piazza Montano dallo spezzone della Fiom che era partito questa mattina da piazza Massena a Cornigliano. Tutti i cortei si sono poi ritrovati in piazza Caricamento per i comizi conclusivi.
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Bergamo. Momenti di tensione a Bergamo quando un gruppo ha raggiunto la sede della Cgil, facendo una deviazione dal tragitto autorizzato del corteo, e ha iniziato a lanciare uova e accendere fumogeni. Sono seguiti momenti concitati tra i manifestanti e le forze di polizia, con insulti e spintoni da parte dei giovani in corteo. La situazione si è normalizzata dopo pochi minuti. I manifestanti si sono poi diretti in via Camozzi, dove hanno lanciato alcuni palloni da calcio come forma di singolare protesta contro la sede della banca Intesa Sanpaolo che sponsorizza l’Expo. Anche in questo caso lanci di uova contro la banca e gli agenti.
Bari. Sono circa mille, secondo gli organizzatori, i partecipanti allo "sciopero sociale contro le politiche del governo Renzi" indetto anche a Bari dai sindacati di base tra cui Usb e Cobas, e dalle associazioni studentesche tra cui Uds Puglia per "dire no - come si legge in numerosi striscioni - alla precarietà". Al grido "Renzi, Renzi, vaf....", i manifestanti, tra i quali ci sono lavoratori precari, rappresentanti di ’Alternativa Comunista’ e anche alcuni migranti, stanno percorrendo le vie del centro cittadino per poi arrivare alla sede della presidenza della Regione Puglia (video).
Palermo. Lancio di fumogeni e uova durante il corteo studentesco a Palermo, partito stamane da piazza Politeama e composto da migliaia di giovani provenienti da tutte le scuole. Qualcuno indossa la maschera di Anonymus, simbolo dei movimenti di protesta di tutto il mondo. Presa di mira anche la sede di Unicredit, bersaglio del lancio di uova. La polizia monitora la situazione. La mobilitazione, battezzata ’Blocchiamotuttoday’, e caratterizzata da blocchi stradali, con conseguente paralisi del traffico in vari punti del centro, è stata organizzata dal coordinamento studenti medi in occasione dello sciopero generale nazionale, per contestare le politiche sociali e del lavoro del governo, e manifestare "la ferma opposizione alla riforma scolastica".
Torino. Si è concluso in piazza Castello, nel cuore di Torino, il corteo di studenti e sindacati di base "contro il Jobs Act e per il salario, i diritti, la libertà". Un migliaio le persone che hanno sfilato per le vie del centro scandendo slogan contro l’attuale politica economica del governo. Alcune uova sono state lanciate contro la sede del Miur, in corso Vittorio Emanuele. Un episodio isolato: il sequestro da parte della Digos di mazze, bastoni, petardi e secchi di letame, prima del via della manifestazione, ha evitato i disordini.
L’ACCORDO SUL JOBS ACT
ROMA - La fumata bianca alla fine è arrivata. Niente fiducia alla Camera sul testo del Jobs Act uscito dal Senato - che sarà comunque modificato - anche se, a stretto giro, il presidente del Consiglio fa sapere che "è possibile che ci sia la fiducia sul testo che verrà fuori dall’accordo di queste ore". E ancora: sì al reintegro per i licenziamenti discriminatori e per quelli disciplinari senza giusta causa in determinate fattispecie. Non da ultimo, maggiori fondi da destinare agli ammortizzatori sociali nella legge di Stabilità.
L’accordo tra governo e minoranza dem, dunque, è stato trovato. A questo punto, Palazzo Chigi intende bruciare i tempi. Ad annunciare l’intesa su una questione che nelle ultime settimane ha sconquassato il Pd - con l’opposizione interna pronta a dare filo da torcere e a mettersi di traverso in aula - è il presidente del Pd, Matteo Orfini, al termine della riunione che si è tenuta tra il responsabile Economia e lavoro del Nazareno, Filippo Taddei, e i membri Pd che siedono in commissione Lavoro a Montecitorio, incluso il presidente Cesare Damiano (che era in piazza con la Cgil lo scorso 25 ottobre).
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L’accordo recepisce la parte del documento della direzione Pd che impegna il governo a salvare il reintegro sui licenziamenti "per motivi discriminatori e per quelli ingiustificati di natura disciplinare, previa qualificazione specifica delle fattispecie" che saranno definite nei decreti delegati. Ma non solo. Nella mediazione, infatti, ci sarebbero altre aperture da parte dell’esecutivo a partire dai paletti alle novità sui controlli a distanza.
Da Bucarest, il premier Matteo Renzi dice: "La partita è chiusa, il parlamento voterà nelle prossime ore e dal 1° gennaio avremo chiarezza sulle regole del mercato del lavoro, minori costi per gli imprenditori, più soldi in busta paga per i lavoratori, una riduzione delle forme contrattuali. Non si tolgono diritti ma si riducono gli alibi". Con il Jobs Act si interverrà sul "meccanismo dell’articolo 18 che va finalmente superato. E’ un grandissimo passo in avanti". Ciò che sta emergendo - prosegue - è "tutto quello che è stato deciso nella direzione del Pd. Bene così, andiamo avanti" (video). Le riforme, insomma, "non si fermano più", insiste il capo del governo, allargando il discorso anche alla legge elettorale, dopo il rinnovato patto con Silvio Berlusconi, sulla quale "non c’è nessuna trattativa".
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Esplode però l’ira di Ncd che, dopo il patto del Nazareno, non ci sta ad accettare il "patto del gambero" sulla delega lavoro: le modifiche - incalzano gli alfaniani - vanno concordate anche con noi, è tutto ancora aperto.
LEGGI Emendamenti articolo 18 di G. BALESTRERI
Scontro sui tempi. Duro scontro nella conferenza dei capigruppo di Montecitorio sulla richiesta del governo di esaminare il Jobs Act prima della legge di Stabilità fissandone la votazione finale al 26 novembre: possibilità prevista per i collegati alla manovra. "Siamo davanti ad una manifestazione di irragionevolezza e di violenza del governo che intende anteporre l’esame di un collegato a quello della legge di Stabilità", tuona Renato Brunetta di Fi, bollando come "una forzatura comunque" la mediazione di Laura Boldrini. Di "sopruso" invece ha parlato Arturo Scotto di Sel.
LEGGI Contro Jobs Act ’sciopero sociale’ in 25 città
Domani primo step. Domani mattina si svolgerà la seduta dedicata all’ammissibilità degli emendamenti al ddl delega, mentre le votazioni sono in programma domenica pomeriggio. E’ questo il calendario dei lavori messo a punto dall’ufficio di presidenza della commissione Lavoro della Camera per l’esame ’accelerato’ del Jobs Act in vista del voto dell’aula di lunedì, chiamata a fissare per il 26 novembre il termine ultimo per il via libera al provvedimento.
Ok a gennaio. "La definizione, da parte del gruppo Pd della commissione Lavoro della Camera, delle posizioni che saranno sostenute sugli emendamenti alla legge delega di riforma del mercato del lavoro, rende certa l’approvazione del provvedimento nei tempi richiesti dal Governo e ne conferma i contenuti". Così il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, sul Jobs Act dopo l’accordo raggiunto nel Partito democratico. "Dall’inizio di gennaio si potrà "utilizzare il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, un contratto più flessibile sia in ingresso che in uscita, più certo e semplice sotto il profilo normativo e più conveniente, a seguito della previsione, in legge di Stabilità, della decontribuzione triennale per le nuove assunzioni a tempo indeterminato".
Ncd chiede vertice di maggioranza. "Il Pd non ha ancora la maggioranza assoluta nelle due Camere, nelle quali peraltro non è ancora stato superato il sistema paritario". Ad affermarlo il presidente della commissione Lavoro del Senato e capogruppo di Ncd a Palazzo Madama, Maurizio Sacconi, che critica la notizia dell’accordo nel Pd sul jobs act. "Nel Partito democratico - prosegue Sacconi - coabitano oggi le tesi più conservatrici con quelle più innovative e la qualità dell’equilibrio che si produce al suo interno non è per nulla scontata. Anche se sarà dirimente il decreto delegato dedicato alla regolazione del nuovo contratto a tempo indeterminato, il Nuovo centrodestra vuole discutere ora in una riunione di maggioranza le eventuali modifiche alla delega". In seguito a tali proteste, Sacconi e Nunzia De Girolamo (capogruppo Ncd alla Camera) sono stati ricevuti questo pomeriggio a Palazzo Chigi.
Altolà dal governo a Ncd. Intanto, il ministro Maria Elena Boschi, al termine della Conferenza dei capigruppo di Montecitorio, taglia corto sulle richieste degli alfaniani: "Stiamo discutendo con tutti i partner della maggioranza. Non sono necessari vertici, è sufficiente il lavoro parlamentare". E sui tempi: "Il 26 novembre la Camera dei deputati voterà il Jobs Act. Un successo per il governo che ha chiesto e ottenuto una data finale certa. C’è urgenza di ripartire con l’economia nel nostro Paese".
Mattinata carica di tensione. Una ’sintesi’ che chiude una mattinata difficile in casa dem e che era iniziata con le parole di Taddei a Omnibus, su La7, il quale aveva confermato quanto Renzi aveva già lasciato intendere in direzione Pd: di avere in serbo l’arma della fiducia sul Jobs Act, anche se restava in piedi la strada alternativa di "garantire l’entrata in vigore dal primo gennaio anche con modifiche da verificare". "La fiducia alla Camera? E’ una concreta possibilità ed è l’orientamento del presidente del Consiglio. Il dibattito è in corso ma contano i tempi e i risultati" aveva detto Taddei.
A domanda diretta sulle intenzioni del governo, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, rispondeva che suo interesse è il "risultato finale", cioè l’approvazione entro la fine dell’anno, mentre "stiamo già lavorando ai decreti attuativi, perché siano pronti entro inizio anno per chi vuole assumere". "La fiducia? Le modalità sono nella libertà del parlamento".
Ciò bastava a innescare la reazione delle varie anime della minoranza Pd, che si erano scontrate in direzione con i fedelissimi del premier anche sullo sciopero generale indetto dalla Cgil, per la reazione giudicata "eccessiva" e "offensiva" degli esponenti renziani nei confronti del sindacato. Una mattinata di contatti all’interno del Pd e con il governo per trovare una sintesi, poi la riunione con il presidente della commissione Lavoro, Damiano, e con Taddei per verificare gli spazi per modifiche, anche minime.
Infine, la fumata bianca con il capogruppo alla Camera Roberto Speranza che annunciava: "Sta terminando in questi minuti una riunione e abbiamo deciso di fare modifiche rilevanti. Il testo verrà modificato oggi in commissione, in modo da recepire i contenuti dell’ordine del giorno votato dalla direzione Pd". Per il vicesegretario del Pd, Lorenzo Guerini, l’accordo è una "buona risposta a chi voleva aprire fronti nel Pd. Il partito, dentro la sua espressione della commissione Lavoro, ha saputo svolgere un lavoro serio, un confronto di merito per un punto condiviso che responsabilmente impegna tutti". Lo stesso Guerini, però, non ha escluso che il governo possa porre la questione di fiducia sul testo che sarà approvato dalla commissione lavoro della Camera, recependo l’intesa raggiunta nel Pd (e il concetto sarà poi ribadito dal premier-segretario dem).
Prima della nuova sintesi, Stefano Fassina aveva dichiarato ad Agorà, su Raitre: "Non voterò la fiducia su una delega in bianco. Noi non vogliamo rallentare le riforme, però vogliamo migliorarle". "Siamo andati in direzione - aveva aggiunto -, qualcuno ha parlato, anche se ha avuto poco senso, ma abbiamo voluto dare ancora una volta il nostro contributo per cercare di fare le riforme, ma di farle bene. Mettere una fiducia in bianco su una delega che riguarda i diritti fondamentali dei lavoratori diventa, a mio parere, un problema di rilievo costituzionale. In un clima così complicato come quello che stiamo vivendo sarebbe una forzatura, negare la possibilità di discutere allontana ancora di più dalle istituzioni i cittadini".
Anche Francesco Boccia, deputato Pd e presidente della commissione Bilancio, a SkyTg24 aveva affermato che "se il governo Renzi porrà alla Camera la fiducia sul testo del Jobs Act, così come è uscito dalla prima lettura al Senato, cioè il testo Sacconi, e non lo modifica con la norma approvata nella direzione Pd sui licenziamenti disciplinari, io non posso votarla, sarebbe un errore. Il mondo andrà avanti, ma nella vita bisogna assumersi responsabilità".
L’affondo del M5s. "Tutti in ginocchio di fronte ai capricci del premier e all’impegno illusorio del governo di rendere operativo il Jobs Act già ai primi di gennaio. Un obiettivo impossibile al quale vengono sacrificati i tempi di una giusta discussione parlamentare sia della Delega lavoro che della legge di Stabilità". La denuncia arriva dai deputati M5s in merito alla scelta della capigruppo della Camera di anticipare il voto sul Jobs Act rispetto alla manovra. "La minoranza Pd si è piegata per l’ennesima volta ai diktat di Renzi in cambio di qualche scarabocchio su una delega che resta in bianco e dunque incostituzionale. Tutto - proseguono - si decide ancora una volta nei consessi del maggior partito italiano e negli amabili faccia a faccia a Palazzo Chigi tra il presidente del Consiglio e il pregiudicato. Il risultato? Nulla sarà approfondito davvero in parlamento, men che meno i nostri 300 emendamenti che entravano nel merito della crisi occupazionale italiana. Il parlamento è ancora una volta piallato dalla logica dell’austerity di un governo che tenta di rispondere con zelo alle diffidenze europee e tedesche con riforme che non daranno alcun beneficio al Paese e, anzi, comprimeranno ulteriormente i diritti dei lavoratori".