Sabina Minardi, L’Espresso 14/11/2014, 14 novembre 2014
PORNO PER LEI
Hai letto lo script? Cos’hai capito del tuo personaggio?», domanda la regista. Orietta, romana, lolita bionda dal look anni Cinquanta, gonna nera a ruota con bretelle, solleva gli occhiali da gatta con calcolata timidezza: «Che fa un pompino?». Marco suda, è nervoso, chiede da bere, sotto le luci giacca e cravatta diventano gabbie senza un perché: «Devo toglierli, vero?». Anche Davide, affondato da una raffica di domande più vicine ai “Comizi d’amore” di Pasolini che al riscaldamento di un casting porno, va in cerca della spavalderia perduta: è entrato parlando di scaring, la tecnica del tatuaggio che ha sulla fronte. Di colpo, sembra più Harry Potter colpito da Voldemort.
Sono giovani, carini e poco occupati. Affamati di situazioni nuove, benché già pratici di esperienze da panico morale: «Ho fatto sesso bisex e anche con trans»; «Spesso io e il mio ragazzo facciamo l’amore con altre persone»; «Lavoro con i bambini. Vorrei fare qualcosa per educarli a una sessualità più naturale. E anche per i loro padri». Generazione che non ha mai visto un porno al cinema, ma di YouPorn sa citare le categorie più stravaganti: «Il glory hole: è proprio fico».
In un vicolo del Pigneto, quartiere di Roma ad alta aspirazione di cultura underground, si fa la fila per passare dal ruolo di spettatori porno a protagonisti. Li hanno convocati da Internet, ragazzi e ragazze disposti a girare, gratis, un cortometraggio di sesso esplicito, che comporrà un’antologia dal titolo “My sex”. Progetto de “Le ragazze del porno”: registe e sceneggiatrici italiane al lavoro per promuovere una pornografia nuova, più attenta ai percorsi femminili di piacere e desiderio.
Sono Tiziana Lo Porto, Anna Negri, Roberta Torre, Regina Orioli, Titta Cosetta Raccagni, Industria Indipendente, Lidia Ravviso, Emanuela Rossi, Slavina, Mara Chiaretti. E Monica Stambrini: è lei, regista di corti e del film “Benzina”, in cerca di attori. Ed è lei a reggere la fune sulla quale avanzano in equilibrio autori e interpreti, recitanti e assistenti, gente che è lì per caso o si prepara da mesi. Tutti sospesi tra l’ambizione di volare alto e il rischio di precipitare: senso del ridicolo e volgarità manderebbero in un istante il progetto in frantumi.
«Come ti chiami, quanti anni hai, perché sei qui». Preliminari per rompere il ghiaccio. «C’è qualcosa che nel sesso ti scandalizza? Ci sono scene che ti imbarazzerebbe girare?». Lunghi silenzi, senza suspense: la risposta è no. Passepartout da disincanto assoluto: no al matrimonio, no ai figli, no alla fedeltà fisica, meglio il poliamore.
«Sono qui per dare alle donne la licenza di affrontare con serenità la loro sessualità», proclama Giulia, 28 anni, da Arezzo, motivata anche oltre il necessario. Elisa, un anno in più, gioca all’intellettuale: «Se sono fedele? Pratico il caos creativo. Credo che la libertà sessuale che passa dalle immagini arrivi meglio all’inconscio». La coppietta giovane che è venuta per curiosità, ma «per carità, non scriva i nomi o i genitori ci uccidono». La studentessa che «ho cominciato da poco un percorso» e vuole vedere dove conduce. Campioni involontari di una generazione trasversale che sfugge alle etichette, e che manderebbe in tilt più di un entomologo della contemporaneità: gente che detesta la finzione ma va pazza per i travestimenti, si scaglia contro i furbi ma usa la bellezza come scorciatoia, è convinta che uomini e donne non abbiano raggiunto la parità. E ripropone, perciò, l’idea del corpo come arma di comunicazione di massa: «Un gesto politico. Come quei totem, percing e tatuaggi, che marcano i loro fisici», sottolinea Anna Negri: «Colpisce l’atteggiamento non giudicante di questi ragazzi, che colgono al volo la nostra critica alla pornografia: priva di intimità». Anche Stambrini sostiene la necessità di rifondare il porno, all’insegna del “realismo sessuale”. Tradotto in casting: lasciate ogni machismo, voi ch’entrate.
Prima scena di “Queen Kong”, titolo che rievoca un film dei benedetti Seventies («Quando la pornografia era coraggiosa e non conformata come oggi», nota la regista»). C’è una festa. Lui è attratto da una ragazza fatale e disponibile. Si appartano, si baciano, vorticosamente si avvicinano a un rapporto sessuale. Ma l’uomo ha bevuto troppo, è un dandy esausto che non ce la fa: nella vita reale può succedere.
Il candidato attore, che solo un istante prima aveva elogiato l’idea del sesso da un’altra prospettiva, è sbigottito e in trappola: la défaillance in un film porno? Bacia, rovista nel reggiseno della partner, si dimena, e a poco servono i richiami a una minore foga. Deve intervenire, solidale, la ragazza: «Regista, garantisco io: è veramente moscio». Ferito a morte, l’uomo precipita nel silenzio. Reagisce, invece, Devis Tagliaferro, attore di teatro: lui sa stare nudo sul palcoscenico, è lì per dire che condivide il progetto, perché «è giusto, è sacrosanto, è il momento di un racconto femminile della sessualità», ma quella scena della gorilla che quasi stupra l’uomo proprio non la girerebbe mai. Eppure, il bello è lì: in una pornografia da reinventare, alla luce di immaginari e canoni estetici inediti. «Credo che il mondo della sottomissione, visto dalle donne, riservi sorprese», sostiene Roberta Torre: «Si dice che le donne ambiscano alla tenerezza, al soft porn. Vogliamo dimostrare il contrario: il sesso è una camera da letto a porte chiuse, dentro è libertà».
«Per me l’idea da indagare è come nasce il desiderio», interviene l’attrice Regina Orioli, che ha un blog di fotografia (“Mani di velluto”) con la mano per protagonista: tatto che esplora la natura, le cose, altri corpi. Fantasie in cerca di cittadinanza, che Stambrini squaderna davanti agli aspiranti attori. Raffaella, che fugge via al termine del colloquio: «Sesso vero? Non simulato? Cavolo, non l’avevo capito». Elio, 36 anni, che «per cambiare le cose bisogna cambiare se stessi». Cioè? «Giocare, osare. A me piace il sesso orale con più donne, il resto è marginale». Ionella Dantes, 25 anni, pornostar dalla Romania: «Io prima faccio sesso, poi mangio. Ho sempre saputo che da grande avrei fatto l’attrice, mia nonna me lo diceva». Fausto Moreno, romano, nome d’arte di uno che i film porno li ha fatti per vent’anni: «Ma ora me so’ stufato. Il porno ormai è diventato dozzinale, il livello intellettuale è basso, hanno ridotto i cachet. E poi non mi piace il messaggio che dà: più è squallido e umiliante per le donne, più ha successo. La verità è che riflette il mondo, che fa schifo. Perciò mi piace questo progetto». Anche Geri Del Bello, 26 anni, è un attore porno, però ora la fidanzata gli ha chiesto di smettere e ci sta pensando: «Ma ho una professionalità io, ho fatto la scuola di Rocco Siffredi, a Budapest, nella sua villa: un posto pazzesco, pieno di fighe spettacolari e di modellini di aeroplanini telecomandati: Rocco ne va matto».
La sorpresa ha un’aria spaesata e indosso i pantaloni indiani che piacciono alle militanti di sinistra radical. Si chiama Antonella, frequentava il Teatro Valle occupato, espone una teoria sulla purezza che è bellezza con l’aria di averla inventata lei. Pausa, un bicchiere d’acqua, et voilà, è già nuda: maschera da gorilla in testa e il corpo armonico e rassicurante di una poco più che ventenne. Deve muoversi come un animale in preda al desiderio, zero ragione puro istinto. «Una gatta in calore», semplifica la regista. Al via, il ruolo si impossessa di lei. Che è una persona sola ma, all’azione, sembra un’orgia: ansima, si contorce, tormenta un cuscino a cui hanno infilato una maglietta, insegue un orgasmo, getta via la maschera pelosa perché fa troppo caldo e, uno dopo l’altro, allinea un repertorio di gesti, e di suoni, strabilianti e inverosimili.
Quando ha finito, il silenzio è assoluto. Scatta l’applauso. «Il porno libera energia, la sentite? E si trasmette. Come una risata», riacciuffa il comando Stambrini. La scelta è aperta. Ma Queen Kong è già tra noi.