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 2014  novembre 13 Giovedì calendario

INTERVISTA A BELEN

E chi diavolo lo sa come faccia una tipa che si chiama Maria Belén Rodriguez Cozzani, tre nomi spagnoli, più uno italiano, a sembrare tedesca. Mistero. Ma che Belén sia teutonica, qui non ci piove. Che sfrutti il tempo fino all’osso, il lavoro fino all’osso e il proprio corpo finché polpa rimanga: «Non ho più vent’anni, ma anche a 30 posso ancora permettermi la minigonna», accidenti se è vero. Curioso incontrare un sogno. E lei lo è. Prendetemi, vi stuzzica virtuale. Un minuto dopo, finito di stuzzicare voi, passa sul palcoscenico accanto per stuzzicare altri dieci, cento, mille share. Accumula, Belén: tic-tac, tic-tac, orologio nella mano e produttività nel cervello. Invidiabile bilancio. Non è un modo di dire, che accumuli: vagheggiamenti per noi singoli, che la guardiamo, e successi per lei, che ci concepisce per grandi numeri.
Dopo di che, questa graziosissima panzer, di fragilità deve averne. Sballottata da una bellezza troppo precoce, forse. Forse. Partirsene da casa verso la prima agenzia di modelle, a 16 anni, una passeggiatina non dev’essere stata. Tanguera con la rosa tra le labbra, latina, argentinissima, e malinconica perfino al di là di quanto la malinconia della sua pampa consentirebbe. E sincera, a prima vista, orgogliosa, simpatica. E passionale, ammesso che fin qui si possa osare con una persona conosciuta per un paio di orette, ma nemmeno. Eppure fredda.
E madre attenta, pare. E ragazza assai sveglia. E furba. Per quanto, furba, non troppissimo, visto che accetterà domande su Corona, rispondendo nel modo che potrete leggere. Bon. Di Tú sí que vales, l’ultimo gran successo del sabato sera per Mediaset su Canale 5, ne sapranno piu i lettori che me. Lascio perdere. Concludendo, in premessa: mai più spedire un vecchiaccio a intervistare uno splendore come quello. Il giornalismo aulico dei fatti separati dalle opinioni, malconcio com’è, rischia di uscirne a pezzi.
Come sta?
Bene.
E ti credo.
Grazie, ho una bella famiglia.
Più tanto di quel lavoro che non si capisce dove scovi il tempo per un panino.
Me lo sono scovato.
Sa quanti calendari ha fatto negli ultimi quattro anni?
Sì, uno.
Undici: due Vuemme, Glamour, il calendario Fer, due per Max, Maxim, Tim...
Nuda, uno.
Gli altri senza cappotto, diciamo.
Mi compiaccio che sia stato notato.
«Non ho mai fatto un calendario, io» ha tenuto a sottolineare Alba Parietti.
Invece io sì, tiene a dire Belén Rodriguez. Che è meno intellettualmente impegnata di Alba.
Questo certamente.
Che mostra il suo corpo senza il birignao.
Che cos’è il birignao?
Un complesso d’inferiorità aggiuntivo, quasi sempre inconsapevole.
Penso di non averlo. E vuole che le dica?
Sì.
Non avrei da aggiungerlo a nessun altro complesso d’inferiorità. Ma lei mostra la coscia.
E bene, credo.
Pure Alba mostra la coscia.
E benissimo, direi.
Dove sta la differenza?
Lo chieda a un intellettuale, mi faccia questa cortesia. Io faccio la soubrette.
Senta qui: «Immagini che trasmettono, non solo esplicitamente, ma anche in maniera allusiva, simbolica, camuffata, subdola o subliminale, messaggi che suggeriscono, incitano, o non combattono il ricorso alla violenza esplicita, o velata, alla discriminazione, alla ridicolizzazione, all’offesa delle donne».
Che cos’è?
Il testo di una proposta di legge presentato da cinque importanti deputate del Pd, nel 2013. Al sodo: fino a 5 milioni di multa per chi utilizza il corpo della donna nella pubblicità tv o stampata.
Che grande stronzata.
Al rogo Belén con i contratti più succosi.
E al rogo Uma Thurman, Laetitia Casta, Charlize Theron, Catherine Zeta-Jones, Gwyneth Paltrow... quanta ipocrisia.
Anche la sua non scherza: ostentazione del corpo in pubblico, tradizionalismo a casa. Farfallina sullo stacco di coscia per il popolo spettatore di Sanremo, matrimonio nemmeno civile, addirittura in chiesa, tre mesi fa. Disordine morale per il marketing, ma nell’ordine privato stabilito.
Disordine morale lo dica a sua sorella. Esibisco una bellezza apprezzata, tutto qui. Insieme a un sorriso. Ma non in maniera volgare, non con tripli sensi, mai contro le donne, non a tutti i costi. Mi offro sorridendo a chi vuole guardare il mio corpo, e posso aggiungere?
Certo.
Con la mia testa. Col mio modo di proporlo. Che è mio, e non sarà magari da grande intellettuale, ma lo sento, come dire, sano. Certo il pubblico è diverso dal privato, e che discorsi, per chi non è così?
Le radici del suo privato?
Sudamericana, latina, tradizionalista.
Educazione cattolica?
Evangelista dura, ortodossa, anglicana.
Giuri.
Nessuno lo sa e a nessuno interessa, credo. Mio padre era pastore della Iglesia anglicana federal argentina. Vietato tutto. E vietatissima la minigonna.
Soffrirà, nel vedere la figlia oggi.
Contento come una pasqua. Anche mamma. Non vanno più a messa.
Vuole spiegare?
A 16 anni feci un provino, di nascosto, pubblicarono le foto, sa come sono le case di moda, era un book per indumenti intimi. La Chiesa anglicana pose l’aut aut: o fai smettere Belén, o esci tu dalla Chiesa. Uscì. Doveva averne fin qui. Era stato musicista. E bravo. Gruppo rock: Los redondidos terricotas (se ho ben capito la registrazione, ndr). Avevo un anno, quando mia madre lo sorprese a farsi una canna. Lei era rampolla di ufficiale dell’esercito. Capisce? Lo lasciò. Non sei quello che ho conosciuto. Stettero separati un anno. Per riconquistarla, papà si fece anglicano. Mica per finta, ci credette davvero, e furono anni di rigore. Ma lui era lui, e la libertà della figlia era la libertà della figlia, e mia mamma lo amava, e amava molto me. E si fidava, di lui e di me. È contenta anche lei.
La importunano per strada?
Troppo famosa, incuto soggezione. Quei pochissimi, lo fanno in segreto.
Godrà della soggezione che induce.
Non riesco.
È un potere.
Vero. Ma mi imbarazza.
Il potere piace sempre.
Anche a me. Eppure quell’esito mi provoca disagio e mi fa sentire fuori casa, in Argentina non sarebbe così, in Italia è tutto diverso. Siete magnifici tartufi voi, col Vaticano in casa.
Nel mondo tutto è diverso, cara Belén.
Cosa intende?
Questo: che lei comunica seduzione, e gioca su questo, e comprensibilmente ci lavora, e provoca grandi chiacchiere ammirate. Ma chiacchiere, non sessualità. E insieme frustrazione. Fanno molto più sesso nello Yemen, dove lei sarebbe vietata, che qui, dove una farfallina sulla coscia destra, e molto in alto, se ricordo bene, impegna il Paese in una discussione di due mesi.
Credo anch’io. Pensare che a Sanremo non ho scelto il vestito bianco.
Prego?
Ero stata in dubbio fino all’ultimo se indossare quell’altro con uno spacco che faceva paura, altro che farfallina.
Uscivamo dall’Europa.
O chissà, stavate più dentro della Germania.
Il suo è un bisogno patologico di esibizione, sostiene Selvaggia Lucarelli.
Aveva una carriera che in televisione non cresceva tantissimo.
Velenosa malignità.
Nessuna. Lo dice di tante altre. È la sua assenza di solidarietà con le donne a darmi fastidio. E dire che Selvaggia, talvolta, espone il reggiseno più del mio.
Battuta da Vladimir Luxuria all’Isola dei famosi, dev’essere stato un bello scacco.
Cento di questi scacchi. Sono diventata, da lì, un corpo anche parlante. Contratti a schiovere.
Luxuria com’è?
Una persona molto intelligente. Si adatta molto più di me ai meccanismi tv.
Cioè?
Se serve televisivamente metterti in mezzo, lei segue il consiglio dell’esperto senza guardarti in faccia. E non aggiungo altro per non sputtanarla.
Avete litigato?
Certo.
Ovviamente senza cattiveria.
No no, senza rancore, ma con cattiveria. Quando si litiga si diventa cattivi, altro che.
Quanto è ricca?
Non pagassi le tasse, moltissimo.
L’hanno beccata al valico svizzero senza passaporto. Accompagnavo un tipo che faceva tarantelle sue, non mie. Aveva detto: andiamo in Svizzera a vedere le scimmie. Le scimmie in Svizzera?
Giuro.
E il magistrato ci ha creduto?
Ha verificato e ci ha creduto, sì.
Le dice ancora qualcosa il nome di Fabrizio Corona?
Molto.
Perché non ha firmato la richiesta di grazia per lui?
Non me l’ha chiesto nessuno.
Poteva farsi avanti.
Lì per lì, non l’ho ritenuto utile.
Gli hanno dato nove anni di galera. Nessun beneficio di legge. Manco a un mafioso.
Dovevano dargli una multa salata, salatissima, ma una multa. Il carcere è ingiusto.
Ma lei non ha ritenuto utile esporsi.
Lo faccio qui. Sanno tutti che il metodo usato da Fabrizio per mettere a profitto le sue foto era tanto ambiguo quanto generalizzato. Ci passai perfino io con un altro fotografo.
Vale a dire?
Ripresero mia sorella nuda, al mare. «Diffondiamo le foto?» mi dissero. O preferite due servizi su voi due, insieme? Facemmo i due servizi.
E Corona sta dentro.
E mi dispiace.
Stefano De Martino, suo marito, ha detto: «Chiedere la grazia per Corona sembra diventata una moda». È sembrato inappropriato.
Stefano l’ha detto senza nessuna malizia. E lontano da qualsiasi cattiveria. L’hanno condannato perché ne ha fatte troppe?
No, l’hanno condannato perché di troppo aveva il carattere. Spaccone, arrogante, ultimativo. E faceva lo stronzo anche in casa?
No.