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 2014  novembre 13 Giovedì calendario

UN FISICO GENIALE

Se una squadra di luminari svedesi fosse intervenuta al convento della Minerva, il 22 giugno del 1633, Galileo non sarebbe stato costretto ad abiurare. Quattro secoli dopo hanno rimediato. E anche questa volta con un italiano vicino ai settant’anni, che al metodo galileiano si dichiara consacrato ma al quale stavolta è stata risparmiata l’amarezza di strozzare in gola il suo «Eppur si muove». Dopo anni di battaglie. La galera. Ustioni durante gli esperimenti. Centinaia di migliaia di euro investiti nell’«invenzione impossibile» (titolo di un libro dedicato alla sua utopia), Andrea Rossi da Caponago ha visto premiata la sua faustiana perseveranza. Un Prometeo che per rubare il fuoco agli dei ha accettato che l’aquila gli rodesse il fegato per vent’anni.
«Dopo 32 giorni di prova presso un laboratorio indipendente di Lugano, possiamo certificare che il dispositivo E-Cat inventato da Rossi va oltre qualsiasi fonte d’energia convenzionale finora nota» ha scritto lo scorso 8 ottobre Bo Höistad, membro dell’Accademia reale delle scienze svedese (quella che conferisce il premio Nobel in chimica e fisica, per intenderci), che ha condotto l’esperimento di verifica sul marchingegno insieme a Evelyn Foschi e Giuseppe Levi dell’Università di Bologna e ad altri tre fisici nucleari dell’Università di Uppsala. «La quantità di calore creata nell’E-Cat non è compatibile con il verificarsi di nessuna reazione chimica conosciuta» hanno sentenziato. Tradotto: Andrea Rossi ha messo a punto il primo reattore in grado di produrre energia nucleare a bassa temperatura. Un composto di idrogeno, nichel, litio, più una spolverata di catalizzatori coperti da segreto in grado di moltiplicare esponenzialmente l’energia che consumano.
Il tutto grazie all’elettricità fornita da una presa elettrica a corrente alternata, invece che dai milioni di kelvin di calore necessari a innescare le reazioni di fissione in una centrale nucleare. Un litro di miscela idrogeno-nichel contro 2 milioni di litri di benzina verde. Un congegno basato su una teoria scientifica, la fusione nucleare fredda (Low Energy Nuclear Reaction), ritenuta poco più che alchemica da larghe fette della comunità scientifica, che la osteggia e ne fa oggetto di sberleffi. «Potremmo essere di fronte a un nuovo modo di estrarre energia nucleare senza rifiuti radioattivi» ha dichiarato Magnus Olofsson, amministratore delegato di Elforsk, azienda svedese nella fornitura d’energia che ha cofinanziato il test insieme all’Accademia di Svezia e ne ha pubblicato i risultati.
«Questa è la notizia più importante dell’anno» ha scritto il premio Nobel per la fisica Brian Josephson in un’incursione polemica sul sito di Nature, sottolineando l’ostracismo decennale di cui Rossi è stato oggetto: «Il report conferma che nella macchina dell’italiano si verificano reazioni nucleari. Ma voleranno gli asini prima che questa rivista ne dia il conto che merita».
Anche Michael Nelson, a capo degli esperimenti sulla propulsione Sls (Space Launch System) presso la Nasa, ha detto: «Potrebbe essere l’inizio di un’era nuova per l’esplorazione spaziale». Dalla sua casa di Miami, viso scavato e accento milanese mai smarrito, Rossi sembra non riuscire neppure a godersi appieno la propria consacrazione: «È vero, abbiamo tenuto il profilo basso. Del resto, ci sono ancora degli aspetti teorici che vanno riconciliati» ammette, consapevole d’aver fatto funzionare una cosa senza avere in mano tutte le equazioni che ne spieghino i movimenti. «Anche la relatività di Einstein è stata considerata una buffonata per parecchio tempo. Qui non si tratta più di scienza. Si tratta di frontiera». Una frontiera che Rossi ha dovuto varcare fisicamente varie volte nella sua vita, tra arresti sul suolo italiano e viaggi in America per ricostruirsi un futuro, paese che l’ha adottato e dove tra l’altro ha depositato diversi brevetti per trasformare le biomasse in energia. Un’esistenza che pare la curva di un sismografo, raccontata ora in ogni dettaglio dalla psicologa Vessela Nikolova, che a Rossi (per ora in versione ebook) ha dedicato una biografia intitolata E-cat: il nuovo fuoco. «È un entusiasta e un introverso, un Don Chisciotte contro i mulini a vento. Geniale e pieno di volontà, in bilico tra istinto creativo e razionalità, spesso esasperato nei propositi e nella voglia di superare i limiti.
Un uomo animato da titanismo». Laureato in filosofia a Milano e poi, honoris causa, in ingegneria a Los Angeles, inizia la sua epopea imprenditoriale grazie a un brevetto industriale depositato nel 1978: il refluopetrolio. L’idea è geniale: raccogliere i rifiuti e trasformarli in olio combustibile, riproducendo in modalità compressa e iperaccelerata i processi secolari che in natura trasformano gli scarti organici in idrocarburi raffinabili. Oro nero dalla monnezza.
Straconvinto della propria scoperta, Rossi fonda Petroldragon ed esponendosi in modo vertiginoso presso le banche, per 4 miliardi di lire si compra una raffineria, la Omar di Lacchiarella, in provincia di Milano. Petroldragon, che vende il suo carburante ad aziende petrolchimiche per trasformarlo in carta e solventi, vale già 50 miliardi di lire. Improvvisamente «il voltafaccia legislativo», come lo chiama Rossi: la spinta ecologista porta la politica a cambiare le leggi e Petroldragon si ritrova a magazzino una bomba di rifiuti tossici senza le autorizzazioni per stoccarli. Tutti gli impianti vengono sequestrati, le banche chiedono l’immediato rientro e Rossi si ritrova in fallimento.
Intorno alla Omar parte il business della bonifica: 77 mila tonnellate di materiale nocivo da smaltire (processo non ancora completato) per 50 milioni di euro. Lui si ritrova incarcerato a San Vittore con l’accusa (poi azzerata in Cassazione con formula piena) di associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio di materiali tossici e 10 miliardi di debiti. «I quattro anni in carcere sono stati tra i migliori della mia vita. Un migliaio di giorni senza rompiballe che mi telefonano. Ho studiato fisica, chimica, meccanica e scritto migliaia di pagine di appunti. Sono incapace di oziare. Posso lavorare 40 ore di fila senza mangiare né dormire e non sentire la fatica. Sono molto staminico». Una stamina che l’ha portato a un passo dal compimento della sua visione: la Leonardo Corporation, società che ha fondato negli Usa, ha appena venduto la licenza per la commercializzazione dell’ECat a una start-up del North Carolina chiamata Industrial Heat. Questa società in un anno dovrebbe mettere in commercio, per 1 milione di dollari circa, il primo impianto da un megawatt realizzato con la tecnologia di Rossi. «Faremo sparire le centrali nucleari classiche». Solo parlando di Nobel, visto l’appoggio che l’Accademia svedese gli ha pubblicamente riconosciuto, Rossi si schermisce: «Chi entra papa, esce cardinale».