Ilaria Solari, Gioia 13/11/2014, 13 novembre 2014
MA COSA MI TOCCA FARE!
[Adriano Giannini]
Più che una visione, sono una via di fuga. Ma è pur sempre uno sguardo di gratitudine l’occhiata chiara e levantina che Adriano Giannini mi rivolge quando irrompo, fradicia di pioggia, nello studio sui Navigli dove è fissato lo shooting. Me la faccio bastare: dopo qualche ora sotto i flash e tra le mani delle nostre styilist, per quanto professionali e dolcissime, mezz’ora di intervista vuol dire soprattutto mezz’ora di requie dall’estenuante corvée da modello. «Posso dirlo? Non voglio sembrare un ingrato, ma le foto, i vestiti, le scarpe... la vedo più come una cosa da donne». Siamo perciò doppiamente grate di aver potuto vestire (e svestire!) Adriano Giannini in attesa di vederlo, dal 13 novembre, nei panni di un malinconico cowboy di montagna che sogna il Brasile in La foresta di ghiaccio, noir di Claudio Noce con Emir Kusturica. «Le va se cominciamo?», chiede con la stessa voce traboccante di sospiri e borborigmi che ha prestato a Matthew McConaughey nella versione italiana di True detective. «Ma fuori!», insiste. Visto che piove ostinatamente, ci accontentiamo di sederci accanto a un finestrone spalancato, lo sguardo immalinconito sulle brume milanesi. La brace della sigaretta che crepita.
Perdoni, ma da attore ci sarà abituato ai flash, ai cambi d’abito...
È diverso. Se lo richiede il personaggio, il film è una cosa. Ma fuori dal set non sono così narciso, ho qualche imbarazzo a mettermi in mostra.
Ha anche una discreta esperienza dietro l’obiettivo.
Ho lavorato come operatore per tanti anni, dai 18 ai 30, era il mio mestiere e non desideravo altro. Ho iniziato perché volevo essere indipendente, avevo una sorta di fretta: frequentavo gente più grande e vedevo che perdevano tempo. Io volevo lavorare, ne avevo bisogno, non ho mai vissuto nel lusso: i miei si sono separati quando avevo un anno, mia madre faceva la doppiatrice. Mio padre (l’attore Cioncarlo Giannini, ndr) ci aiutava, certo, ma non viveva con noi.
Quell’esperienza l’ha aiutata nel mestiere di attore?
Decisamente. Sono stato fortunato: ho fatto tutto, dai documentari ai film porno, grazie al cielo solo con donne. Soprattutto nei primi anni ero bravo, ero un mulo. Ho cominciato a fare set importanti. Quella dell’operatore è una posizione strategica: vedi il lavoro di tutti; se stai attento, lì impari moltissimo.
Come è stato passare dall’altra parte?
Anche ora, diversamente dagli attori, che lavorano con le emozioni, io ho bisogno di visualizzare la scena e i personaggi nel rettangolo dell’inquadratura. Questo mi da però spunti originali. In Senza nessuna pietà, di Michele Alhaique, mi ha aiutato a immaginare la scena più forte. E a suggerirla al regista.
Quale?
Nel film sono una carogna, un vero animale. La sceneggiatura prevedeva una scena di violenza sulla protagonista, Greta Scarano. Ma più immaginavo lui, più vedevo lei: un primo piano stretto, la mia mano che le entra nella bocca. In quel modo il mio personaggio diventava non solo una carogna, ma probabilmente anche un impotente, un perverso. Troppo hard?
Mi fa un po’ paura, Giannini.
Guardi, mi son fatto paura anch’io riguardandomi: sullo schermo la mia pelle sembrava quella di un serpente. Gli amici e soprattutto le amiche presenti hanno cominciato a guardarmi in modo strano. Ha ancora paura?
Quello sguardo ai raggi X, lo usa anche nella vita?
L’obiettivo affina la sensibilità, non smetti mai di studiare. Ora per esempio c’è una parte di me che osserva questa intervista.
Devo preoccuparmi?
Guardo solo come siano messi, i miei gesti, i suoi.
Cos’è che le donne non vedono in un uomo?
Pensano di avere tutto sotto controllo, di capire. Non è quasi mai così. Non è così che deve andare, se ci sono sincerità e onestà.
E cosa sfugge agli uomini, quando guardano una donna?
Non vedono quasi niente e forse si fanno anche meno domande.
Se le dico “crisi del maschio” che pensa?
Mi viene in mente la crisi della donna, la difficoltà che vedo in molte di voi a gestire il segreto della femminilità. Che va custodito con consapevolezza. Quella sfocatura del femminile viaggia di pari passo con la crisi del maschio, che già è sfocato di suo...
Diventare un maschio adulto all’ombra di una padre così carismatico e affascinante non dev’essere stato facile.
Non sono cresciuto nella sua ombra, ho fatto la mia strada. Ha ragione, una domanda un po’ trita...
Perdoni, è che troppe volte la gente mi chiede notizie di mio padre con la solita espressione di circostanza. Alludendo a un nocciolo di sofferenza che non c’è. Abbiamo un buon rapporto. ‘‘ Il mio percorso è stato a lungo diverso. Ora che faccio l’attore abbiamo molti più punti di incontro.
on ha voglia di farlo lei ora, il padre.
Mi piacerebbe tanto.
Ma?
Nel frattempo faccio l’uomo di famiglia: sono stato in viaggio con papà e i miei fratellastri più giovani: uno vive a Berlino, sembra un asceta e mangia semi. L’altro è un ex pugile, fa il dj a Londra. Tre giorni in macchina, come da piccoli, con una destinazione finale, la domenica a Pisa, per i 100 anni della nonna. Le abbiamo regalato un gorilla di peluche, vuol vedere la foto?