Piero Colaprico, la Repubblica 13/11/2014, 13 novembre 2014
MILANO. OCCUPANTI, RACKET, ANTAGONISTI : SCOPPIA LA BATTAGLIA DELLE CASE POPOLARI
MILANO.
«Una volta sui portoni segnavano una “M”, o una “V”, era il segnale dell’occupazione notturna. Da quando l’abbiamo capito, e ci piazzavano davanti alle porte, hanno cambiato modo di comunicare. Adesso il nostro incubo sono i fischietti. Quando devono occupare le case lasciate vuote, arrivano alla spicciolata, poi fischiano, si avvisano tra loro e irrompono. Ma mentre loro fischiano, noi usiamo i telefonini e corriamo, chiamiamo la polizia... «.
Sono tutte donne, al quartiere San Siro, e in viale Mar Jonio hanno costituito il primo comitato cittadino in grado di trasformare gli stabili delle case popolari in una gigantesca trincea anti-abusivi. A qualcuno dei vicini, «a forza di sentire quei fischietti, è venuto l’esaurimento nervoso». Ma non a Lucia Guerri, 76 anni, anima del comitato: da quando gira con le stampelle per guai al menisco s’è fatta sostituire dalla nipote Giulia Crippa (cognomi milanesissimi), ma non molla. «Al massimo con noi viene un solo uomo, il Gino, anche i poliziotti ce lo dicono: “Ma i mariti dove sono?”. Eh, davanti alla televisione... «.
Lo stesso fenomeno metropolitano — queste donne senza paura di stare in trincea — succede tra Lorenteggio e Giambellino, dove per tre volte, nella scala D di via Odazio 6, sono state le signore di settanta, ottant’anni, a difendere la porta da uno sfondamento, finché l’Aler (che cura le case popolari per conto della Regione Lombardia) non l’ha assegnata a una signora italiana, portatrice di handicap. E chi se l’è presa, però, con questo coraggioso comitato inquilini che lotta contro le occupazioni? Il centro sociale “Base di solidarietà popolare Giambellino”: la sinistra antagonista s’è schierata a favore delle occupazioni, «sono questi giovani che spaventano i vecchi italiani, ci minacciano, provano a farci paura», dice M. P., «perché con i rom, che hanno occupato varie case, non abbiamo problemi, se non — ed è una citazione testuale — per il fatto che non capiscono la raccolta differenziata dei rifiuti».
Rifiuti a parte, il paradosso di questa battaglia “regolari-abusivi” è apparso nitido anche al Corvetto, dove martedì sera, altri giovani dei centri sociali antagonisti hanno attaccato con vernice e fumogeni una riunione di abitanti del quartiere che chiedevano gli sfratti: e se ne sono andati solo quando hanno visto gli anziani cominciare a tossire e star male. Le case popolari di Milano sono una polveriera ovunque, in ogni quartiere, e in più, tra pubblico e privato, ci sono in città circa 20mila sfratti da eseguire. Le prime operazioni di sgombero riguardano chi ha occupato le case popolari. «Allora sarà guerra», si sente dire in giro.
Già dalla quotidiana «battaglia dei fischietti » di San Siro si vedono da vicino i tre eserciti schierati in campo: gli inquilini regolari, al grido «no al degrado»; la massa indistinta degli occupanti abusivi legata al racket dei senza-casa; il centro sociale Cantiere, che partecipa alle feste di strada, promuove amicizia tra vicini e spiega che lotta «contro chi della casa ne fa un bene di profitto. Che sieda in poltrona, i nostri governanti, o che stia per strada, il racket». Ma se la politica è riconoscibile, il racket è sfuggente e, nello stesso tempo, sapiente: «Qui a San Siro — racconta uno degli uomini, in segreto dalle donne — bisogna stare molto attenti a come ci si muove. C’è un tariffario per aprire le porte e per entrare nelle case, duemila euro il servizio completo. Ma non lo può fare chiunque, il lavoro del fabbro, bisogna chiedere il “permesso” a qualcuno che può darlo, e sinora nessuno è andato a rompergli le scatole, né la legge, né i centri sociali, vediamo come andrà a finire».
Se «vediamo» da vicino le strade delle periferie milanesi una cosa è chiara: ad alzare la voce più forte di tutti è chi vive di illegalità. Com’è successo, per esempio, a Crescenzago: alla fine di un’assemblea pubblica contro il degrado, le auto di molti partecipanti sono state trovate con i vetri rotti e le gomme squarciate. La trincea di San Siro invece resiste, è lunga ben 56 portinerie «popolari», a ogni portineria fanno capo dai cento ai centoventi appartamenti. Ma spicca un altro numero: gli abusivi hanno conquistato in zona ben 800 case. I primi sono stati «gli italiani» che venivano, vent’anni fa, dal quartiere Stadera, rettangolo di strade a non bassa densità criminale: sfrattati, scacciati, arrestati nella periferia Ovest, molti di quei gruppi sono saliti nella periferia Nord. E nessuno ha resistito «ai barbari». Poi, con le ondate migratorie, sono approdate accanto allo stadio le famiglie con bambini: chi poteva occupava le case vuote che — e anche questo dato nudo e crudo è tale da far riflettere — ancora oggi sono alcune centinaia.
Case vuote perché? Per una legge della Regione Lombardia, che impone l’affitto solo di case ristrutturate (ma non le ristruttura, o lo fa con il contagocce). Viceversa, il Comune di Milano, da poco, ha tolto le sue case dalla gestione dell’Aler (succederà entro l’anno), le ha affidate alla società che gestisce la Metropolitana milanese, e ha in mente di provare ad affittare le case «allo stato di fatto», scalando i lavori da eseguire dal calcolo dell’affitto.
Nel frattempo, però, nessuno che aspetta la casa sta a guardare. A due passi da viale Mar Jonio, in via Cividale 30, l’altro ieri un clan di nomadi è andato all’arrembaggio di un intero stabile, ma è scattato l’allarme e tutti sono stati scacciati, anche perché nella palazzina mancavano bagni, porte, scale, eppure «quelli ci sarebbero rimasti lo stesso».
Piero Colaprico, la Repubblica 13/11/2014