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 2014  novembre 13 Giovedì calendario

LA DISAFFEZIONE DEI FONDI STRANIERI AL DEBITO ITALIANO

Un deflusso. Prima lento, ma che da qualche tempo ha iniziato ad essere più visibile: alcuni investitori stanno lasciando il debito italiano. A febbraio, stando ai dati di Bankitalia, l’estero deteneva 691 miliardi - di cui 652 in titoli di Stato - dei 2.107 miliardi stock. Ma prima dell’estate, complici i dati macroeconomici deludenti, l’esposizione degli investitori stranieri verso il debito pubblico tricolore ha iniziato a calare vistosamente. Anche le banche italiane, in vista degli stress test della Bce, si sono disfatte di una parte dei Btp. A crescere sarebbe invece la quota di debito pubblico in mano ai piccoli risparmiatori, circa il 10% del totale e, secondo gli analisti, in costante aumento. Blackrock, il più grande fondo d’investimenti del mondo, che vanta partecipazioni in diverse banche italiane, a partire da maggio ha ridotto ai minimi dall’apice della crisi l’esposizione sui Btp italiani e sugli altri Paesi periferici dell’eurozona.
Intesa Sanpaolo, che assieme a Unicredit è la banca più esposta al debito pubblico tricolore, ha alleggerito il suo portafoglio di 16,9 miliardi nei nove mesi dell’anno. Portafoglio che per quanto riguarda l’istituto guidato da Federico Ghizzoni si attestava a fine settembre a quota 51 miliardi. Tanguy Le Saout, il responsabile del fixed income europeo di Pioneer Investments, la società di investimenti di Unicredit che opera nel settore del risparmio gestito, non più di un mese fa aveva dichiarato: «Siamo corti sulla periferia, soprattutto sull’Italia» . Secondo Vincezo Longo, market strategist di Ig Market, «rispetto all’inizio dell’anno, quando Blackrock aveva investito con decisione sulle banche italiane e sul debito pubblico tricolore, la situazione è cambiata drasticamente. A maggio», spiega, «le riforme hanno fatto registrare un rallentamento importante mentre quelle portate a termine fin qui sono state recepite come poco incisive. In un momento come questo i Treasuries americani per esempio offrono un maggiore rendimento e comportano meno rischi quindi è naturale che l’attenzione si sia spostata altrove». D’accordo Donatella Principe, responsabile institutional business di Schroders Italia: «Da tempo gli investitori esteri stanno dirottando i propri fondi verso altre destinazioni e a sostenere il trend della convergenza sono rimasti quasi solo gli investitori locali. I fondi si sono spostati verso i paesi periferici dell’eurozona quando la Draghi-put ha iniziato a operare sul mercato. Due anni dopo i Paesi emergenti hanno avviato le riforme strutturali e sono tornati appetibili per gli investitori, come dimostrano i flussi. Al contrario i governi europei non hanno saputo usare il tempo comprato da Draghi per implementare le irrinunciabili riforme strutturali e questo è il risultato».
Francesco Bisozzi