Stefano Caselli, il Fatto Quotidiano 12/11/2014, 12 novembre 2014
È MEGLIO CHIEDERE ALLA POLVERE CHE A GOOGLE
Maledetto Google. Chi crede che il magico mondo della Rete, invece che ampliare gli orizzonti della conoscenza, abbia in realtà allargato a dismisura le voragini dell’approssimazione, sghignazzerà di fronte all’infortunio della casa editrice Einaudi. Sì, Einaudi. Perché la Rete, che tutto contiene, è davvero democratica: le sue insidie le riserva a tutti, anche ai migliori.
I fatti: la collana Stile libero di via Biancamano ha da poco stampato le Lettere di John Fante: “L’affresco di una vita consacrata alla scrittura – si legge nella presentazione sul sito ufficiale – Ironiche, brutali, sincere, vittimistiche, trionfali , le Lettere costituiscono un capitolo a sé della sua opera. E ci mostrano la vita di un genio braccato dai debiti e ossessionato dal sogno di finire sugli scaffali insieme ai grandi della letteratura”. Come sappiamo – anche se piuttosto tardi – sugli scaffali tra i grandi John Fante ci è finito. Certo, non avrebbe mai immaginato di arrivarci con la faccia di un altro. Perché questo è accaduto. Ed è la stessa casa editrice, tramite il suo account Twitter, ad ammettere l’errore: “Abbiamo sbagliato la foto di copertina delle LETTERE di John Fante. Quello è Stephen Spender, non John Fante. Rimedieremo in ristampa”. Possibile confondere il volto di un poeta e saggista inglese (peraltro di non sterminata notorietà) con quello di un gigante della letteratura del Novecento? Possibile. Per colpa di Google, maledetto Google: provate a digitare “John Fante” e “Stephen Spender” su Google image e troverete, per entrambi, la stessa foto pubblicata sulla copertina delle Lettere.
Paolo Repetti, direttore editoriale della Collana Einaudi Stile Libero non si nasconde e ammette l’infortunio: “Abbiamo scoperto l’errore e non potevamo fare finta di niente – dichiara – Lo abbiamo dichiarato subito”. Ma com’è potuto succedere? “Cercavamo una foto giovanile di John Fante – racconta Repetti – una foto diversa dalle pochissime che sono in circolazione. Abbiamo trovato questa e ci sembrava assai verosimile che si trattasse di una foto di John Fante da giovane. D’altronde molti siti, come si può facilmente verificare, sono incorsi nello stesso errore”.
Siti? Ma allora è proprio colpa di Google: “Maledetto Google”, sorride (a denti stretti, probabilmente) Repetti. Certo, sorprende che la più importante casa editrice italiana ricorra al web per la ricerca di una foto, ma è un problema che affligge tutto il mondo della comunicazione, giornali in testa. Infortuni simili, va da sé, non mancano nemmeno nei grandi quotidiani. Anche, come in questo caso, l’origine del male si è rivelata, in parte, la soluzione: “L’errore – ancora Repetti – ci è stato segnalato da un utente Twitter”. Benedetto Twitter.
E ora cosa accadrà? “Cambieremo la copertina e manderemo al macero le copie in magazzino”. Per quelle già in libreria non c’è rimedio, anzi, è possibile che l’infortunio si tramuti in un “Fante rosa”, sul modello del celebre “Gronchi rosa” il francobollo del 1961. I collezionisti si scateneranno per avere le Lettere con la copertina sbagliata. E basta dare un’occhiata all’account Twitter Einaudi per capire che la corsa alla rarità è l’argomento più gettonato, insieme a una notevole serie di contributi “di livello ” (su tutti Ernesto Aloia: “Mi stavo giusto chiedendo come mai Spender scrivesse tanto spesso alla mamma di John Fante”) come si conviene alla community della più prestigiosa casa editrice italiana. Commenti in generale benevoli. E in via Biancamano se ne sono accorti: “Sta a vedere – twitta in serata Einaudi – che per vendere John Fante basta mettere Stephen Spender in copertina. A saperlo lo facevamo subito”, con tanto di emoticon sorridente.
E in effetti, “subito”, è stato fatto, pure troppo. Con un paio di click e poco più.
Succede. Se John Fante avesse un account Twitter, chissà, forse commenterebbe: “Sempre meglio chiedere alla polvere che chiedere a Google”.
Stefano Caselli, il Fatto Quotidiano 12/11/2014