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 2014  novembre 12 Mercoledì calendario

VENTISEI EURO A SENTENZA. LORDI

Il giudice tributario? Appare come una «missione», o «un dopo-lavoro», in mancanza di un adeguato riconoscimento economico: «26 euro per ogni sentenza», a fronte di professionisti che si cimentano con «una materia di grande complessità» e si trovano di fronte, spesso, cause del valore di «centinaia di migliaia di euro o addirittura, di milioni».
E la scarsità di risorse rende arduo effettuare l’attività di vigilanza sul funzionamento delle commissioni tributarie, così come non si riesce a garantire una corretta formazione per i circa 4 mila magistrati. È il quadro che traccia Mario Cavallaro, presidente del Consiglio nazionale di presidenza della giustizia tributaria (Cpgt), alla presenza di Luigi Casero, viceministro dell’economia, ieri mattina in visita ufficiale alla sede nazionale di via Solferino, a Roma. Occasione di confronto su un ventaglio di questioni spinose per la categoria, che l’esponente governativo assicura «verranno considerate con attenzione», sebbene il «difficile quadro economico» non consenta di fornire, al momento, risposte concrete sulle istanze finanziarie esposte. «Si è, nel tempo, sviluppato un cambiamento nella figura del giudice tributario», riferisce a ItaliaOggi Cavallaro, grazie alla quantità notevole di «magistrati ordinari, non soltanto civili, ma anche amministrativi e contabili.
E, così», aggiunge, noi viaggiamo sempre più verso una forma di magistratura speciale, agganciandoci progressivamente ai dettami costituzionali».
Nella delega fiscale (legge 23/2014), che comprende un capitolo sulla giurisdizione tributaria, il Cpgt chiede, in modo netto, che «non sia molto ampio, se anche verrà introdotto, lo spazio per il giudice unico». Capitolo rilevante, poi, quello, «nell’esercizio della delega, dell’aumento di un’area di conciliazione, anche processuale.
La riforma, però, deve riguardare, fra le parti coinvolte, ovviamente anche l’Agenzia delle entrate» perché se quest’ultima, «come pare intenda fare, non ha un’attitudine maggiore alla negoziazione, è inutile che il magistrato faccia un tentativo, quando l’attivazione di tale tentativo rimane soltanto formale», senza alcuna possibilità di prosecuzione. E, ancora riguardo alla delega, Casero, in risposta alle numerose sollecitazioni dei laici e dei togati (per migliorare la qualità dell’attività, anche contando su norme chiare visto che l’evasore, dice un membro del Consiglio, «si nasconde nei dettagli»), rispolvera i quattro principi alla base del provvedimento approvato a marzo: innanzitutto «la semplicità», poi «la certezza del diritto, la riduzione della pressione fiscale complessiva ed il fisco telematico».
Per il viceministro, che annuncia che il dialogo con la categoria proseguirà soprattutto sui temi delle ispezioni e della formazione, sui quali Cavallaro è pronto a presentare delle proposte («serve un’equipe per i controlli, non abbiamo i fondi per istituirla», si rammarica) è fondamentale che venga dimostrata costantemente la «terzietà» del giudice, una «partita», sottolinea, in chiusura, «che dobbiamo giocare insieme».
Simona D’Alessio, ItaliaOggi 12/11/2014