Camilla Baresani, IoDonna 8/11/2014, 8 novembre 2014
TUTTI I MIEI INIZI SONO FALLIMENTI
[Ambra Angiolini]
Si tormenta le mani, tormenta gli orecchini. Non fosse per questi piccoli segni di inquietudine, Ambra Angiolini avrebbe forse potuto gabbarmi, risultare definitivamente risolta, lontana da quel groviglio di trepidazione, nervosismo e insoddisfazione di sé che negli anni l’ha resa meravigliosamente versatile a tutte le forme di spettacolo, ma anche troppo magra, troppo grassa (soprattutto ai propri occhi), inadeguata (sempre nella percezione di sé). Alla terza volta che la intervisto, devo dire di non averla mai vista così bene. Un gran portamento, capelli lunghi e pelle ambrata, nomen omen, che le danno un fascino misterioso da spia, un corpo tonico e perfetto, né magra né tonda, soda come una mela del Trentino, cioè quello che tutte sogniamo di essere. Come ci ha abituato nella sua carriera ormai ultraventennale (e ha solo 37 anni!), Ambra è pronta per farci ridere e per commuoverci, con due distinti film e con uno spettacolo teatrale.
Ci racconta in quali ruoli stiamo per vederla?
Il primo film che uscirà è Un Natale stupefacente, con Lillo e Greg, che ho appena finito di girare. Una commedia natalizia per famiglie. Poi in febbraio sarà il momento di La scelta, in cui sono Laura, la protagonista, e sono sposata con Giorgio, che è Raoul Bova. È un film di Michele Placido, tratto da L’innesto, una commedia di Pirandello. Una storia drammatica e piena di romanticismo, un film che parla di amore in modo inaspettato.
Amore e dolore, il connubio delle storie più coinvolgenti. Ci può dire di più?
Placido ha ambientato a Bisceglie questa trama straordinariamente attuale che Pirandello immaginò svolgersi a Roma. Parla di una coppia consolidata, che si ama pur senza aver avuto figli. Laura insegna musica ai bambini, ed è una donna che si sente risolta, il marito invece è come se non si sentisse abbastanza uomo senza figli. Poi un giorno Laura resta incinta, purtroppo dopo aver subito una violenza. Non si sa di chi sia il bambino e bisogna fare una scelta...
Da come lo racconta, sembra un ruolo bellissimo in una storia piena di emozione. Come è stato lavorare con Placido? È esigente come dicono?
Indubbiamente per un’attrice c’è un prima e un dopo Michele. È tanto passionale, tanto profondo, tanto esigente, tanto rumoroso. Quando fa l’attore è mansueto, si fa dirigere. Ma da regista… Io comunque chiedo sempre scusa, dico grazie e dico prego, non intervengo, faccio l’attrice. E lui ci sa fare: pensi che durante le riprese per coinvolgere gli abitanti di Bisceglie era capace di dire a una signora affacciata alla finestra in un vicolo: «Sento odore di caffè, me ne offre una tazzina?».
Lei in febbraio tornerà per il terzo anno a teatro con il monologo di Stefano Benni, La misteriosa scomparsa di W. Come unisce i fili di lavori così diversi?
Anzitutto è proprio per il monologo che ho ottenuto la parte di Laura. Spinto controvoglia da sua moglie Federica, l’anno scorso Michele è venuto a vedermi al Teatro Vittoria. Pensava di annoiarsi e si era portato una radiolina per ascoltare la partita. Ma poi, a forza di vedere la gente che piangeva e rideva, ha cominciato a seguire lo spettacolo. Pochi giorni dopo ero a cena con i bambini, e per caso ho risposto a un numero sconosciuto, cosa che di solito non faccio mai. Era lui che mi chiedeva di leggere la sceneggiatura, un film cui teneva moltissimo, un progetto che lui e sua moglie hanno costruito in quattro anni di impegno. Siccome non sono una che si nasconde, non faccio la fredda, quando mi ha raccontato la storia mi sono emozionata e gliel’ho lasciato capire. Lui ha riattaccato e ha detto a sua moglie: «Boh, mi sa che le va».
Film commerciali, film d’autore, teatro. Non ha paura delle critiche di chi non accetta che un’attrice attraversi generi e ruoli?
Sono sempre stata per provare tutto, l’esplorazione e l’incoerenza sono importanti, servono a crescere. In fin dei conti è solo il successo di un film che determina se la scelta è stata buona. Al debutto del monologo di Benni, per esempio, la stampa ci ha massacrato. E invece il pubblico è entusiasta e interpretare quel ruolo è una delle cose più speciali e preziose della mia carriera. Del resto, tutti i miei inizi sono dei piccoli fallimenti.
C’è qualcosa che non la fa dormire la notte?
Nell’ultimo anno io e il mio compagno (Francesco Renga, ndr) siamo rimasti senza parole di fronte alla trasformazione del corpo di nostra figlia Jolanda, che ha quasi 11 anni. È cresciuta in modo esponenziale, ora è quasi un’adolescente. È bellissima.
Con Francesco Renga è una storia d’amore che dura da dodici anni. In che fase siete?
Ho imparato che all’esterno il nostro rapporto appare inspiegabile, per questo ci chiedono tanto di sapere. Negli anni, grazie a Dio, abbiamo cominciato a rispondere sempre di meno, sino a sparire come coppia. Facciamo il contrario di quello che si fa di solito: all’inizio, per ingenuità ed entusiasmo, siamo stati di tutti, ora invece cominciamo a diventare solo noi due, anzi noi quattro, con i bambini. Ogni tanto sento e leggo cose incredibili e curiose. È gay lui o lo sono io, per esempio. Non ho più nemmeno bisogno di dimostrare il contrario, perché tutto quello che un tempo mi feriva, ora mi scivola via. So come saziarmi da sola del mio stare in famiglia, non ho bisogno dell’approvazione di nessuno.
(Mentre ci alziamo dal tavolo del Caffè delle Arti, sulla terrazza della Galleria d’Arte Moderna di Roma, i camerieri si assiepano intorno ad Ambra: vogliono un selfie con lei).
È fastidiosa la popolarità, quando, anziché essere affettuosa come oggi, ti si rivolta contro e diviene violenta?
Di tutti gli attori che conosco, credo di essere quella più risolta. Sono diventata famosa così presto che oggi potrei tenere dei corsi!