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 2014  novembre 08 Sabato calendario

E CON LA GRANDE RECESSIONE AL VASECTOMIA HA FATTO BOOM


In tempi di crisi le cicogne lavorano meno, ma questa non è una novità: «Che si trattasse di ottenere successi nella caccia o di avere un buon posto di lavoro, l’economia ha influenzato il tasso di natalità durante tutto il corso della storia umana – ha commentato a fine ottobre Rebecca Sokol, presidente dell’American Society for Reproductive Medicine – e un nuovo studio conferma che continua a condizionare la nostra riproduzione anche nel ventunesimo secolo».
Di recente i ricercatori del Weill Cornell Medical College hanno esaminato i dati della National Survey of Family Growth (2006-2010), proprio per verificare l’impatto della crisi economica sulle dinamiche di coppia e sulla volontà di avere bambini negli Usa. Fra i vari risultati dello studio è emerso che, tra gli uomini intervistati dopo la recessione, una percentuale maggiore si è mostrata meno propensa a costruire una famiglia numerosa. Inoltre, i ricercatori hanno rilevato che tra il 2007 e il 2009 gli interventi di vasectomia sono sensibilmente aumentati: da una percentuale del 3,9% nel 2006 al 4,4% del 2010, ovvero 150-180 mila interventi in più per ogni anno di crisi, per un totale di circa mezzo milione di operazioni in più. Nello stesso periodo il tasso di natalità è crollato di 4 punti percentuali (ovvero circa mezzo milione di neonati in meno).
Di certo la crescita degli interventi non è l’unico fattore ad aver inibito le nascite. A influenzare le dinamiche riproduttive concorrono infatti diversi fattori, a cominciare dalle difficoltà incontrate nel mondo del lavoro e dalla diminuzione del reddito familiare e della spesa per l’assicurazione sanitaria. E ovviamente non tutte le coppie che non vogliono o non possono permettersi di avere figli ricorrono alla sterilizzazione. Ma il fatto che durante la crisi una percentuale maggiore di uomini abbia scelto di sottoporsi all’intervento è plausibilmente uno degli indicatori che legano l’andamento dell’economia al tasso di natalità.
E in Italia? Ipotizzare che la crisi economica abbia comportato un aumento delle vasectomie è difficile, dal momento che gli ultimi dati risalgono al biennio 1995-96. Dati che compaiono anche nel report disponibile più recente (World Contraceptive Patterns 2013, Nazioni Unite) secondo il quale, in quegli anni, solo lo 0,1% delle donne italiane sposate o con una relazione stabile ha fatto affidamento a questa scelta del proprio partner come metodo contraccettivo. Un numero notevolmente inferiore rispetto a quanto è accaduto altrove negli anni a seguire: negli Usa la percentuale è stata dell’11% (2006-2010) e la media generale del nord Europa nel 2011 è stata dell’11,2% (il dato più alto è quello dell’Inghilterra, con il 21% di interventi nel biennio 2008-2009). Benché i dati si riferiscano a periodi diversi, si può comunque affermare che nel nostro Paese la sterilizzazione maschile sia un intervento ancora raro. Per verificare, invece, se il periodo di recessione abbia comportato un aumento degli interventi, bisognerà aspettare dati più recenti.
In Italia mio al 1978 la sterilizzazione, anche se volontaria, era vietata e poteva essere eseguita solo a scopo terapeutico, ad esempio in caso di gravi infezioni o tumori. Qualsiasi atto contro la procreazione era infatti considerato reato e i medici potevano essere denunciati per lesioni personali gravi. Con la legge 194 sull’aborto alcuni passi del codice penale sono stati eliminati e la Corte di Cassazione ha poi sentenziato che la sterilizzazione volontaria non costituisce reato e che anzi, può fornire quel benessere che fa parte della salute psicofisica. La stessa Costituzione tutela come diritto fondamentale la salute dell’individuo, sia fisica che psichica (art. 32), e dunque la sterilizzazione può essere motivo di giovamento per l’equilibrio psichico di chi sceglie di sottoporsi all’intervento. Scelta, oltretutto, che rientra frale libertà personali, e dunque inviolabili, dell’individuo (art. 13).
La procedura dunque del tutto legale. A cosa si deve, allora, il minor numero di vasectomie rispetto ad altri Paesi? Da un lato è innegabile che continui a pesare la presenza del Vaticano: analogamente a quanto accade per gli aborti (l’Italia è per numero di interventi fra gli ultimi Paesi in Europa), sono infatti diversi i medici obiettori e le cliniche che si rifiutano di praticare la vasectomia.
Ma la diffidenza degli italiani verso la sterilizzazione è da legare probabilmente anche a una questione di mentalità. Per il maschio latino fertilità e virilità vanno spesso a braccetto e il timore, infondato, che l’intervento possa avere effetti importanti sulla propria sfera sessuale è un deterrente importante: la tendenza è dunque a fare affidamento a metodi contraccettivi femminili (anche l’uso del preservativo è inferiore alla media europea).