Mario Bernardi Guardi, Libero 11/11/2014, 11 novembre 2014
IL FASCISTA CHE AMAVA IL PARLAMENTO
Giorgio Almirante, ricoverato per ischemia cerebrale nella clinica romana «Villa del Rosario», muore il 22 maggio 1988, un mese prima di compiere 74 anni. Accanto a lui la moglie, Donna Assunta Stramandinoli, che della sua «eredità d’affetti» si farà colorita custode. Come nota Aldo Grandi (Almirante. Biografia di un fascista, Sperling & Kupfer, pp. 468, euro 18,90, da oggi in libreria), a scrivere il “coccodrillo” più schietto e polemico fu Indro Montanelli, che «non fece piangere nessuno, ma arrossire tanti», tutti quelli che per oltre 40 anni avevano cercato di emarginare il leader missino. Chissà cosa avrebbe potuto fare quest’uomo - si chiedeva Indro - se avesse scelto di militare in un partito antifascista. Ma, fedele com’era alla milizia repubblichina, nemmeno a pensarci! Tuttavia, nessuno come lui «si adattò alla libertà e seppe adattarvi un partito nutrito di rimpianti totalitari e di tentazioni eversive». Chissà cosa avrebbe potuto provocare il terrorismo nero, «se avesse avuto il supporto, anche solo morale, di un partito organizzato». Invece Almirante lo sconfessò, «prima ancora che il Pci sconfessasse il terrorismo rosso», frenò sempre le tentazioni bombarole e golpiste e, convinto che il Msi potesse avere un avvenire solo se si distaccava dal passato, dette vita alla Destra Nazionale, per costruire un partito moderno e addestrarlo alle battaglie parlamentari. Infatti al fascista Almirante piaceva, eccome, quel Parlamento dove poteva cimentarsi al meglio con la sua «oratoria efficace» e i suoi «interventi puntuali, tempestivi, brillanti». Onesto e coraggioso, era «uno di quei pochi politici cui si poteva dare la mano senza paura di sporcarsela». Su questa immagine positiva, Grandi è d’accordo, tanto che chiude il suo libro proprio con le parole di Indro. Ma il percorso biografico che traccia non ha nulla a che fare con l’agiografia. Perché è, piuttosto, un invito a dibattere, con tanto di documenti e testimonianze, su una figura ricca di luci e ombre. E allora va ricordata prima di tutto la coerenza del fascista. Non un “mistico” come quel Giani o quel Pallotta venerati da Montanelli, ma di sicuro un convinto militante. Con la Destra Nazionale indossò il doppiopetto? Sì, ma non rinnegò mai nulla. Meno che mai Salò. Per dirne una, nel primo comizio che tenne (Brescia, 29 giugno 1969) dopo esser tornato alla guida del partito, affermò che i motivi ispiratori della Rsi dovevano essere «richiamati, attualizzati, proiettati in avanti, per la loro validità storica e per la loro permanente validità morale». Se fu sempre fedele alla sua giovinezza in camicia nera, l’Almirante parlamentare e segretario del Msi prese invece le distanze dalle battaglie antisemite combattute sui giornali di Telesio Interlandi. Mea culpa, confessava Almirante, aggiungendo che, comunque, era sempre stato distante dal razzismo biologico di stampo nazista. Vero? Beh, osserva Grandi, che è andato a rileggersi tutti gli articoli razzisti, Almirante non inneggiava certo allo sterminio, ma auspicava una forte mobilitazione politico-culturale contro l’ebraismo. A partire dal mondo del cinema, formidabile macchina di educazione e propaganda. Insomma Almirante, parlando dei propri trascorsi, gettava un bel po’ d’acqua sul suo «interventismo culturale» razzista. Imbarazzi, reticenze e mezze verità che Julius Evola gli rimproverò. Perché, gli faceva osservare il Barone Nero, prendendo le distanze da ogni furore persecutorio, non hai rivendicato la legittimità di un «razzismo dello spirito», volto alla disciplina del carattere, alla formazione interiore e alla difesa della tradizione culturale “romana” contro ogni meticciato? Mica facile, però, precisare e distinguere… Va da sé che il lungo viaggio attraverso l’antifascismo compiuto dal fascista Almirante avrebbe messo a dura prova chiunque altro non avesse avuto la sua tempra. Anche se non mancano gli errori. Ad esempio, non è certo lungimirante quando oppone al ’68 come «rivolta generazionale», potenzialemente al di là della Destra e della Sinistra, un trucido forcaiolismo piccolo-borghese a presidio del sistema. E poi ci sono un po’ di misteri non del tutto chiari: il passaggio dall’antiamericanismo e dal filoarabismo al sostegno, sempre e comunque, a Usa e Israele, le contraddizioni sulla rivolta di Reggio, il golpe Borghese, i rapporti con la destra radicale, il filo (in)diretto con le questure, il viavai dei servizi segreti... Eppure, alla fine e parafrasando Montanelli: ma se non ci fosse stato Almirante?