Rhys Blakely, D, la Repubblica 8/11/2014, 8 novembre 2014
COME SPOSARE UN MILIONARIO A SAN FRANCISCO
Sono le 21 e l’alcol scorre a fiumi da ore. Lo stereo suona della salsa e io mi ritrovo a osservare due donne sbronze che si minacciano con violenza. All’esterno, il parcheggio è pieno di Tesla e Porsche. All’interno, la zona intorno al bancone del bar si è trasformata in un mix di opulenza e frustrazione sessuale, condita da un accenno di sindrome di Asperger. Un gruppetto di donne tra i 40 e i 50 anni si atteggiano sfoggiando aderenti abiti da cocktail. Le unghie finte e le capigliature alla Jackie Collins conferiscono alle signore un che di predatorio. Un gruppo di maschi poco più che ventenni, slavati e allampanati, beve birra in un altro angolo del locale. I ragazzi indossano bermuda stropicciati, camice button down e sembrano un tantino terrorizzati. A guardarli bene, ricordano i cuccioli di gazzella nella riserva del Serengeti. Benvenuti a una serata per single nella Silicon Valley.
Mia moglie mi ha lanciato un’occhiata di fuoco quando le ho comunicato che avrei partecipato a un evento per single in cerca di partner. «È per lavoro», le ho detto. «È una serata organizzata da quella specie di guru delle relazioni sentimentali che insegna a smanettoni milionari del settore hi-tech a relazionarsi con una ragazza».
Il riferimento era a Amy Andersen, 37 anni, fondatrice di Linx Dating: si definisce una “concierge dell’amore” e la sua missione è insegnare ai dirigenti di aziende come Apple, Google, Facebook e Amazon come trovare il partner ideale. Il suo portafoglio clienti spazia dai programmatori ventenni («Hanno vite virtuali, non hanno idea di come funzionino le interazioni tra esseri umani», spiega Michael Norman, che collabora con la Andersen) ai magnati di 50 anni consumati dal troppo lavoro. Il pacchetto Silver Premium costa 20mila dollari e comprende 8 primi appuntamenti selezionati tra i clienti di Andersen. I pacchetti VIP, invece, partono da 50mila dollari e includono una consulenza relativa al guardaroba del cliente, lezioni su come gestire un tête-à-tête ed, eventualmente, un intervento personale della Andersen che setacci il globo terrestre alla ricerca del partner perfetto.
L’evento al quale sto partecipando si tiene nel ristorante di un campo da golf di proprietà dell’Università di Stanford e la mia priorità è osservare i rituali d’accoppiamento degli abitanti della Silicon Valley nel loro habitat naturale. «Probabilmente in nessun altro luogo al mondo è presente una tale concentrazione di giovani di straordinario successo, brillanti e strapagati», dice il New York Times. Va detto anche, però, che questa zona è famosa per un rapporto alterato tra i sessi. La città di San José, sulla punta meridionale della Silicon Valley, è stata ribattezzata “Man José” per la quantità di scapoli che ci vive: il 90% degli investitori è di sesso maschile. A marzo la startup Dating Ring ha cominciato ad affrontare le problematiche di questo squilibrio di genere, cominciando a portare a San Francisco donne da New York, dove sembra ce ne siano in eccesso.
Questa disparità, volendo, potrebbe anche rappresentare un valore aggiunto per le donne della Silicon Valley. Ma le signore qui amano citare un aforisma che gioca sul duplice significato della parola odd (sia “possibilità” che “eccentrico”, “strano”) : The odds are good, but the goods are odd, le possibilità sono buone, ma quelli buoni sono strani.
Karen Rosenthal è un avvocato 40enne. Questa sera è venuta al party di Andersen in compagnia di Aundrea Cozzo, una ragazza di 28 anni che lavora per Google. Chiedo loro di raccontarmi qualcosa sul mondo degli appuntamenti in città. «Una noia mortale», esclama la Rosenthal. La maggior parte degli uomini sono ossessionati dal lavoro e dall’ambizione di diventare novelli Zuckerberg. Saranno anche ricchi, ma tendono ad avere lacune nell’ambito di quelle che Andersen definisce «risorse sociali». Insomma, sono molto più interessati a Dungeons & Dragons piuttosto che a una cena a lume di candela. «Mentre i pochi esemplari estroversi, intelligenti e divertenti sanno di essere merce rara e, di conseguenza, molto ambita», dice Rosenthal. «E questo, se possibile, è ancora peggio». Aundrea Cozzo mi confida d’essere alla ricerca di una persona «calma e sicura, che abbia voglia di costruire una famiglia e senso dell’umorismo». Rosenthal vive nella Silicon Valley da più tempo e forse è per questo che la sua lista dei desideri è più contenuta. Un uomo capace d’intrattenere una conversazione e «che possibilmente stia lontano dalle droghe», mi dice.
La successiva donna che incontro si chiama Maggie Wheeler, ha 39 anni e si è licenziata dalla Apple due mesi fa. Suo marito l’ha lasciata perché era troppo presa dal lavoro. «Non è stata una mia decisione. Sono una geek. Sono brillante e intelligente. Ho uno radicato senso della morale. E quando l’azienda mi dava del lavoro da fare, io lo facevo». Ha l’aria distrutta. Wheeler vorrebbe ripartire, ma confessa che i maschi iperambiziosi della Valley le fanno saltare i nervi. Lavorano dal lunedì al venerdì, nel fine settimana fanno triathlon, vanno in bici, pilotano aerei o, per farsi quattro risate, parlano di lavoro. Gli uomini sembrano passarsela meglio. A naso direi che per ogni maschio questa sera sono presenti almeno sei o sette femmine. Un uomo sulla quarantina, look giovanile e stempiatura accentuata, che insegna gestione d’impresa all’Università di Stanford, è qui per «incontrare donne che non siano universitarie». Scambio quattro chiacchiere anche con Nikil Viswanathan, un ragazzo di 26 anni con un master in Intelligenza artificiale a Stanford che ha già all’attivo collaborazioni con Google, Facebook e Microsoft. Non vede l’ora di mostrarmi il suo sito web, Niklister.com. Difficile rendere l’idea per iscritto, dato che in homepage c’è una versione animata di Nikil che, strizzato in uno smoking di raso, balla al ritmo di Gangnam style.
La storia che racconta la nascita dell’azienda di Amy Andersen è ormai entrata a far parte del folklore della Silicon Valley. È il 2005, Amy è single e ha un appuntamento galante. Sulla carta, l’uomo è perfetto: 35 anni, attraente, fisico atletico, humour. I due decidono di vedersi all’Harry’s Bar. All’inizio tutto bene. Poi la serata precipita. «A un certo punto comincia a guardare oltre la mia spalla e gli chiedo: “Che stai facendo?”. E lui: “Sto cercando un BBD”», ricorda la Andersen. «Un che? Un Bigger Better Deal, dice, un affare migliore». In quel preciso istante Amy Andersen ha capito che ai maschi della Valley serviva una consulenza professionale in ambito “romanticismo”.
L’ossessione del BBD pare essere predominante tra i guru della finanza della regione, spiega Amy. «Vogliono il pacchetto completo: la top model con un dottorato in Astrofisica», spiega Andersen. Gli smanettoni più incalliti, invece, presentano sfide differenti. Il loro obiettivo nella vita è quello di scrivere codici perfetti, mi spiega Michael Norman. Dispongono di un QI stupefacente, ma le loro competenze sociali necessitano di una spolverata. «E sono queste competenze quelle che noi siamo in grado di aumentare», aggiunge Andersen. Mi illustra quindi lo svolgimento di una sessione con uno di questi smanettoni. «Ci siamo focalizzati sulle cose basilari, come il fatto che tenesse sempre le braccia conserte. Gli ho suggerito di stare meno sulla difensiva. I programmatori fanno veramente fatica a comprendere la questione del linguaggio del corpo».
Per una cifra stabilita, Amy fa piazza pulita dei vestiti “ammazza-appuntamento” (felpe sgualcite, tute puzzolenti, ecc.) e acquista abiti nuovi per il cliente. Poi offre un servizio di “appuntamenti simulati”, durante i quali svela i segreti del contatto visivo e spiega le differenze tra un abbraccio caloroso e una rude pacca sulla spalla. «I nostri clienti cercano l’amore e il coinvolgimento emotivo, ma non sanno come ottenerli», dice Norman. Mi spiega anche il modo in cui lui e Amy realizzano le sceneggiature per gli “appuntamenti simulati”. «Se Amy si allontana dal canovaccio il cliente va in crisi, perché non ha più il suo codice da seguire alla lettera». Ma quindi stiamo parlando di uomini al limite dell’autismo? «I nostri clienti hanno un QI elevato. Ce ne sono però anche molti che, a causa del troppo lavoro hanno perso le loro competenze sociali. Dobbiamo aiutarli a risintonizzare le frequenze e, al contempo, insegnare alle donne come relazionarsi con soggetti simili. Ciò che spieghiamo alle donne è: “È uno in gamba, solo che potrebbe scordarsi di stringerti la mano. Dovresti dargli una possibilità”».
Questi suggerimenti hanno un prezzo. Andersen offre ai suoi 750 clienti 4 livelli di servizio. VIP1 eVIP2 partono da 50mila dollari e allargano la ricerca del partner perfetto fuori dal database clienti dell’azienda. In parte, Amy si muove setacciando Facebook alla ricerca di potenziali partner. «Quando individuiamo una di queste donne, ci presentiamo dicendole: “Ciao, sei single? Potresti essere perfetta per un mio cliente. Posso raccontarti qualcosa su di lui/lei?». Diverse donne dal profilo molto ambito hanno ricevuto nel tempo richieste di amicizia dalla Andersen su Facebook. Le persone reagiscono a questo approccio «in maniera molto positiva», rimarca. Mi spiega il modo in cui Linx passa al setaccio la marea di dati per organizzare incontri ad alto tasso di successo: «Età, aspetto fisico, personalità, religione, interessi al di fuori dell’ambito professionale, occupazione... Sono moltissime le informazioni da tenere in considerazione per organizzare gli incontri».
Sotto molti punti di vista i suoi metodi risultano anacronistici e la sua fede della possibilità di “trovare la persona giusta” è a tratti commovente. Fuori, nel mondo reale, oltre la Silicon Valley, le persone non utilizzano “concierge dell’amore”: i ragazzi si incontrano grazie agli smartphone, complici applicazioni come Tinder, che ti avvisa quando vicino a te ci sono altri single o grouper, membri incaricati di mettere insieme gruppi di tre uomini e tre donne.
Grazie a questa nuova tribù di lavoratori edonisti e iper tecnologici, San Francisco si è fatta la reputazione di città del divertimento dove i magnati conducono una vita da nababbi. Abbondano lo sperpero, i jet privati e i party bollenti. La Andersen teme però che gli “incontri digitali” siano terreno fertile per lo sviluppo di una mentalità malsana. Mi spiega che molti uomini che vivono nella Silicon Valley per la maggior parte quelli che si occupano di finanza «organizzano un appuntamento alle 6, un altro alle 9 e, se possibile, uno in notturna: arrivano a vedere tre donne diverse in una stessa sera». Lei pensa che dovrebbero rallentare i ritmi.
Le chiedo se questo non equivalga a un’accusa nei confronti della Silicon Valley, in altre parole, Linx ha successo perché le persone che vivono qui non sono in grado di utilizzare gli strumenti tecnologici da loro stessi realizzati per costruire relazioni sane? «Recentemente», racconta, «sono passata in macchina davanti al quartier generale della Apple e ho visto gli impiegati che aspettavano di tornare a casa. Avevano appena terminato le loro dieci ore di lavoro e se ne stavano tutti quanti in fila, come una mandria di mucche, in attesa del bus bianco aziendale. Ogni sera rientrano a San Francisco tra le 9 e le 10 e vanno dritti a letto. Lavorano e basta. Sì, socializzano un pochino in ufficio, ma non si frequentano realmente». Il bello è che la maggior parte delle App in circolazione sono state realizzate qui: «Molti di loro sono impegnati ininterrottamente a realizzare applicazioni che consentono di incontrare qualcuno. Sì, c’è qualcosa di densamente ironico in tutto questo». (The Times/NI Syndication. Traduzione Micaela Calabresi)