Vittorio Zucconi, D, la Repubblica 8/11/2014, 8 novembre 2014
TRAPPOLA SEXY PER HACKER VANITOSI
Le ridicole, a volte purtroppo tragiche avventure di chi cerca l’amore via Internet e intreccia relazioni virtuali a distanza, in pigiama o in camicia da notte, sono ormai repertorio di cronache nere o rosa da almeno un decennio. I casi della vezzosa e maliziosa fanciulla che all’incontro reale si tramuta, al contrario della fiabe, in un baffuto rospone o del principe azzurro che cerca soltanto prede sono state largamente documentate. Eppure la “trappola del miele virtuale” pare che ancora funzioni e acchiappi proprio coloro che dovrebbero esserne immuni, secondo la regola dell’annaffiatore annaffiato.
Da anni, l’Fbi e il Servizio segreto americani avevano individuato un hacker romeno, Iulian Dolan. Nel 2008 aveva penetrato la rete di pagamenti della Subway, grande azienda paninara d’America, e si confezionava gustosi sandwich di dollari altrui.
La procedura normale sarebbe stata quella di denunciare il topo di Rete e chiedere al governo di Bucarest la sua estradizione. Il ministero della Giustizia americana ci aveva provato, scoprendo che tra domande, burocrazia, ricorsi, lungaggini, impicci legali l’estradizione non sarebbe mai arrivata. Entrò allora in scena Sarah, trentenne e attraente funzionaria del Servizio Segreto ancora in prova.
A lei fu affidata la trappola del miele. Sulla pagina di Facebook del ladro rumeno apparve un “post”, un messaggio di Sarah accompagnato da una foto di lei, elegante, garbamente sexy ma non volgare. «Ti scrivo dagli Stati Uniti», spiegava la donna, «e ti ammiro molto per la tua abilità e la tua astuzia».
Era l’equivalente della proverbiale bottiglia nell’oceano, ma la vanità è notoriamente il peccato preferito dal diavolo e Iulian raccolse la bottiglia. Fra lui e Sarah cominciò uno scambio di messaggi che lei progressivamente riscaldava di promesse, allusioni, prospettive intriganti. Iulian le confidò di essere un uomo solo, non più amato dalla moglie (nuova, questa) totalmente assorbito dalle sue due uniche e grandi passioni: l’hacking, l’intrusione nei siti in Rete e il gioco d’azzardo, che però in Romania non riusciva a soddisfare. Bingo! Tombola.
Sarah preparò la trappola, ampiamente spalmata di miele. Gli concedeva sempre più dettagli sulla propria vita, senza mai scadere nel pecoreccio, osservazioni innocenti come le preferenze alimentari, la musica, il cinema, persino la frutta: «Consumo moltissima uva, che adoro», scriveva, giusto per creare fra loro un senso di tranquilla quotidianità semifamigliare. Anch’io ho la passione del gioco, gli aggiunse, ma sono soltanto una umile segretaria e non ho soldi per divertirmi al casinò. Sarebbe bellissimo se un giorno tu potessi raggiugermi a Las Vegas e passare con me giorni e notti a giocare. Dove il concetto di “gioco” poteva essere interpretato estensivamente.
All’inizio di settembre, Iulian succhiò un altro gruzzolo di dollari da un sito bancario che aveva scardinato. Domandò il visto, che il consolato americano al corrente dell’operazione miele gli concesse rapidamente, acquistò il biglietto aereo per Boston dove Sarah lo aspettava e partì per coronare il suo sogno.
Fu soltanto dopo il passaggio dei controlli all’aereoporto che Iulian scopri chi fosse Sarah. Non la succulenta bionda illustrata nelle foto solo per apparenza, ma un nerboruto veterano di mezza età del Servizio segreto, Matt O’Neill. Era stato lui a scrivere i post fingendosi la ragazza, immaginando, spiegherà, di essere il destinatario e cercando di capire che cosa lo avrebbe attirato. «Come uomo mi è stato facile intuirlo».
Finalmente sul suolo americano, dunque sotto la giurisdizione del governo Usa, il rumeno fu arrestato e minuziosamente perquisito. Gli furono trovati addosso 20mila dollari americani, undici carte di credito e di banca clonate, poi una collana d’oro massiccio per l’inesistente Sarah, ma anche tre confezioni di profilattici speciali.
Al sapore di uva. Si era ricordato, Iulian, che pensiero carino.