Notizie tratte da: Francesco Baggiani # P(r)eso di mira. Pregiudizio e discriminazione dell’obesità # Clichy 2014 # pp. 192, 18 euro., 11 novembre 2014
Notizie tratte da: Francesco Baggiani, P(r)eso di mira. Pregiudizio e discriminazione dell’obesità, Clichy 2014, pp
Notizie tratte da: Francesco Baggiani, P(r)eso di mira. Pregiudizio e discriminazione dell’obesità, Clichy 2014, pp. 192, 18 euro.
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Pregiudizi più comuni sulle persone sovrappeso: sono ingordi; sono soggetti psicologicamente disturbati, con umore instabile; non hanno forza di volontà; sono pigri; hanno scarsa igiene personale; sono meno intelligenti.
Negli ospedali pubblici italiani, il 31% degli infermieri preferirebbe non prendersi cura delle persone obese, il 24% riferisce «repulsione», il 12% preferirebbe non toccarli (da uno studio del 2009 del dottor Daniele Di Pauli, docente di Terapia nutrizionale all’Università di Padova).
La definizione dell’obesità come malattia cronica degenerativa è stata data ufficialmente soltanto il 19 giugno 2013 dall’America Medical Association. Nonostante le molte controversie interne, l’associazione statunitense ha deciso di equiparare l’eccesso ponderale a qualsiasi altra patologia cronica, attribuendole di conseguenza diritti e benefici economici finora negati.
In alternativa una parte di ricercatori scientifici riconosce il sovrappeso, e molti casi di obesità, come una possibile variante naturale della dimensione umana. La teoria genetica spiegherebbe l’immensa difficoltà che molti obesi incontrano nel dimagrire: il controllo esercitato dal loro Dna tenderebbe a riportare costantemente il corpo alla forma originale.
L’indice di massa corporea (Bmi), ottenuto dividendo il peso di una persona, in chilogrammi, per il quadrato della sua altezza, espressa in metri.
La classificazione dei diversi Bmi elaborata dall’Oms: sottopeso: < 18,49; normopeso: 18,50-24,99; sovrappeso: 25-29,99; obeso di classe I 30-34,99; obeso di classe II: 35-39,99; obeso dio classe III: > 40.
Gli americani la definiscono «fatphobia».
L’Osservatorio contro la discriminazione ha certificato che l’obesità è il primo fattore di vittimizzazione in Italia.
Nel 1961 Elizabeth Goodman chiese a 600 studenti fra i sei e i dieci anni di mettere in ordine di preferenza sei figure che rappresentavano un bambino normale, uno obeso, uno in sedia a rotelle, uno sfigurato al volto, uno menomato a una mano e uno con una stampella. L’immagine del bambino obeso fu quella che ottenne meno preferenze come amico ideale.
Francesco Baggiani: «Nella mia esperienza scolastica di bambino ricordo chiaramente il compagno sovrappeso, canzonato, lasciato per ultimo nella scelta delle squadre e, talvolta, vittimizzato per la sua diversità. Anche allora gli adulti intorno a noi, come probabilmente dappertutto, trascuravano quelle prese in giro, o addirittura sorridevano pensando, probabilmente che l’umiliazione lo avrebbe aiutato a dimagrire. Erano gli anni Ottanta, e da allora a oggi, solo in Italia, il numero degli obesi è quasi raddoppiato».
Ma quali sono i motivi addotti dai ragazzi per i quali i giovani sovrappeso si trovano ad essere vittime di bullismo? In primo luogo possono essere etichettati come “non conformi ai modelli”. In secondo luogo, i piccoli in obesità possono essere riluttanti o incapaci di partecipare ad attività ludiche e sportive di gruppo, sia per la paura del rifiuto che per effettive limitazioni fisiche.
Nei secoli passati un certo grado di rotondità delle forme era interpretato come indicatore di benessere personale e familiare. In particolare, se una donna sposata era sottile, suscitava compassione: poteva significare che il marito non era in grado di provvedere a un adeguato sostentamento dei suoi cari. Solo nel XX Secolo il sovrappeso ha perso questo fascino: il collegamento fra obesità e benessere finanziario, però, persiste ancora oggi in alcuni Paesi meno sviluppati.
Nelle nazioni a basso reddito, con un Pil medio di circa 2.500 dollari pro capite, l’obesità è più diffusa in quei gruppi con un livello socio-economico più elevato: la relativa accessibilità a grandi quantità di alimenti e la riduzione del lavoro manuale spigano questa tendenza. Nella maggior parte dei Paesi industrializzati invece l’andamento si è invertito e l’obesità mostra maggiori prevalenza tra i soggetti con redditi più bassi: stipendi minimi o assenti portano insicurezza alimentare, malnutrizione e consumo di cibi economici, più ricchi di calorie.
Lo stress cronico derivante dalla precarietà e dal confronto con chi vive una vita più agiata tende a interferire con l’ormone cortisolo, facendo accumulare depositi di grasso addominale. Ma la reazione dell’organismo alla tensione può spingere anche a mangiare di più, per consolazione, attitudine documentata anche negli studi sui ratti.
Americani che vivono sotto la soglia di povertà: 12%.
Americani sovrappeso: 75%.
Chi smette di fumare guadagna in media 4,4 chilogrammi se uomo, 5 se donna.
La frangia estrema dei difensori del grasso sostiene che la classificazione dell’obesità come patologia ha motivazioni di natura economica: le case farmaceutiche e l’industria delle diete avrebbero prodotto un’epidemia al fine di ricevere finanziamenti e guadagnare sui farmaci e prodotti dietetici. Richard Berman, direttore esecutivo del Centro per la Libertà dei Consumatori, ha rivelato che «la statistica che attribuisce all’obesità 300.000 morti ogni anno è ottenuta da uno studio finanziato da almeno venti società farmaceutiche e aziende di prodotti per la perdita del peso».
Malattie correlate a obesità grave in Italia ogni anno: 52.000.
L’unico Paese europeo ad aver varato una legge in difesa delle persone sovrappeso è la Spagna, con la norma 17 del 5 luglio 2011.
La Grecia, il Paese europeo con il più alto tasso di obesità infantile.
In ogni grande culto è presente un peccato legato all’atto del mangiare. Nell’ebraismo e nella chiesa cristiana è addirittura alla base del peccato stesso, quello che costa la perdita dell’Eden per mano di Adamo ed Eva.
Da sempre, in ogni religione, la gola è considerata un vizio: mangiare più del dovuto appare come un atto deplorevole, che rende l’uomo bestiale, disgustoso e sgradevole. A nobilitare l’animo sono invece la moderazione, la rinuncia.
«Guai a voi, uomini pingui», tuonò il profeta Amos nel 700 a.C. Per gli ebrei, chi si lascia andare all’ingordigia sarà costretto negli inferi a nutrirsi di sabbia e braci di ginestra. Secondo i musulmani chi avrà peccato di gola, nell’aldilà potrà nutrirsi solo di fluido bollente e frutto di oleandro, amarissimo e tossico.
La gola è considerata un vizio capitale, nel senso che genera altri peccati.
I principali effetti della gola, secondo Crisostomo:
• rende ottuso lo spirito, stupido e inetto l’uomo, toglie l’attitudine e la voglia del lavoro;
• cagiona malanni che accorciano la vita, riduce l’uomo sul lastrico;
• spegne le idee nobili e generose, rende l’uomo petulante e rissoso;
• abbrutisce la persona rendendola sciatta e trascurata;
• causa vecchiezza prematura, sensi istupiditi, pensieri languidi e animaleschi.
Nel Canto VI dell’Inferno Dante descrive una pioggia putrida che costringe i golosi a vivere come ombre nel fango, in compagnia di Cerbero latrante, per l’eternità.
Oggi c’è ancora chi vede nel grasso una manifestazione di Satana e propone di curare l’obesità con le preghiere. È il caso delle cosiddette diete cristiane, dei movimenti cristian-dimagranti, come il Weigh Down, fondato da Gwen Shamblin, che conta trentamila centri in tutto il mondo. Di recente uscita il best seller del pastore americano C.S. Lovett, Help Lord, the Devil wants me fat (Signore aiutami, il diavolo mi vuole grasso), nuova bibbia della liturgia dietetica.
«Non sappiamo bene perché, ma la religiosità sembra associarsi a un elevato livello di obesità; è possibile che il ritrovarsi insieme una volta alla settimana, accostato all’alto tenore di vita che di solito hanno i religiosi, possa portare a comportamenti che tendono a far ingrassare» (da uno studio realizzato dai ricercatori della Northwestern University per un periodo di 18 anni su un campione di oltre 2.400 persone).
La mancanza di terapie risolutive e l’attitudine a trattare il sovrappeso con diete e farmaci che producono una ricaduta del 95% dei soggetti entro cinque anni, porta gli stessi medici ad avere molto spesso un atteggiamento rinunciatario nei confronti delle persone obese. Lo rivela un’indagine di Marlene Schwartz della Yale University.
Il dottor Ernst J. Drenick, specialista in obesità, ha constatato che quando i suoi pazienti perdono peso attraverso la chirurgia, la probabilità che il loro stipendio migliori aumenta del 56%.
Canning e Mayer, esaminando le cartelle di valutazione per le prove d’ingresso universitarie di circa 2.500 studenti americani, hanno trovato che gli studenti sovrappeso avevano significativamente meno probabilità di essere accettati al college pur avendo pari referenze dei normopeso. Le ragazze obese sono accettate anche meno frequentemente (31%) dei maschi (42%).
Schwartz e Puhl nel 2003 pubblicarono i risultati di un’intervista fatta a un ampio numeri di dirigenti delle scuole elementari, dove si chiedeva loro quali fossero le cause dell’obesità infantile: il 59% citava la mancanza di autocontrollo, il 57% problemi psicologici.
Uno studio sulle opinioni di 115 insegnanti di scuole di vari gradi ha messo in luce il loro giudizio nei confronti degli studenti obesi, globalmente descritti come disordinati, molto emotivi, meno portati al successo nel lavoro. Inoltre il 43% riteneva che i ragazzi obesi non fossero partner desiderabili per i lavori o lo studio di gruppo, il 55% che l’obesità nascesse come una forma di compensazione per la mancanza di amore di attenzione (Neumark-Sztsiner, 1999).
In un recente studio pubblicato sulla rivista Pediatrics che ha utilizzato un campione di oltre 350 ragazzi americani, frequentanti campi estivi dimagranti, il 37% dei giovani segnalava di essere stato vittima di bullismo da parte dei fratelli, dei genitori o di parenti stretti.
«Mio padre è solito chiamarmi mucca per le mie dimensioni».
«Ho sentito mio padre dire a mia madre che ero un disgustoso maiale».
«Mio padre mi pizzica sempre il braccio a cena e mi chiama pigro».
«Mia madre mi ha detto che non troverò un fidanzato da quanto sono grasso. Ha detto che nessuno sarebbe stato in grado di cingermi le braccia».
«Mia madre mise sul frigo la scritta: “piccoli snack rendono grandi i pantaloni”. Intanto continuava a comprare le merendine» (testimonianze raccolte dalla dottoressa Puhl nella sua indagine sull’obesità infantile pubblicata nel 2013).
Nel 2004 Herbozo ha analizzato i 25 lungometraggi per bambini considerati più popolari, dai classici Disney a Mary Poppins, trovando che l’obesità è stata identificata con tratti negativi (malvagità, ostilità, crudeltà) nel 64% dei casi. Nel 72% dei film i personaggi esili hanno invece caratteristiche desiderabili, come la gentilezza o la felicità.
Reality tv che hanno come tema il peso e il dimagrimento: Aiuto stiamo ingrassando, Abito da scuola cercasi XXL, Tesoro salviamo i ragazzi, Adolescenti XXL, Teenager in crisi di peso, Grassi contro magri, Obesi: un anno per rinascere, Obiettivo peso forma, Ex fat, Una famiglia a dieta eccetera.
Il ministro della Sanità pubblica inglese che esorta il Servizio sanitario nazionale a «scuotere emotivamente» i pazienti sovrappeso invitando i medici a chiamarli con «grassi» anziché addolcire la pillola con termini più corretti e rispettosi.
Il caso Sellick vs Denny Inc, ovvero l’uomo obeso che ha citato la catena di ristoranti Denny per le sedie troppo piccole utilizzate nelle loro strutture. Il suo ricorso è stato respinto ma la Denny Inc ha cambiato le sedie.
Diverse compagnie aeree hanno adottato una tassa sul peso: un passeggero obeso che voglia viaggiare con Air France – Klm, United Airlines o Southwest Airlines deve acquistare due sedili attigui. Le compagnie aeree prevedono normalmente posti a sedere per le persone con sedia a rotelle e per le donne incinta, non per gli obesi.
Gli psicologi Santiello e Vieno nel 2007 hanno messo in luce che i ragazzi sovrappeso, rispetto a quelli normopeso, avvertono con una maggiore frequenza sintomi di natura psicosomatica. I maschi soffrono più frequentemente di mal di testa e mal di stomaco, l’irritabilità, invece, caratterizza le adolescenti.
Il movimento Fat Pride, orgoglio grasso, conosciuto anche come Size acceptance, Fat liberation, Fat Power.
Nato in seno alle manifestazioni per le pari opportunità degli anni ’60, Il movimento Fat Pride concentra i propri sforzi nella lotta al pregiudizio e alla discriminazione e sostiene campagne in difesa dei diritti delle persone obese anche in campo legale.
Nel 1979 Carole Shaw coniò il termine Big Beautiful Woman e lanciò una rivista di moda e stile di vita con lo stesso nome. Da allora il termine è divenuto di uso corrente per indicare donne abbondanti, soprattutto negli ambienti dove, per gusti o feticismo, questa caratteristica è particolarmente apprezzata.
Il gaining, ovvero la volontà di aumentare il proprio peso volutamente, e di molto. È un fenomeno di nicchia, e spesso venato di feticismo, all’interno del Fat Pride. La persona che decide di ingrassare può partire generalmente già da una condizione di sovrappeso e può affrontare il percorso da sola o sostenuta da altri, detti encouragers o feeders. I gainers, ragazzi e ragazze spesso molto giovani, riprendono in genere i passaggi della propria evoluzione in video che poi pubblicano online.