Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  novembre 11 Martedì calendario

NON È ROBA DA SIGNORINE


[Tony Cairoli]

Otto vittorie negli ultimi 10 Mondiali di motocross, e 6 sono consecutive. Tony Cairoli, TC222, potrebbe fare una puntata al Lotto, ma non è il genere di uomo che affida ad altro la sua fortuna. Per festeggiare l’ennesimo titolo è tornato a casa, in Sicilia, tra parenti e amici.
Come è andata a Patti?
«Benissimo: c’erano sette, otto mila persone. Abbiamo fatto motocross sulla spiaggia, poi una gara di go-kart...».
Arrivato primo anche lì?
«Lì no, ho lasciato vincere gli ospiti, ragazzi che cercano di battermi al Mondiale».
Che cos’ha di bello il motocross?
«L’adrenalina. L’adrenalina che parte sentendo il rombo del motore. L’adrenalina della lotta con gli avversari, spalla a spalla. È uno sport abbastanza grezzo: i tracciati sono sporchi di fango, non è una roba da fighetti, gli infortuni sono dietro ogni curva. Il motocross ti tiene concentrato dall’inizio alla fine della gara».
È più o meno pericoloso del motociclismo?
«Molto più pericoloso e molto più difficile. La pista cambia giro dopo giro: non sai mai cosa aspettarti, si creano canali e buche sempre nuovi. Siamo in 40, su una pista piccola, per 40 minuti. Rischi di cadere e di farti male seriamente, ma sai cosa? Tra di noi non ne parliamo. Ci scambiamo solo le emozioni dei momenti belli».
Che cosa serve per non farsi male?
«La preparazione fisica. Che dipende da quale guida privilegia il pilota: chi guida di forza deve fare pesistica; chi guida di tecnica, invece, allenamento cardiovascolare».
Quindi, tu?
«Quindi io faccio molto cardiofitness: corsa e bicicletta, soprattutto».
Cosa dà, visto dal vivo?
«È emozionante, adrenalinico. Il motociclismo è statico, le posizioni sono sempre quelle. Il motocross è vario, ci sono mille colpi di scena. E anche uno che sbaglia la partenza alla fine può vincere la gara».
Il giorno più emozionante?
«Quello in cui ho vinto il primo titolo mondiale».
E quelli che sono seguiti cosa ti hanno lasciato?
«Il piacere di migliorare: alla fine, la soddisfazione diventa più tecnica che emotiva».
Sei molto attivo sui social, hai un’app. Tutta farina del tuo sacco?
«Sì, mi piace stare con i fan».
Qualcuno che critica?
«Certo. È facile nascondersi dietro un social».
Come reagisci?
«La provocazione è fondata? Si può discutere. Poi, però, via. Sulle pagine loro, non la mia».
Cosa racconti di te?
«Le cose che faccio nella vita di tutti i giorni. Metto le foto su Instagram. Chiacchiero con chi è appassionato di pesca come me. Mi piacciono gli sport acquatici, faccio jet ski».
Dici che basta il rombo dei cilindri per attivarti. Cosa ti mette in moto?
«La voglia di andare veloce. Il rumore è il nutrimento di chi è appassionato di motori: senti il rombo e ti viene voglia di farlo cantare con le tue mani».
Che suono fa la tua sveglia del mattino?
«Fastidioso».
Di che genere?
«Motoristico. Se metto qualcosa di più soft, finisce che faccio fatica ad alzarmi».
È un tubo di scappamento quello che ti sveglia la mattina?
«Sì».
La tua fidanzata è felice?
«Sì, si sveglia uguale a me».
In gara, quando capisci che arriverai a vincere?
«Alla partenza. Se stai davanti, sei già a metà percorso. Va studiata in anticipo».
Il tuo momento più importante?
«Fortunatamente sono stati tanti. Ma vado alla ricerca del prossimo, di quello migliore».
Ora vinci tutto, ma qualche errore l’avrai commesso. Cosa ti ha insegnato?
«A non farmi sorprendere la prossima volta».
Non perdi mai le staffe?
«No, mai. Sono uno calmo».
Com’è la tua moto?
«Intanto è una lei. La cavalco, quindi è una lei. Abbiamo un rapporto mutevole: durante l’anno la cambio spesso».
Quanto spesso?
«Una decina di volte».
Perché si usura o perché ce n’è una più bella?
«Perché le moto migliorano di continuo. Quindi lascio la vecchia e prendo la nuova. All’inizio c’è un po’ di attrito, poi la relazione migliora».
Cosa succede alla vecchia?
«La lascio in officina, pezzo dopo pezzo scompare tra le mani dei meccanici».
Non ce ne è qualcuna che hai deciso di tenere?
«Quelle che mi hanno fatto vincere il Mondiale le ho quasi tutte. A casa mia, in una specie di piccolo museo».
Dove abiti?
«Fuori Roma. Vicino al mare, lontano dal casino».
Moto o fidanzata: chi lasci parcheggiata dietro casa?
«Ahaha, se è parcheggiata... la moto, dai».
Questo perché Jill Cox, la fidanzata, è sempre con te?
«Lei sì».
Come è iniziata?
«Durante una gara: era lì perché la sua famiglia è appassionata di motocross. Siamo diventati amici e piano piano ci siamo messi assieme».
Quanto ci avete messo?
«Un paio di mesi».
Mica tanto. Cos’è esattamente la velocità per te?
«La voglia di arrivare prima da qualche altra parte».
È una sensazione fisica?
«È un piacere che passa dalla vista: è tutto accelerato, bello. E quella cosa cerco di ripeterla nella vita. Tutto deve essere forte, ritmato, veloce».
Gli altri ti stanno dietro?
«Diciamo che faccio due volte il percorso e li aspetto...».
Chi ti resta da battere?
«C’è sempre qualcuno di nuovo, pronto a darti battaglia».
E uno con più titoli, come Stefan Everts?
«I numeri non mi interessano molto».
Visto che corri per vincere, cosa conta per te?
«Cerco una stagione finalmente perfetta, senza errori».
Da alcuni giorni nei cinema italiani è uscito un docu-film dedicato a te: Tony Cairoti – The Movie. Cosa hai pensato quando te lo hanno proposto?
«Bello, che avrebbe dato visibilità al motocross».
Un po’ di vanità no?
«Mmmh no, non ero troppo contento di farlo. Chiedeva impegno durante la stagione, mi distraeva. Però mi ha riportato ai bei momenti del passato».
Dimmene uno.
«Le trasferte con la mia famiglia, quando dalla Sicilia andavo a correre al Nord: partivo svantaggiato dalla distanza e dalle ore di sonno perse, e nonostante tutto vincevo».
Cosa ti ha fatto crescere?
«Essere siciliano. Dovermi trasferire. Avevo 15 anni. Abitavo da solo a Padova».
È vero che vuoi fare rally?
«Magari quando smetto con la moto. Per ora mi diverto».
Sei dotato?
«Sembra di sì. Adesso vince Valentino Rossi, ma lui fa già campionati. Ma aspetta che io faccia pratica...».