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 2014  novembre 11 Martedì calendario

IL FRUTTO PROIBITO

[Helmut Berger]
La telefonata arriva da una clinica di chirurgia estetica di Padova. Helmut Berger è lì dopo un intervento di plastica facciale e ha voglia di parlarne. Ma chi è Helmut Berger? Meglio: chi sono Helmut Berger? E chi lo sa. Dalle Rete emergono due foto fatte di parole. La prima l’ha scattata Billy Wilder: «È curioso che il più grande attore italiano sia un austriaco». La seconda è di Paul Morrissey: «A parte Helmut Berger, non ci sono più belle donne».
Seguono immagini fatte di immagini, che il capriccio del motore di ricerca mette una accanto all’altra, senza una logica apparente: un ragazzo a torso nudo, sguardo lascivo, coperto solo da una sciarpa viola, bello di una bellezza assoluta; un uomo gonfio e trascurato, con gli occhi spiritati; di nuovo giovane e bellissimo, con Luchino Visconti che, sul set di Ludwig, gli abbottona amorevolmente il colletto mentre indossa i panni di Ludovico II di Baviera; ancora lui, in autoreggenti, in una scena de La caduta degli dei. Varie. Eventuali.
Oggi è un signore leggermente claudicante, che fa il suo ingresso nella sala d’attesa della clinica Pallaoro Medical Laser con i modi che immagino potrebbe avere Elizabeth Taylor, se Elizabeth Taylor fosse un uomo di 70 anni che è sopravvissuto alla fama mondiale e alla sua fine, a una relazione di 12 anni con Visconti e alla sua morte, a un tentativo di suicidio, alla droga, all’alcol, alle donne, agli uomini, agli scandali, ai paparazzi, a una casa incendiata, a un arresto, a Dynasty, a un matrimonio andato male. Alla sua stessa bellezza. Uno che per il gusto di provocare potrebbe dare dieci risposte diverse a ogni domanda che gli ho fatto. Chi lo sa.
Perché ha voluto farsi intervistare in una clinica di chirurgia estetica?
«Io non ho voluto niente».
I personaggi pubblici che si sottopongono a interventi di questo tipo in genere fanno di tutto per tenerlo nascosto...
«Perché sono stupidi. A me ha fatto bene, perché sentivo di non corrispondere alla mia faccia. E poi il dottor Pallaoro fa anche l’intervento per allungare il pene».
Ha fatto anche quello?
«Sì, sì. Funziona. E non è doloroso».
Se ora è felice, vuol dire che prima dell’intervento stava male?
«Vivevo in Austria. Sa, in Austria si beveva... Vabbè, prendevo eccitanti, lavoravo 16 ore al giorno, non riuscivo a dormire, serviva qualcosa che mi tirasse su. Solo che tirava su me ma non il mio cazzo».
E quindi ha deciso di venire qui...
«Sì. Il dottore e la sua famiglia sono i miei migliori amici in Italia. Perché l’Italia mi ha molto deluso».
Perché?
«Ho vissuto a Roma, con Luchino, ma quando lui è morto sono stato derubato del suo testamento. È stata la famiglia Visconti: io sapevo che quel testamento c’era, il segretario l’ha visto e io l’ho letto. Invece è sparito. Luchino mi aveva detto che non avrei dovuto mai preoccuparmi nella mia vita, perché in questo lavoro non si sa mai quello che può succedere. Invece quei mascalzoni mi hanno derubato. Mi hanno tolto i quadri che erano nella casa di via Salaria e nella villa a Ischia... Non mi hanno restituito nemmeno le mie calze, comprate con Luchino a Milano, da Truzzi».
E perché, secondo lei, si sarebbero comportati così?
«È l’avidità di quella famiglia. Non mi sopportavano. Avevo rapporti solo con donna Uberta, la sorella di Luchino».
Che cosa è successo dopo la morte di Visconti?
«Io “ho fatto” il suicidio. Perché non sapevo che fare, dove andare, mi sentivo solo. Mi è mancata la terra sotto i piedi, non avevo più una lira... Sono dovuto tornare da mia mamma, in Austria. Nell’ambiente del cinema sono tutti falsi. Dopo la morte di Visconti tutto il mondo mi ha fatto le condoglianze tranne i grandi amici di Luchino, come Adriana Asti o Umberto Orsini. Persone che invitavo sempre a mangiare con noi e che invece mi hanno tradito. Sono venuti nella nostra villa a Ischia, hanno goduto della mia bontà, mentre alle mie spalle la Asti portava altri omosessuali (l’ultimo era un polacco) per buttare fuori me...».
Come ha tentato di uccidersi?
«Facilissimo. Un po’ di whisky, un po’ di pillole e zac!».
Ma voleva farlo davvero?
«Sì, avevo calcolato tutto: mi hanno trovato a terra con la schiuma alla bocca. Mi hanno rinchiuso in manicomio. Mi chiamavano Romy Schneider e Marisa Mell. Così, dopo due notti, ho deciso di scappare: sono andato a ballare al night e sono tornato alle sei, con le flebo...».
E la storia dell’incendio del suo appartamento a Roma?
«Sono uscito lasciando accesi giradischi e televisore, perché avevo paura dei ladri. Qualcosa deve aver fatto cortocircuito».
Torniamo a parlare del presente: sono in una clinica dove si diventa più belli con un uomo che per anni è stato etichettato come “l’uomo più bello del mondo”...
«Ma no, quella era una cosa che scrivevano i giornali...».
Com’è essere così belli?
«Non era qualcosa di cui ero consapevole, non mi guardavo mai allo specchio. L’ho sempre vissuta come la vivo anche adesso... Così, bah».
Ma allora perché l’intervento di plastica facciale? Forse non la viveva così bene come vuole far credere?
«Naaa! Na! Na! L’intervento non aveva a che fare con questo. Un giorno mi sono visto come una palla austriaca, pfff!, e mi sono detto: “Devo fare qualcosa”. Il dottor Carlo mi ha operato, poi mi ha invitato a casa sua: sono diventati la mia famiglia. Nella loro villa mi sono ripreso, ho fatto fisioterapia. Sa, soffro sempre di mal di schiena, perché gli attori sono pagati per aspettare, non per recitare: aspetto dieci ore per fare due ciak».
Come va il lavoro? Qualche anno fa aveva detto di vivere con una pensione di 200 euro che le dava lo Stato italiano: è vero?
«Il lavoro va bene. Ora sto bene. Sì, sto bene».
Oggi chi è per lei “l’uomo più bello del mondo”?
«Brad Pitt. E Johnny Depp. E Sean Connery».
E Alain Delon? Dicono che non le stava molto simpatico. E vero?
«Non lo conosco».
Fa ancora uso di droghe?
«All’epoca sì, ma ora basta. Ho smesso da molto tempo, ormai. Sa, io ho vissuto sette vite: Spagna, America, Santo Domingo, Brasile, Francia...».
La più bella?
«Quella con Visconti, a Cinecittà, con Fellini...».
La rimpiange?
«Io non rimpiango niente».
È innamorato?
«No. Non ancora. Ci vuole tempo».
Dopo Luchino ha mai provato un amore così?
«No. Lui era un genio».
È lui che le ha insegnato a capire il bello?
«Ha migliorato il mio senso estetico».
E le ha insegnato a non dare valore al denaro.
«Quello lo facevo già: sono sempre stato uno con le mani bucate».
Si è mai limitato?
«Solo con zucchero e sale» (ride).
Qual è stato il momento più imbarazzante delle sue sette vite?
«Mai sentito in imbarazzo. Io lavoro per i paparazzi: hanno famiglia, e se non fanno foto scandalose i loro bambini non mangiano, allora tiro fuori il cazzo volentieri e piscio sul poliziotto, lo faccio per loro. Sono anche stato in prigione: sa, a Roma dicono che se non sei mai stato in prigione non sei romano».
Quando è successo?
«Quando c’erano le Brigate Rosse. Ho insultato un siciliano, poliziotto, e mi hanno fatto passare un bel weekend in prigione. Ne ho approfittato per leggere Marcel Proust, perché Luchino voleva farci un film, ma io non avevo voglia di studiare».
Però per interpretare Ludwig aveva dovuto studiare eccome: libri di storia, documenti, biografie...
«Sì, sì. È stato faticoso: trucco alle tre di mattina, lavoravo 16 ore al giorno. Ma non mi vedevo come Ludwig...».
Non si identifica con lui? Eppure nel film c’è una frase che mi sembra adatta a lei: «Voglio restare un enigma, anche per me stesso».
«Quello sono proprio io. Non voglio essere una leggenda né finire in un museo... Sono sempre stato controcorrente».
E come vuole essere ricordato?
«Come una bella musa. Come Cleopatra».
Si sente ancora “la vedova di Visconti”?
«La vedova allegra».
Oggi si sente un dio caduto?
«Na».
Allora si sente un dio?
«Na».
E come si sente?
«Un bel mostro».
Incontrare Visconti è stata la sua fortuna e anche la sua sfortuna?
«No, solo fortuna. Se non ci fosse stato lui, mi avrebbe beccato Pasolini alla stazione Termini e sarei finito a Ostia o a Fregene. Avrei potuto finire addirittura con Zeffirelli... Per carità! Sono più un tipo da Elizabeth Taylor o Faye Dunaway, io».
Si è mai pentito di aver fatto qualcosa?
«Sì, I Promessi Sposi».
E di non aver fatto?
«Un figlio».
È stata una scelta?
«Volevo farlo con la mia fidanzata. Marisa Berenson, ma viaggiavamo troppo, lavoravamo troppo».
Com’è passare da girare con Visconti a girare Dynasty?
«Divertente. Ho fatto Dynasty così, per ridere, perché Joan Collins era amica mia e Linda Evans la conoscevo attraverso Ursula Andress, altra mia grandissima amica».
Ha ancora amici o si sente solo?
«Sì, ne ho. Me ne bastano cinque. Non mi sento mai solo. A proposito: vorresti sposarmi?».
Ma non è già stato sposato?
«Sì, con una *****. Com’è che si chiama...? Ah sì, Francesca Guidato».
Perché questo astio verso di lei?
«Perché mi ha sposato per i soldi, è venuta a dormire nel mio appartamento, mi ha ingannato».
Le andrebbe bene se intitolassi questa intervista “un dio caduto”?
«Naaaa. Il titolo deve essere “Il frutto proibito”».
E chi sarebbe il frutto proibito?
«Io».