Paolo Valentino, Corriere della Sera 11/11/2014, 11 novembre 2014
IL GRANDE SILENZIO TRA RENZI E PRODI. IL PROFESSORE AVREBBE DOVUTO FARE DA MEDIATORE IN RUSSIA E IN LIBIA MA POI PALAZZO CHIGI NON SI È FATTO PIÙ SENTIRE
Romano Prodi ha spiegato ieri alla nostra Monica Guerzoni di «non avere nessuna intenzione di fare il presidente della Repubblica» e di appassionarsi in questa fase soprattutto ai «cambiamenti di potere in Europa». Che si tratti di un rifiuto definitivo da parte dell’ex premier, è presto per dirlo. Ma che sul distacco vero o apparente di Prodi pesino i suoi attuali rapporti (o meglio, non rapporti) con Matteo Renzi, è un fatto che viene confermato da diverse fonti.
Un Grande Freddo è calato negli ultimi mesi tra il presidente del Consiglio e il Professore, che solo a un cerchio ristretto di persone confessa il proprio disappunto.
E a far abbassare la temperatura non è solo o tanto il sospetto, che uno dei corollari impliciti del patto del Nazareno sia proprio un virtuale segnale rosso a ogni eventuale ambizione collinare di Romano Prodi, osteggiato da Berlusconi e forse troppo ingombrante per Renzi.
Due episodi in particolare hanno segnato irreparabilmente quella che, all’inizio dell’avventura di Renzi a Palazzo Chigi, era apparsa come una relazione molto promettente: il giovane premier aveva infatti diverse volte chiesto aiuto e consiglio al più anziano statista, trovandolo sempre molto disponibile.
La prima increspatura, secondo le fonti, sarebbe venuta sulla crisi ucraina. Sarebbe stato il sottosegretario Graziano Delrio a contattare personalmente Romano Prodi, chiedendo la sua disponibilità di massima a tentare una mediazione nella difficile partita tra Mosca e Kiev. Ma dopo aver ricevuto il pieno accordo dell’ex presidente, Palazzo Chigi è sparito dal radar prodiano.
Cosa abbia determinato il dietro front non è chiaro. Forse è stata la posizione di Prodi, totalmente contrario alle sanzioni europee nei confronti della Russia, che ancora pochi giorni fa ha definito «un suicidio collettivo».
Un giudizio chiaramente non in linea con la posizione del governo italiano, che ha dovuto fugare l’iniziale sospetto tra i partner occidentali di essere troppo filo-russo. Qualunque sia stata la motivazione, a lasciar basito Prodi è stato il silenzio completo seguito alla prima richiesta, tanto più che le sue idee sulla questione ucraina erano ben note.
Ma forse ancora più scottato, il Professore è rimasto dalla vicenda della Libia, uno dei Paesi che conosce meglio.
Secondo la ricostruzione delle fonti, all’inizio dell’estate alcune delle fazioni libiche avrebbero contattato il governo di Roma, chiedendo esplicitamente che Prodi venisse indicato dall’Italia come eventuale mediatore delle Nazioni Unite nella crisi. Palazzo Chigi non avrebbe mai risposto, né in un senso né nell’altro, a questa sollecitazione.
Com’è noto, in agosto, il segretario generale dell’Onu Ban Ki Moon ha poi nominato a sorpresa il diplomatico spagnolo Bernardino León, scelta ineccepibile, ma che è stata vista come uno sgarbo nei confronti dell’Italia, l’unico Paese ad aver mantenuto aperta l’ambasciata a Tripoli in una situazione esplosiva e pericolosissima. Sgarbo o meno, anche qui la delusione di Prodi viene dall’essere stato completamente ignorato da Matteo Renzi, nonostante l’indicazione che veniva dai libici fosse una specie di investitura.
Del precipitare della crisi in Libia, ormai avvitata in una spirale di caos e violenza, si è parlato ancora ieri pomeriggio a Palazzo Chigi, in un vertice ad hoc, al quale hanno preso parte, con il presidente del Consiglio, i ministri degli Esteri e degli Interni, Paolo Gentiloni e Angelino Alfano, oltre al sottosegretario per i Servizi, Marco Minniti.
Sulle nostre ricostruzioni a proposito dei rapporti tra Prodi e Renzi, abbiamo cercato ieri di contattare il sottosegretario Delrio, per sentirlo e poter rendere conto della sua versione, ma non siamo riusciti a raggiungerlo.