Gaia Piccardi, Corriere della Sera 11/11/2014, 11 novembre 2014
SARA CARDIN, 27 ANNI, VENETA, CAPORALE DELL’ESERCITO, OCCHI VERDI, CAMPIONESSA DI KARATE: «UN MASCHIACCIO? TUTTO IL CONTRARIO. NON HO LA FACCIA DA KARATEKA: CHI MI INCONTRA MI CHIEDE SE FACCIO LA BALLERINA, PIUTTOSTO. IL KARATE NON PREVEDE CONTATTO: È UNO SPORT PERFETTO PER LE RAGAZZE. NON VEDO ALCUN RISCHIO DI PERDERE LA MIA FEMMINILITÀ»
Le apparenze ingannano. E certi karategi che non seguono fedelmente le forme (quando inventeranno un kimono sciancrato, con i pantaloni a sigaretta, sarà sempre troppo tardi) possono trarre in errore. «Un maschiaccio? Tutto il contrario. Non ho la faccia da karateka: chi mi incontra mi chiede se faccio la ballerina, piuttosto. Il karate non prevede contatto: è uno sport perfetto per le ragazze. Non vedo alcun rischio di perdere la mia femminilità».
Sara Cardin, 27 anni, veneta di Conegliano come Del Piero, caporale dell’Esercito, occhi più verdi del ricordo che nonno Danilo conserva del Piave, è una tipa dalle idee chiare e dal kumite (l’arte del combattimento) fulminante. Sapevamo di poter correre, nuotare, sciare, tirare di scherma, giocare a tennis e a pallavolo con grazia e garanzia di successo ma è con lei, e con l’oro che ha conquistato sabato al Mondiale di karate di Brema nella categoria 55 kg, che abbiamo scoperto di saper atterrare l’avversaria con il sorriso, e un filo di rimmel. I malintenzionati sono avvisati. «Di questi tempi è importante sapersi difendere. Per le donne è una questione di sopravvivenza. Il karate mi ha dato autostima e fiducia: se mi trovassi in pericolo saprei come reagire senza panico».
Karate girl è diventata cintura nera a 12 anni ma diffidate della foto a destra. «Il mio sport è pieno di belle ragazze. Calzari, guanti, paradenti e copri-seno sono una precauzione. In tanti anni sul tatami non mi sono mai fatta un occhio nero». Il knockout del rivale non è previsto dal regolamento: pugni, calci, transizioni sono eseguite con totale padronanza. «C’è dietro un grande lavoro di coordinazione – spiega la giapponese de noantri —. Equilibrio e gestione dello spazio sono le prime cose che ti insegnano da bambino. Ecco perché il karate si pratica a piedi nudi. Le piante sono ricche di ricettori tattili: per tirare un calcio controllato, che arrivi alla distanza giusta senza provocare danni, la percezione del pavimento è fondamentale».
Sara ha iniziato a percepire il suo, di pavimento, presto. Non ci si improvvisa regine sgominando Giappone (culla del karate), Francia (sport nazionale), Turchia, Egitto e resto del mondo dall’oggi al domani. «Da bambina non riuscivo a stare ferma: a Ponte di Piave, dove vivo, nonno appese a un albero un sacco pieno di lenzuola perché potessi sfogare la mia energia. Oggi posso dire che è stato il mio primo preparatore atletico». Il primo maestro, in un’arte in cui il rapporto con il guru è simbiotico, non si scorda mai. Sara, il suo, Paolo Moretto, l’ha addirittura sposato. «Abbiamo 19 anni di differenza. L’affetto strada facendo è diventato amore. Ci siamo sposati lo scorso luglio, in questo anno magico in cui ho vinto Campionati italiani, europei e iridati. Se c’è il sentimento, l’età non conta». Contano invece, in una disciplina antica e nobile che ora sogna l’effetto-volley in tv e sui giornali, i numeri: 60 mila tesserati alla Fijlkam (Federazione italiana judo lotta karate arti marziali) e 350 mila praticanti, sbriciolati nei tanti stili e nelle troppe scuole che hanno privato di coesione il movimento, tanto da togliergli credibilità agli occhi del Comitato olimpico internazionale, che al karate per Rio 2016 ha preferito rugby e golf.
Sara non ha paura. Ai Giochi europei di Baku 2015 vuole far suonare l’Inno. «E c’è ancora chi pensa che io passi il tempo a spezzare tavolette...».