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 2014  novembre 11 Martedì calendario

IL CALIFFO INVISIBILE CHE NON SA ESSERE OSAMA

Baghdadi era ancora una «stella oscura di al Qaeda» in Iraq, come lo definirà successivamente il Time, quando aveva giurato, nel maggio del 2011, di vendicare la morte di Osama Bin Laden con cento attentati contro americani. Di certo è riuscito a diventare il punto di riferimento del sedicente esercito dello Stato islamico. Resta ora da chiedersi se la sua eventuale uccisione segnerà la fine di un incubo o la nascita di un altro peggiore. In altre parole: quanto peso ha la figura di Abu Bakr al-Baghdadi nell’immaginario collettivo jihadista?
L’unica comparsa del califfo in pubblico, si sa, è avvenuta lo scorso 4 luglio, quando ha pronunciato la khutba, il sermone del venerdì, nella moschea al-Firdaws di Mosul. Ma Baghdadi è tornato subito dopo a essere, come lo era sempre stato, un fantasma. Furono i nemici giurati di Hezbollah a dargli quel soprannome, per evocare la sua estrema abilità a far perdere le proprie tracce. La figura di un “califfo invisibile”, però, mal si concilia con quello che i simpatizzanti del jihad vorrebbero vedere.
Baghdadi ha sempre sottolineato – non senza torto – l’enorme differenza tra le strutture tangibili del suo Stato islamico, fondato su un territorio ben definito, e la struttura pressoché clandestina instaurata da Bin Laden in Afghanistan. Ma l’eclissi del leader ha fornito l’occasione ai diversi capi militari di occupare a proprio vantaggio la scena politica. Alla fine, presente o assente, per i jihadisti sul fronte come per la popolazione assoggettata alle leggi dell’Isis, Baghdadi è (o forse era) più un simbolo che un vero protagonista. Tanto che ogni paragone tra lui e il primo capo di al Qaeda risulta insostenibile.
Infatti, Bin Laden ha saputo compensare il suo ripiegamento sulle impervie montagne afghane con periodici messaggi audio ai suoi sostenitori, permettendo a molti analisti di raccogliere il suo repertorio in diversi libri. La scelta del califfo di rimanere dietro le quinte rimane un mistero. A lui – un ex predicatore – non mancano infatti né il carisma né le capacità oratorie, come ha avuto modo di dimostrare durante la sua unica apparizione ufficiale. Tuttavia, pur essendo definito «il nuovo Bin Laden», Baghdadi non ha avuto remore nello sfidare l’autorità del successore di questi, il medico di origine egiziana Ayman al-Zawahiri. La sua proclamazione di una propria struttura indipendente, lo Stato islamico in Iraq e in Siria, ha letteralmente spaccato il jihadismo mondiale in due fronti opposti, trascinando molti movimenti islamici in guerre o scissioni interne. Nell’aprile del 2013 Baghdadi ha fatto addirittura uccidere un “arbitro” inviato da Zawahiri in Siria per dirimere i contrasti con i qaedisti locali. Da allora molti osservatori hanno ritenuto che il braccio di ferro avrà fine solo con l’uscita di scena di uno dei due rivali.