Indro Montanelli, Storia d’Italia, Rizzoli, Milano 1959, 11 novembre 2014
• L’uccisione di Umberto avvenuta a Monza il 29 luglio 1900 riempì l’Italia di esecrazione e di paura
• L’uccisione di Umberto avvenuta a Monza il 29 luglio 1900 riempì l’Italia di esecrazione e di paura. Anche coloro che più avevano motivi di scontentezza nei confronti del cosiddetto “sistema” compresero che quel pover’uomo assassinato a freddo mentre se ne tornava da una gara sportiva aveva pagato colpe non sue. Anche se non era stato un gran Re, non aveva demeritato il titolo di “buono” che – forse in mancanza di meglio – gli era stato appioppato. «Gli volevamo più bene di quanto credessimo», scrisse un liberale, Papafava, che non gliene aveva mai mostrato molto. Il repubblicano Bovio dichiarò che accorciando di qualche anno la vita di Umberto si era allungata di parecchi decenni quella della Monarchia. E gli stessi socialisti si guardarono dal solidarizzare col regicida. Turati si rifiutò di assumerne la difesa in tribunale, e l’Avanti! lo definì «un pazzo criminale». Ad esaltarne il gesto ci fu solo un frate, e francescano per giunta : don Giuseppe Volponi, e l’episodio non era affatto casuale: nell’odio contro l’Italia laica risorgimentale, di cui il Re era l’incarnazione, i preti battevano anche gli anarchici. Indro Montanelli