Filippo Facci, Libero 09/11/2014, 9 novembre 2014
L’EUTANASIA DEL CANE
Finalmente la Chiesa ammette l’eutanasia: quella del cane. Avvenire, il quotidiano dei vescovi, martedì scorso ha condannato il suicidio assistito di Brittany Maynard e in prima pagina ha fatto un elogio del dolore: «C’è nel soffrire qualcosa che nessuno saprà mai spiegare, ma che nessuno può affermare essere inutile e dannoso». E infatti è quello che ci auguriamo sempre tutti: di soffrire il più possibile, noi e i nostri cari. Ma il cane no. Infatti lo stesso Avvenire, tre giorni dopo, titolava in prima pagina «Perché l’uomo deve evitare inutili sofferenze agli animali» i quali, si leggeva, «non essendo esseri umani, non hanno un vero e proprio diritto individuale a vivere da rispettare». Ora: questa è una rubrica di commento, ma ogni tanto davvero non si sa da che parte cominciare. Cioè: gli uomini devono soffrire come cani, i cani possono morire come uomini. Beninteso, a me non disturba che certi cattolici possano credere che la loro vita non gli appartenga e che sia solo espiazione, credito con il padreterno, un dono anche quando diventi orrendo: ma non capisco perché debbano rompere le palle e pretendere che si adeguino anche i non credenti, attribuendo il primato dell’uomo a valori morali e non com’è alla legge del più forte. Siamo animali anche noi, solo che alla natura è sfuggita la mano.