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 2014  novembre 09 Domenica calendario

IL VINO ROSSO DI D’ALEMA NON INEBRIA LA SINISTRA


La simpatia non è mai stata un’opzione praticabile nei confronti del Massimo D’Alema politico. Ma il MD’A vignaiolo ce ne fa, eccòme. Sbarca nel tempio della sommellerie italiana con i suoi vini e viene ignorato dai suoi compagni di partito (o quel che sono). Lui è nei sotterranei del lussuosamente lugubre (o lugubremente lussuoso) Rome Cavalieri, già Hilton, ospite di Bibenda e della Federazione italiana sommelier, da bravo vignaiolo, con a fianco il suo enologo top class - il grande Riccardo Cotarella - e davanti le quattro bottiglie prodotte da La Madeleine (così si chiama l’azienda) tra Narni e Otricoli, in quel Sud dell’Umbria che qui si vorrebbe iscrivere alla geografia del grande vino italiano.
Nel frattempo papaveri e papere del Pd stanno annodandosi la cravatta per la poco lontana cena di autofinanziamento di Matteo Renzi. Eppure in termini di puro rapporto qualità-prezzo non ci sarebbe gara: 5 euro è il contributo per assaggiare i vini della Madeleine con tanto di liturgia, la brava Daniela Scrobogna a guidare la degustazione, bicchieri d’ordinanza, taccuino di degustazione gentilmente fornito e il sovrappiù di una rustica pasta e fagioli in accompagnamento (e fa niente se è ora di merenda). Mille euro per la soirée renziana, innaffiata dai vini veneti del colosso da gdo Santa Margherita e di Bertani dalla Valpolicella.
Ma nella sinistra renziana business is business e fa niente quel che c’è nel bicchiere. D’Alema, vignaiolo e gentiluomo, gli amici piddini li aveva invitati. Gira voce che qualcuno abbia risposto evasivamente, qualcun altro abbia farfugliato scuse, fatto sta che alla fine non s’è presentato nessuno. Anzi no, un politico disciplinatamente seduto coi cinque bicchieri in fila davanti a sé più un sesto per l’acqua, c’è: è tal Russo Paolo. Uno che di vino ne capisce. E uno che - a volersi proprio formalizzare sul partito di appartenenza - è in quota Forza Italia. Sì, quello.
C’è poi il fatto che i vini dell’azienda di D’Alema e della moglie Linda Giuva, che si affaccenda d’attorno, sono buoni. Un paio addirittura molto buoni. I prezzi sono alti, i vitigni internazionali; e si sono già storte tutte le bocche che si potevano storcere, per questo. Ma il vigneron D’Alema fa sul serio, ha pure venduto la sua barca per passare dal potere al podere. Il winemaker Cotarella ancora di più. Apre la degustazione un promettente Metodo Classico da solo Pinot Nero dal colore buccia di cipolla, il Nerosé. C’è poi un Cabernet Franc prodotto senza solfiti, lo Sfide 2012. Segue un elegante Pinot Nero 2012, e dovete sapere che chiunque produca questo umbratile vitigno in una zona che non sia tradizionalmente vocata (e Narni non lo è) ha sempre l’aria di chi l’ha fatta grossa, e D’Alema non fa eccezione: ma il vino fa la sua figura. Infine il NarnOt 2011, il pezzo forte, un Cabernet Franc che è un rookie già da scudetto: 5 grappoli della guida Bibenda, 98/100 di Veronelli. Il massimo. Anzi, il Massimo.