Claudio Marincola, Il Messaggero 09/11/2014, 9 novembre 2014
MENO STANZE PER I DEPUTATI COMINCIA IL GRANDE TRASLOCO
ROMA Non è ancora iniziata la consegna degli scatoloni ma la delibera dell’Ufficio di presidenza della Camera parla chiaro: dal prossimo 17 novembre bisognerà iniziare a liberare le 405 stanze occupate dai deputati nei palazzi Marini. Lo sgombero dovrà avvenire in modo graduale e continuo. L’ordine è tassativo, entro 27 giorni lavorativi «e non oltre» il trasloco va completato. Il Pd il gruppo parlamentare più grande, dovrà liberare ben 193 vani, ovvero 7,15 vani al giorno. I 5Stelle 67 stanze, 5 ogni 2 giorni. Il più grande trasloco mai portato a termine prima e seconda Repubblica messe insieme.
Per eccesso di zelo, come si è visto, viene persino indicata la percentuale di svuotamento dei vani (2,48 al giorno, nel caso dei grillini). Come se dal numero dei cassetti, delle mensole e delle scrivanie liberate si potesse quantificare l’andamento del cambio sede. Sel dovrà svuotare 22 vani, poco meno di uno al giorno; Forza Italia 43, 3 ogni 2 giorni, con una percentuale di svuotamento del 1,59% al giorno. Il Misto 20 al ritmo di due ogni 3 giorni. I Fratelli d’Italia se la potranno prendere più comoda: 6 vani da liberare 1 ogni 5 giorni, (percentuale di svuotamento 0,22 al giorno).
SGOMBERO PONDERATO
La pianificazione, definita nei dettagli, si chiama “sgombero ponderato”. Non si può dire che anche il resto però sia così ben ponderato. I parlamentari sono in fermento. C’è chi invoca la privacy, chi chiede i sigilli. Chi si preoccupa perché non sa ancora in che stanza e in quale palazzo finirà. Chi minaccia di avvinghiarsi alla poltrona più di quanto già non lo sia «se prima non verranno date precise garanzie». Chi si preoccupa per il suo portaborse che nella fase transitoria dovrà inevitabilmente arrangiarsi. E non è detto che alla fine, conteggiate tutte le sedie, gli sgabelli e le postazioni libere, ci sarà posto per tutti. Il caos dunque è dietro l’angolo, girando nei piani riservati ai gruppi qualcosa già se ne percepisce.
Pino Pisicchio, capogruppo del Misto è tra i più preoccupati. Ha scritto «ai colleghi e alle colleghe» una lettera riservata per esprimere le sue perplessità e ai questori ha chiesto di attivarsi al più presto. «La questione è stata presa sottogamba - protesta Pisicchio - il trasloco coincide con la sessione di bilancio, ognuno di noi avrà una carrettata di documenti da portarsi dietro», fa notare. Nella lettera il deputato del Misto chiede di «poter usufruire di uno spazio di lavoro riservato, ove sia garantita una postazione per il proprio collaboratore e possano essere ricevuti ospiti». Si sta provvedendo al recupero di 200 stanze in altri palazzi di proprietà della Camera, (Valdina e Theodoli). E gli altri? «Non mi sembra accettabile che 400 deputati si spostino e altri 230 privilegiati restino al loro posto - punta il dito Pisicchio - c’è il decoro della nostra funzione da rispettare. In qualsiasi Parlamento del mondo ai deputati viene data almeno uno stanza: per lavorare ho bisogno dei miei documenti. E che ne sarà della mia biblioteca e dei libri? ».
DISAGIO INCOMBENTE
Nella sua lettera Pisicchio comunica ai colleghi che sta «predisponendo l’incremento degli spazi destinati alle postazioni per i deputati a Montecitorio ( Galleria dei presidenti e Mappamodo)». La promiscuità è dietro l’angolo, «il disagio incombente», avverte Pisicchio raccomandando che «vi sia simultaneità nello spostamento degli uffici, soprattutto per coloro che hanno il collaboratore a carico» .
La protesta, insomma, monta. I 3 palazzi, tutti di proprietà dell’immobiliarista Scarpellini - lo stesso che nei giorni scorsi è finito sotto i riflettori con l’accusa di aver evaso 10 milioni di Iva - andranno inderogabilmente restituiti alla società ”Milano ’90“ entro la fine del 2014. Si risparmieranno così 32 milioni di euro l’anno. Benissimo. Ma c’è un problema: per i dipendenti della cooperativa Milano 90, che gestiscono tra l’altro la mensa di piazza San Silvestro, vorrà dire restare a spasso.
Dopo una lunga anticamera i lavoratori sono stati ricevuti nei giorni scorsi dai questori senza che una soluzione per loro sia stata però trovata. Già da tempo sono in agitazione, la mensa è rimasta chiusa e davanti Montecitorio è stato montato un presidio dai lavoratori che hanno ricevuto la lettera di licenziamento.
CORSA AL RIBASSO
La stessa presidente della Camera Laura Boldrini ha sollecitato più volte una soluzione. Stefano Dambruoso, questore della Camera invita alla calma. Spiega: «Stiamo aspettando formalmente ancora una risposta della società Milano 90. Abbiamo proposto di rimanere in uno dei 3 palazzi e lasciare in funzione la mensa almeno fino al termine della legislatura. In via transitoria stiamo predisponendo le postazioni per tutti i deputati».
Un discorso a parte meritano i grillini. Hanno guidato l’operazione-trasloco e ora ne rivendicano il merito. Ma non rinunciano ai propri spazi e pongono con forza la questione dei dipendenti della Milano 90. «La Camera dispone di numerosi sedi oltre a Montecitorio - sostiene Riccardo Fraccaro - ed è certamente possibile riorganizzarle per dotare i parlamentari delle sistemazioni opportune.
Quanto al personale che lavorava presso i Palazzi Marini, la fornitura dei servizi di assistenza tecnica, ristorazione, pulizie e accoglienza può essere riassegnata tenendo conto della professionalità maturata». Vorrebbe dire creare un corridoio riservato per inglobarli nel personale della Camera.
Sarebbe un balzo retributivo mica da poco: ai circa 350 lavoratori di Milano 90 da oltre 15 anni viene infatti applicato attualmente il contratto del turismo, con mansioni di addetti alle pulizie, servizi mensa e bar, assistenti al personale, addetti all’accoglienza ospiti, addetti ai servizi postali e assistenti ai convegni. Retribuzioni che si attestano intorno ai mille euro mensili. In attesa che la questione si definisca è partita per i parlamentari e per i dipendenti della Camera la caccia al pranzo a prezzo scontato. Per i 5Stelle un problema, dato il vorticoso giro di scontrini. E, caso più unico che raro, i bar e i self service nei dintorni di Montecitorio, per non farsi sfuggire l’occasione, hanno abbassato i prezzi. Sennò - poverini - come faranno i parlamentari a pagarsi lo spuntino?